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LA VICENDA SEA WATCH E IL FENOMENO DELLE MIGRAZIONI

L'editoriale di questa settimana.

LA VICENDA SEA WATCH E IL FENOMENO DELLE MIGRAZIONI

Era finita male la vicenda della Sea Watch perché la capitana Carola Rackete aveva dovuto forzare il blocco e attraccare al porto di Lampedusa con il pericolo di una collisione con la motovedetta della Guardia di finanza, proprio mentre si stava profilando una soluzione con la sistemazione dei quaranta migranti in altri Paesi che si erano offerti per accoglierli. La capitana era stata immediatamente arrestata, la magistratura inquirente, però, non ha convalidato l’arresto ritenendo che lei avesse agito in stato di necessità. Il caso probabilmente continuerà il suo iter fino alla sentenza finale. Ma la vicenda deve essere valutata anche da noi cittadini, e non solamente dalla magistratura, perché tocca punti fondamentali della vita comune in questo mondo in rapida trasformazione. Salvini sta sfruttando tutti gli elementi a suo favore che il caso presenta e che rafforzano la linea politica che gli sta regalando tanti consensi. Per lui la questione è chiara: una nave guidata da una “sbruffoncella” in cerca di gloria ha violato spudoratamente le leggi italiane; ha opposto resistenza alle forze dell’ordine e ha attentato alla loro vita. L’unica cosa da fare era arrestarla e processarla immediatamente. Un giudice con una sentenza indegna l’ha rimessa in libertà, ma lui non si farà aggirare e prenderà i giusti provvedimenti per salvare l’onore dell’Italia. Così conferma la figura dell’uomo forte capace di risolvere efficacemente la questione delle migrazioni, che tanto danno sta creando al nostro Paese. Continuerà quindi per questa strada, magari tirando su anche qualche muro per il confine orientale

La vicenda ha ben altre dimensioni. Non ci troviamo di fronte allo scontro tra chi difende la razionalità della legge e chi, per un malinteso senso di bontà, la scavalca. Qui collidono ragioni che attingono a visioni diverse del mondo ed è a questo livello che deve essere portato il discorso. Ci sono le leggi dello Stato e ci sono le leggi internazionali che faticosamente gli Stati cercano di darsi su questioni che li toccano nel loro insieme e che riguardano il valore assoluto della vita umana, come le norme sul soccorso in mare e l’asilo politico. Il comportamento del comandante della Sea Watch si è riferito a queste regole e quindi ha delle buone ragioni per difendere il suo comportamento. Tali leggi comuni diventano tanto più urgenti in questo mondo globale che sta cambiando la sua struttura geopolitica segnata da confini nazionali rigidi. Nuove regole si impongono che non riguardano solo il movimento delle merci, ma anche delle persone che per tanti motivi – motivi che riguardano aspetti fondamentali della loro vita – si spostano. Le migrazioni sono un fatto imponente e non bastano i confini e le leggi per fermarlo. Ci sono tentativi in atto come il recente Global Compact, patto globale sulle migrazioni promosso dall’Onu, al quale l’attuale governo italiano ha pensato di non aderire. Sull’epocale fenomeno delle migrazioni anche l’Europa è confusa e paralizzata da contrasti interni che mettono in pericolo tutto il processo di unificazione. Qui emerge anche la contraddizione in cui è impigliato il governo giallo-verde. Il problema degli sbarchi in Italia può essere risolto solamente con un accordo a livello europeo. In particolare deve essere riformato il trattato di Dublino che carica sul nostro Paese un peso insopportabile. La soluzione ragionevole non è bloccare i porti, ma distribuire in tutti i Paesi coloro che arrivano sulle coste italiane. Il Parlamento europeo ha approvato una modifica di Dublino in questo senso, ma per avere valore deve essere approvata dal Consiglio europeo formato dai capi di Stato e di governo e qui c’è l’intoppo perché sappiamo che il Gruppo di Visegrad certamente metterà il veto. Sono proprio gli amici “sovranisti” di Salvini che si oppongono alla soluzione: a loro dovrebbe rivolgersi e non tuonare contro l’Europa! Ma di là dai trattati tra gli Stati, c’è un livello ancor più profondo e decisivo da considerare, dove sono in ballo i diritti fondamentali della persona e l’ordine che vogliamo dare a questo mondo in cui vivono le persone. L’autaut è chiaro. Vogliamo un mondo in cui all’evidente maggiore movimento dei popoli, gli Stati si irrigidiscono nella loro individualità o un mondo in cui trovare insieme regole ragionevoli, cioè umane, perché questo inevitabile movimento trovi un suo ordine? Nel primo caso i trafficanti di persone troveranno sempre abbondante offerta per i loro traffici, le persone saranno trattate brutalmente nei lager di contenimento, i disperati che comunque tenteranno il viaggio moriranno in misura maggiore... Dobbiamo scegliere ascoltando la coscienza e non le promesse insensate di chi sta proclamando che il problema è semplice e basta un po’ di fermezza o di “virilità” per risolverlo.

GpM

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