Editoriale
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LA POLITICA HA ANCORA BISOGNO DEI CATTOLICI?

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

LA POLITICA HA ANCORA BISOGNO DEI CATTOLICI?

Attorno a questa domanda si è ragionato a Sacile, qualche sera fa, all’interno della rassegna di incontri con l’editoria religiosa “Ascoltare, leggere e crescere”, a partire dall’ultimo libro di Fabio Pizzul: “Perché la politica non ha più bisogno dei cattolici”. La domanda - dobbiamo riconoscerlo - non è affatto nuova. Anzi, negli ambienti cattolici ma anche tra gli osservatori “laici” del mondo cattolico, l’interrogativo è stato posto in svariate occasioni, suscitando molteplici analisi e plurime risposte. Spesso, tuttavia, resta la sensazione che si tratti di una “vexata quaestio” senza soluzione, che va morendo di suo e cui la storia stessa sembra stia dando una risposta: nella società i cattolici sono sempre più una minoranza e, pertanto, anche il loro contributo in politica, un tempo autorevole sia in Italia sia in altri Paesi europei, va tramontando. Come suggerisce Pizzul nel suo libro, i cattolici in politica sembrano incanalati verso una marginalità sempre più evidente: a volte arroccati nella difesa ad oltranza di alcune tematiche, come i valori “non negoziabili” oppure la questione “migranti”, che si scontrano con il sentire comune della maggioranza degli italiani; altre volte sono considerati come “riserva di voti” cui, in alcuni casi, è opportuno fare ricorso tramite l’appello a simboli e valori della cosiddetta tradizione. Quella che veniva chiamata la “sindrome da ridotta”, utilizzata per definire l’approccio di altre minoranze religiose, si prefigura dunque come il destino fatale del cattolicesimo italiano?

Pur senza attenuare la drammaticità della situazione ed il rischio di marginalizzazione, Pizzul invita a guardare la questione da una prospettiva diversa: la politica, così come è ora, è davvero lo spazio in cui un cattolico può portare il proprio contributo? Torna utile il pregevole editoriale di Marco Iasevoli, apparso recentemente su Avvenire e intitolato “Il crepuscolo delle tre bestie”: prendendo spunto dalla macchina per ottenere consensi sui “social” chiamata “la bestia”, Iasevoli intravede nel prossimo futuro – a mio avviso con un eccesso di ottimismo – il crepuscolo, appunto, di un certo modo di fare politica, basato su una forma di comunicazione violenta ed arrogante, che fa leva sul populismo, sugli slogan e sulla semplificazione delle questioni chiave di un Paese. Ebbene, questo tipo di politica – quella delle bestie indicate da Iasevoli – non ha affatto bisogno dei cattolici e, di converso, è bene che da tale forma di politica se ne stiano alla larga.

Che devono fare, allora, i cattolici? Attendere che il crepuscolo di questa politica – come auspica Iasevoli – si compia? Ai cattolici – e qui torno alle parole di Pizzul – oggi è offerta un’importante opportunità: quella di “umanizzare” la politica e proporre uno stile diverso, che riconosca il valore il dialogo, la cura dei più fragili, la consapevolezza della complessità dei problemi che non si possono risolvere a colpi di slogan… Nel libro del profeta Daniele, si contrappone alle “bestie” che devastano il mondo l’avvento di un “figlio dell’uomo” che ricostituisce la pace. Forse il compito dei cattolici in politica – senza esagerare la metafora del profeta Daniele – è proprio quello di riportare ragionevolezza e senso di umanità nel modo di fare politica oggi: uno stile diverso non solo per la politica nazionale, ma anche per le amministrazioni locali, che, in virtù del legame con la concretezza dei problemi del territorio, danno sovente prova di maggiore pacatezza e buon senso.

Si tratta di un compito esigente, che prevede tempi non brevi e scelte impegnative. Qualcuno evoca anche oggi la necessità della ricostituzione di uno schieramento politico “ad hoc”, temendo che la cosiddetta “diaspora” sancisca la definitiva scomparsa dei cattolici. Anche il coinvolgimento e la preparazione dei giovani per una politica “diversa” appaiono certamente ardui ma quanto mai urgenti, se si vuole pensare ad un futuro per l’impegno dei cattolici nella costruzione di una società diversa. Al di là delle buone intenzioni e dei proclami, tuttavia, saranno in grado i cattolici italiani di cogliere questa occasione? E i lettori de L’Azione cosa ne pensano?

Alessio Magoga

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