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LA PARTITA A SCACCHI CHE NON FA BENE ALL’ITALIA

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

LA PARTITA A SCACCHI CHE NON FA BENE ALL’ITALIA

Gli scacchi imperversano. Non solo in televisione (penso alla mini serie “La regina degli scacchi”), ma anche in politica. E così, martedì pomeriggio, nel suo intervento al Senato, Renzi ha parlato ancora una volta della “mossa del cavallo” e poi anche di un’altra figura scacchistica: l’arrocco. Mentre la prima mossa è stata nominata dall’ex sindaco di Firenze per indicare la sua scelta “spiazzante” di ritirare le ministre di Italia Viva e così provocare la crisi di governo, la seconda (che consiste nel movimento contemporaneo di torre e re per assicurare a quest’ultimo una posizione di maggiore sicurezza) è stata tirata in ballo per descrivere la contro-mossa di Conte, che – a sua detta – anziché aprirsi ad un confronto costruttivo con l’ex alleato ha preferito la chiusura e la ricerca di una nuova possibile maggioranza, senza Italia Viva.

I numeri hanno dato ragione a Conte, almeno per ora, che ha incassato la fiducia dai due rami del Parlamento: lunedì ha ottenuto senza problemi la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati, mentre il giorno dopo – al termine di un’estenuante maratona elettorale – ha raggiunto la maggioranza relativa al Senato, necessaria e sufficiente a non far cadere il suo governo (156 sì, 140 no e 16 astenuti). Per Conte, tuttavia, si apre una fase nuova e per nulla facile dal momento che la sua posizione al Senato è estremamente fragile. I voti della coalizione (Pd, M5S e Leu) non sono sufficienti e Conte ha dovuto convincere i cosiddetti “responsabili” o “costruttori” (vale a dire senatori provenienti da altre formazioni politiche ed alcuni senatori a vita) a votare per lui.

Solo per citare un esempio, due esponenti di Forza Italia, subito “scomunicati” da Tajani, hanno dato il voto a Conte. Da qui l’accusa dell’opposizione, risuonata frequentemente in questi giorni, di una “maggioranza raccogliticcia”, che sta in piedi solo per “amore delle poltrone” e per “evitare le urne” in chiave anti Salvini (e anti Meloni). Il governo Conte, anche se si è liberato di Renzi, resta comunque in balìa dell’azione di Italia Viva, che alla prossima occasione potrebbe decidere di votare contro, anziché astenersi come ha fatto ora sia alla Camera sia al Senato. Una situazione, quindi, di oggettiva precarietà che non fa bene al governo Conte, certo, ma non fa bene nemmeno all’Italia, che sta attraversando – come è stato ripetuto fino all’ossessione – “la più grave crisi dal Dopoguerra ad oggi”. Il Paese ora più che mai ha bisogno di stabilità e di “visione” (altro “mantra” di questi giorni): un governo capace di uno sguardo sul futuro e in grado di gestire in modo adeguato le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dall’Europa (il famoso Recovery Fund, da molti paragonato ad un vero e proprio nuovo “Piano Marshall”).

Alcuni aspetti contingenti giocano a favore di Conte e scoraggiano il ricorso alle urne. La riforma elettorale, approvata tramite il referendum costituzionale del settembre 2020, ha sancito che alle prossime elezioni sarà decurtato di un terzo il numero complessivo di deputati e senatori (molti di quanti oggi occupano lo scranno resterebbero a casa, se si andasse al voto). Anche Renzi probabilmente non vede di buon occhio le elezioni anticipate, dato che il suo partito – stando ai sondaggi – si aggira tra il 2 e 3 per cento (col rischio quindi di non entrare nemmeno in Parlamento). E poi c’è il “semestre bianco”: nel 2022 si voterà il nuovo Presidente della Repubblica ed è previsto che nei sei mesi precedenti non si vada ad elezioni. In un contesto del genere, Conte potrebbe trarne giovamento e riuscire a tenere in piedi la sua compagine. Tuttavia servirebbe a poco – stando ancora alla metafora scacchistica – una logorante ricerca dello “stallo” per impattare la partita. In altri termini, non gioverebbe a nessuno “tirare a campare”. All’esecutivo, invece, servono un cambio di passo e un rilancio della sua azione, perché i mesi che abbiamo davanti – soprattutto per le opportunità di rinascita che si profilano all’orizzonte – saranno decisivi per il futuro dell’Italia.

Alessio Magoga

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