Editoriale
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LA VITA È DURA

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga. 

LA VITA È DURA

"Non dobbiamo far crescere i nostri bambini in un mondo di sogni, perché la vita è dura”. Sono parole di Umberto Galimberti – filosofo e sociologo, autore di numerosi saggi e articoli – che a Sernaglia, qualche giorno fa, invitato dall’amministrazione comunale, ha tenuto una interessante conferenza sul disagio dei giovani oggi. Dell’argomento il professore si è occupato più volte e in modo particolare in una fortunata pubblicazione di qualche anno fa dal titolo “L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani”. Non mi sento di condividere tutto del suo intervento: come, ad esempio, alcune generalizzazioni sul cristianesimo – è nota la sua posizione critica! – o la sua visione, a mio avviso troppo severa, nei confronti della scuola e il suo sguardo troppo pessimistico verso il mondo dei giovani di oggi. Tuttavia mi trova profondamente d’accordo la sua forte insistenza sulla necessità di un approccio educativo diverso, più serio e più attento alla dinamica evolutiva: un approccio che non risparmi alle nuove generazioni, compatibilmente con la loro età, il fatto che la realtà – e quindi la vita – è “dura”. Di contro Galimberti se l’è presa con quell’atteggiamento educativo – a suo avviso troppo diffuso nel mondo dei genitori di oggi – che intende salvaguardare in ogni modo i propri figli dall’esperienza del dolore e della fatica. Istruttivo il riferimento alla morte dei propri cari: “Portate i vostri figli – ha esemplificato energicamente Galimberti – ai funerali, così capiscono cos’è la morte... E poi portateli a prendere un gelato!”.

Non si tratta quindi di traumatizzarli lasciandoli in balìa di sé stessi dinanzi al dramma della morte, ma di “iniziarli” cioè introdurli, accompagnandoli gradatamente e secondo le loro possibilità, al fatto che la vita è anche questo e che la morte fa parte del “gioco”. Ed è meglio che comincino a intuire già da piccoli che la vita è fatta anche di dolore e fatica, piuttosto che lo scoprano, tutto all’improvviso, molti anni più avanti: allora sì diventerà un trauma! Può sembrare un controsenso o un paradosso, ma dire che “la vita è dura” è necessario per poter affermare al contempo che “la vita è bella”. Se – come è nella realtà – nessuno ti regala niente, quando raggiungi l’obiettivo, è merito tuo e della tua fatica. E non c’è nulla di più appagante che realizzare un obiettivo agognato o raggiungere una meta fortemente “desiderata” (il desiderio: un altro tema di cui Galimberti ha ribadito l’assoluta necessità per dare un senso alla propria esistenza!). Forse alcune delle considerazioni di Galimberti valgono anche, almeno per certi aspetti, per quanto riguarda la vita spirituale e la vita ecclesiale. Troppo spesso noi per primi abbiamo e corriamo il rischio di inculcare un’immagine edulcorata della fede o dell’appartenenza alla Chiesa, quasi che si trattasse – una volta divenuti credenti – di immergersi in un brodo mieloso, in cui d’incanto tutte le tensioni e tutte la difficoltà spariscono. E poi, quando appaiono le prime tensioni, sentirsi il mondo cadere addosso e ritrovarsi, delusi e feriti, a chiedersi: “Ma è questa la fede? È questa la Chiesa?”. In realtà anche la vita del credente, nella Chiesa, è dura e difficile. Andrebbe ricordato un po’ più spesso: ci aiuterebbe a vivere in modo meno drammatico i momenti di aridità interiore e, al contempo, a leggere in modo più lucido e oggettivo il cammino, non sempre lineare, delle comunità cristiane.

Alessio Magoga 

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