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La meschina solidarietà minima dell'Unione Europea

L'editoriale del direttore don Giampiero Moret.

La meschina solidarietà minima dell'Unione Europea

Alla fine anche l’Europa ha incominciato a svegliarsi in fatto di profughi. Sta avendo un sussulto di coscienza. Il presidente Mattarella, nella visita in Gran Bretagna della scorsa settimana, lo ha proclamato con coraggio, proprio nel Paese dove più sorda sembra essere la sensibilità verso questi disgraziati: «Il nostro grande rammarico è legato al ritardo con cui la macchina europea si è messa in moto. Troppi morti, purtroppo, sono stati necessari per risvegliare la nostra coscienza collettiva». Ora il pachiderma europeo ha incominciato a muoversi, ma con troppa lentezza e quasi controvoglia. cco i fatti. La Commissione europea, l’organo di governo dell’Unione, ha preparato una proposta nella quale si impone agli stati dell’Unione di accogliere, nel giro di due anni, 40 mila profughi approdati in Grecia e in Italia, precisamente 24 mila del nostro Paese e 16 mila della Grecia. Ma solo profughi provenienti dalla Siria e dall’Eritrea e solo quelli arrivati dopo il 15 aprile di quest’anno. Una miseria. Per capire la grettezza della decisione basti pensare che lo scorso anno sono sbarcati nel nostro Paese 170 mila migranti e si prevede che quest’anno supereranno i 200 mila. Lo stesso commissario per l’emigrazione Avramopoulos ha riconosciuto che si tratta di una “solidarietà minima”, di più non era possibile perché non sarebbe stato accettato. E poi bisognerà vedere quanto resterà della proposta dopo che il 16 giugno sarà valutata dal Consiglio europeo dei ministri degli interni e sarà discussa e votata dal Parlamento europeo alla fine del mese.

 

Molti prevedono che ci saranno tentativi di restringerla ancora di più. In compenso di questo favore, Italia e Grecia dovranno impegnarsi ad una identificazione dei profughi più seria di quanto non abbiano fatto finora, definendo con precisione il loro status, raccogliendo le impronte digitali di tutti e assegnando loro il paese di destinazione, in modo da impedire di scorrazzare per l’Europa indisturbati. i sono altri aspetti minimalistici della proposta. Si parla di profughi di Siria ed Eritrea. E gli altri? Si sa che in molti altri paesi ci sono situazioni di estremo pericolo per le persone, che sono costrette a fuggire. E gli immigranti che sfuggono dalla fame e dalla povertà? Per tutti costoro il verdetto è tanto chiaro quanto crudele e inefficace: respingere. Qui si vede la meschinità e l’irrazionalità della proposta. È come fermare con le mani una montagna che frana. L’immigrazione è problema globale diventato incontenibile. Si profila poi un paradosso: se la ri- C presa economica, secondo le previsioni, si consolida, l’Europa nei prossimi anni avrà bisogno di tante braccia da lavoro, perché quelle europee saranno troppo scarse e non disponibili per lavori pesanti. Allora saremo obbligati a chiamare persone da fuori. uttavia, nonostante la grettezza della proposta, si possono scorgere in essa degli spiragli che fanno intravedere timidi movimenti in profondità riguardo alla politica europea dell’immigrazione. Si è deciso di allargare l’intervento dei mezzi dell’operazione Triton fino a 138 miglia dalla costa italiana, quindi fin sotto le coste della Libia, con il compito non solo di controllare i traffici, ma anche di soccorrere e salvare T le vite in pericolo, come aveva fatto la nostra precedente operazione Mare Nostrum tanto criticata. Inoltre è stato lasciato cadere il proposito di distruzione dei barconi e di interventi militari. Questo significa che si è capito che gli interventi di forza servono poco. Il nostro presidente, sempre nel suo intervento a Londra, ha detto che il problema si risolve solo se l’Europa potrà sviluppare la sua “capacità di includere” che è il contrario della forza di respingere, con buona pace dei nostri Salvini e amici. Allargando poi la visuale ha aggiunto: «Questo costituisce un modello sicuramente più efficace per affermare il valore della democrazia di quanto non lo siano velleitarie, ricorrenti, tentazioni di esportarla con interventi militari ». ui sta la chiave della soluzione. Accogliere e integrare chi cerca disperatamente condizioni di vita migliori significa anche preparare persone che non solo portano ricchezza per le loro famiglie nella loro terra, ma che diventano anche capaci di avviare processi economici più efficienti nei loro paesi e di promuovere aspirazioni a vivere con maggior democrazia e libertà. Questa è la vera rivoluzione per la quale battersi. Non aiuta a preparare questo futuro più umano a livello planetario chi incita a guardare agli altri solo come minacce e propone solo di chiudere le porte. GpM

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