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NON E' STATO UN MIRACOLO

L'editoriale di don Gian Pietro Moret

Parole chiave: Amazzonia (3), natura (10), fraternità (2), rispetto (3), ambiente (10), bambini (8)
NON E' STATO UN MIRACOLO

La storia dei quattro bambini sopravvissuti per quaranta giorni nella foresta amazzonica ha dell’incredibile. Tutti a parlare di miracolo. In realtà è accaduto qualcosa che normalmente non accade. Ma non è stato un miracolo. Quei quattro ragazzini hanno semplicemente messo in atto delle capacità umane che normalmente in noi, ora, sono atrofizzate. Allora questa bella storia può diventare una metafora molto utile per la nostra vita di uomini e donne di questo mondo attuale che da tanti punti di vista è diventato a noi ostile. Sopravvissuti in un mondo ostile, si va ripetendo, nel loro caso. Potremo dire anche noi, ad un certo punto della nostra storia, sopravvissuti in un mondo ostile?

Natura ostile? Nel loro caso il nemico era la natura e la salvezza è venuta dalle capacità insite nella loro origine indigena, conservate e curate, a quanto si dice, dalla nonna. Grazie a queste capacità, sono riusciti a sopravvivere in quella natura selvaggia, piena di pericoli per gli esseri umani e con scarse risorse per la vita umana. Per noi “non selvaggi” la natura non è più ostile come per quei quattro bambini. Anzi, siamo diventati noi ostili alla natura rispetto al suo stato originario, nel senso che pensiamo di averla vinta, difendendoci dalle sue minacce e piegandola alle nostre utilità. Ciò è evidentissimo proprio nei confronti di quella natura specifica che è la foresta amazzonica, che noi stiamo distruggendo con estrema facilità usando le nostre macchine, per “liberare” il suolo da quella cosa inutile e farlo diventare utile per noi. E lo stiamo facendo per tanti altri aspetti della natura, usati per le nostre utilità senza badare alle sue. Da secoli cantiamo vittoria sull’ostile natura. Poveri illusi. Ora ci rendiamo conto di tutto il male che ci siamo fatti. Ora, con tutti i disastri che stanno succedendo, ci accorgiamo che la nostra presunta vittoria sulla natura è stata una sconfitta. Ora incominciamo a capire che natura non era un nemico da combattere, ma un alleato, del tutto necessario per la nostra sopravvivenza. Anzi, più che un alleato, era la nostra stessa vita. Un suicidio. Siamo ancora in tempo di salvarci?

Tenersi per mano. Ma quei quattro bambini sono sopravvissuti anche perché si sono tenuti per mano. Non sono andati ognuno per conto proprio. Ognuno si è preso cura dell’altro, incominciando dal più piccolo, meno di un anno, bisognoso di tutto. Sono sopravvissuti non solo al mondo ostile della foresta, ma anche a quello ancora più ostile che è dentro di noi. Quello del pensare solo per sé e di guardare agli altri come a nemici da cui difendersi o, peggio, da aggredire. È questo l’altro estremo pericolo per la nostra sopravvivenza. A volte ci sembra che la situazione sia senza via di uscita, facendoci così diventare anche cinici. Sì, perché se c’è in noi questa spinta negativa che ci porta a rubarci la vita l’un l’altro, veramente dobbiamo difenderci dagli altri. Chiuderci in noi stessi. Aggredire per non essere aggrediti. Per fortuna c’è dell’altro in noi ed è quello che ha salvato quei quattro fratelli. La fraternità. La capacità di tenerci per mano, invece di andare per conto proprio. La capacità di aiutarci, invece di aggredirci. La capacità di volerci bene, invece di odiarci. Nessuno può dire che non esiste. La sentiamo dentro di noi. Viene fuori in certe occasioni quando vediamo l’altro in un pericolo estremo. Possiamo dire che è anche la forza di vita più originaria, perché quando essa ha in noi il sopravvento, ci sentiamo più vivi. La sentiamo come la vera forza vitale. Sta, dunque, nelle nostre mani la salvezza. O, forse, sta altrove? Perché noi, di fatto, constatiamo che questa forza benefica spesso non è sufficiente a far fronte alla sua antagonista. Ed è questa constatazione che ci fa disperare. Ma per chi sa andare fino in fondo a questa risorsa, scopre che essa, nonostante la sua insufficienza, è talmente imperiosa nel suo comando da fare appello ad altro: ad una originaria Bene-Volenza, da scrivere così, con le maiuscole. Inesauribile. Invincibile. Totalmente diversa dalla nostra. Per costoro sta lì la nostra speranza di salvezza.

Gian Pietro Moret

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