Editoriale
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La bellezza della differenza

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

La bellezza della differenza

«Per più di 100 anni, come le scuole e le altre organizzazioni giovanili, ci siamo affidati alle informazioni contenute nel certificato di nascita per determinare l’idoneità ai programmi maschili o femminili» afferma l’organizzazione “Boy Scout of America”, una delle tante forme di scoutismo presenti nel mondo. «Questo approccio – continua l’associazione americana – però non è più sufficiente, in virtù delle leggi dei Paesi che interpretano l’identità di genere in modo differente». Che cosa vuol dire questa presa di posizione e a quali conseguenze conduce? Il certificato di nascita come punto di riferimento per determinare l’essere maschio o femmina di un giovane non sarà più sufficiente, perché dovrà essere il ragazzo o la ragazza a dire quale sia il “genere” – maschile o femminile – cui appartiene. Insomma, non sarà più il corpo, con i suoi evidenti caratteri somatici, a dire se uno è uomo o donna ma la libera volontà dell’individuo. È proprio questo il cuore della cosiddetta teoria “gender”, che distingue tra “sesso” (individuato effettivamente dal corpo) e “genere” (determinato dalla libera volontà del singolo e modificabile nel tempo). I fautori della “teoria gender” sono convinti di promuovere così la liberazione dell’individuo sia dalla natura sia dagli stereotipi culturali, assegnando alla persona il diritto di autodeterminarsi nel suo essere uomo o donna. Segnalo altri due recenti episodi che vanno nella medesima preoccupante direzione. Il primo riguarda il numero di gennaio del “National Geographic”, l’influente rivista scientifica di diffusione internazionale, intitolato “Gender revolution”: la rivoluzione del “genere”.

Corredata in modo funzionale da foto e interviste di bambini e adolescenti, la rivista dedica ampio spazio «all’esplorazione del concetto di genere, nella scienza, nei sistemi sociali, nelle civiltà umane nel corso della storia ». Secondo il direttore di “National Geographic”, è in corso una «evoluzione del concetto di donna o uomo e dei significati di termini come transgender, cisgender, non conforme…». I “transgender” – solo per fermarsi ad uno di questi termini – sono quei soggetti la cui determinazione maschile o femminile risulta fluida e pertanto possono comportarsi ad un tempo come maschi e come femmine. Il secondo episodio riguarda invece uno spettacolo che nei prossimi mesi sarà proposto nelle scuole italiane agli alunni dagli 8 ai 16 anni. Si tratta di “Fa’afafine - Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”. Nello spettacolo teatrale il protagonista è appunto un bambino “transgender”: «Un vero e proprio terzo sesso – così la presentazione – cui la società non impone una scelta e che gode di considerazione e rispetto… Alex è un “gender creative child” o semplicemente un bambino-bambina, come ama rispondere quando qualcuno gli chiede se è maschio o femmina». Alcune associazioni si sono mobilitate per raccogliere firme ed impedire che questo spettacolo sia presentato ai ragazzi delle elementari e medie. Molti genitori sono preoccupati del fatto che lo spettacolo, oltre ad essere uno spot per la teoria gender, possa risultare dannoso per lo sviluppo psicofisico dei loro figli, in quanto genera una profonda confusione su quella che è l’identità maschile o femminile, in via di costruzione proprio in quella delicata fase della vita. Possiamo essere d’accordo sul fatto che per qualcuno riconoscersi maschio o femmina possa essere un percorso complesso. Possiamo anche riconoscere che non tutto quello che le culture associano alle categorie “maschio” e “femmina” sia positivo. Basti pensare all’esaltazione della forza come tratto caratteristico del “maschile”… Tuttavia, i tre casi richiamati ci avvertono che ci troviamo di fronte a qualcosa di più di una legittima rivendicazione dei diritti di un gruppo minoritario che va comunque tutelato. Ciò a cui si sta assistendo assume i tratti di una vera e propria rivoluzione culturale, indotta dall’alto e in modo forzato. Ma chi vuole davvero questa profonda trasformazione? Ed è davvero un bene (un bene per loro) coinvolgere in modo così diretto bambini e adolescenti? Infine, si può accettare passivamente l’imporsi di una visione antropologica che di fatto oscura una delle evidenze più lampanti e più belle dell’umanità: quella della differenza e della complementarità uomodonna? A chi ha un ruolo educativo e politico – ma anche ad ogni singolo cittadino – è affidato il compito di informarsi e di esercitare la propria capacità di critica.

Alessio Magoga

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