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L'anno di Papa Francesco. Gioia, misericordia, povertà, pace

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret

L'anno di Papa Francesco. Gioia, misericordia, povertà, pace

un anno è passato da quel 13 marzo 2013 quando il camino della Cappella Sistina ha emesso una prolungata fumata bianca e poco dopo papa Francesco è apparso alla loggia della basilica di San Pietro e ha salutato la gente con quell’inusuale: “Buona sera”. In meno di 24 ore i cardinali avevano scelto un nuovo papa, dopo la drammatica rinuncia di Benedetto XVI, dando il via ad una fase della vita della chiesa ricca di novità. Già il fatto che ci fosse in Vaticano insieme al papa in carica un papa emerito, costituiva una situazione del tutto nuova nella storia della Chiesa. Ma è stato il nuovo papa, con quel nome impegnativo che si è dato, che non ha smesso di stupire in questo primo anno. È stato tutto un susseguirsi di gesti e di parole che hanno meravigliato il mondo. C’era gente che diceva divertita: “Che cosa inventerà oggi papa Francesco?”. Altri, invece, perplessi: “Non può andare avanti così!”.

Ma papa Francesco stava percorrendo un chiaro cammino di rinnovamento che ha come obiettivo, da una parte, di ravvivare alcuni aspetti del vangelo che erano stati offuscati e, dall’altra, di ascoltare con più attenzione le sfide del tempo. La cosa che ha subito colpito è stato lo stile di vita che ha spogliato la figura del Papa di quell’aura di mistero che lo circondava. Una vita il più possibile normale come ogni altro mortale, incominciando dall’abbigliamento usuale e liturgico, dal luogo di residenza, dal modo di presentarsi in pubblico, dalle relazioni con la gente comune e con i grandi personaggi.Sembrano cose esteriori e di poco conto, ma in realtà anche lo stile di vita semplice fa parte della sostanza del vangelo. Gesù non passò sopra allo stile dei capi religiosi che amavano passeggiare in lunghe e preziose vesti e farsi chiamare con titoli altisonanti. Raccomandava ai suoi di non imitare questi atteggiamenti.

È apparso chiaro che questi gesti di papa Francesco non volevano essere forme di un esibizionismo al contrario, ma l’esigenza che tutto nella Chiesa ricordasse Gesù e il suo vangelo, anche nel modo esteriore di apparire.

E' l’annuncio del vangelo che sta alla base di tutto ciò che fa e dice papa Francesco, come, del resto, tutti gli altri papi che lo hanno preceduto, soprattutto i papi più vicini a noi e di cui conserviamo vivo ricordo. Però ogni papa ha il suo carisma e il suo modo personale di vivere e annunciare il vangelo e di guidare la Chiesa. Su che cosa punta papa Francesco? Egli vuole togliere quel senso di severità con cui a volte la fede cristiana è presentata. Non a caso ha intitolato il suo primo documento ufficiale  Evangelii Gaudium, la gioia del vangelo.

E per riscoprire questo volto gioioso del credente, egli annuncia con forza la misericordia di Dio. Il Padre ha mandato il figlio suo Gesù per il perdono. Questa insistenza ha aperto molti cuori dei credenti che vivevano la fede come un giogo troppo pesante.

La grande simpatia che sta irradiando questo papa, anche oltre la cerchia dei credenti, proviene da questo insistere su un Dio misericordioso che apre a tutti le braccia. Ma l’annuncio della misericordia che apre il cuore alla gioia, non deve esaurirsi solo in proclami. È necessario affrontare problemi di revisione di alcune posizioni della Chiesa che la fanno apparire troppo arcigna. Il prossimo sinodo dei vescovi sulla famiglia dovrà affrontare molti problemi di questo tipo.

A questo papa, che viene da un continente povero, sta molto a cuore anche il tema della povertà. La povertà della Chiesa in primo luogo, soprattutto nel modo di usare le risorse economiche pur necessarie per la sua attività. È in atto una radicale riforma di alcuni istituti della Chiesa che riguardano questo settore. Ma anche la povertà che affligge la maggior parte dell’umanità.

La Chiesa deve sempre guardare ai poveri e andare là dove essi vivono: nelle periferie del mondo. Il papa Francesco sta alla larga dai politici perché non vuole dare l’impressione di accaparrarsi i loro favori. Ma nello stesso tempo è convinto che la fede non deve rimanere in uno spiritualismo lontano dalla vita e perciò parla in maniera forte. Scrive nella sua Esortazione: «Finché non si risolveranno i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema » (202).

Al tema della povertà aggiunge la pace tra i popoli come frutto finale del vangelo. Non è solo entusiasmo superficiale e fascino esteriore quello che irradia papa Francesco. Egli è convinto che il Signore lo ha chiamato “dalla fine del mondo” per dire alla Chiesa e al mondo alcune parole essenziali di cui oggi c’è estremo bisogno.

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