Editoriale
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Non esiste amore sprecato

L'editoriale del direttore de L'Azione don Alessio Magoga.

Non esiste amore sprecato

"Davvero oggi era da piangere. Era da piangere": sono le parole di papa Francesco, mentre commentava i disegni dei bambini, di ritorno dalla sua visita al campo profughi di Lesbo in Grecia. Nel viaggio di andata aveva detto che il suo era “un viaggio triste” perché andava ad “incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la seconda guerra mondiale”: di qualche giorno fa l’ultimo naufragio, in cui hanno trovato la morte circa 200 profughi. Non sono mancate critiche nei confronti di questa sorta di pellegrinaggio in quella attualissima valle di lacrime. Mi permetto alcune furtive considerazioni, a modo di dialogo con voi lettori. Innanzitutto, non deve sfuggire la portata “ecumenica” del gesto, che va nella direzione della promozione dell’unità tra cristiani. Il Papa, infatti, non era solo, ma è stato accompagnato da due importanti rappresentanti della Chiesa ortodossa (greca e turca). In secondo luogo, papa Francesco ha elogiato gli sforzi di una Nazione – la Grecia – che si trova a fronteggiare una delle più pesanti crisi economiche e, ciò nonostante, tenta – sostanzialmente da sola – di affrontare un’emergenza umanitaria di proporzioni non piccole. In terzo luogo, dinanzi all’immobilismo di altre Nazioni ben più attrezzate, la visita del Papa suona come un appello a fare qualcosa e ad entrare in azione. Non è vero che il problema è “enorme” e che “non possiamo far nulla”. 

Le parole del Pontefice sono risuonate – ancora una volta – forti nell’indicare con molta chiarezza che cosa si possa e debba fare: «Bisogna rimuovere le cause di questa drammatica realtà: non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento… Prima di tutto è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte… Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza. Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi le fronteggia». C’è da chiedersi se davvero ci sia un impegno convinto e sincero da parte di tutti a muoversi in questa direzione per eliminare le cause dei conflitti, soprattutto il commercio delle armi. Ai trafficanti d’armi il Papa si è rivolto direttamente, invitandoli a “passare una giornata in quel campo”: «Credo – ha esclamato provocatoriamente il Pontefice – che per loro sarebbe salutare!». La visita del Papa – quarta considerazione – si è conclusa portando in Vaticano dodici profughi musulmani: qualche giornale ha banalizzato tale gesto, perché – così titolava – altre migliaia sono rimaste nelle strutture d’accoglienza. La risposta del Papa, che ha fatto sue le parole di Madre Teresa di Calcutta, non si è fatta attendere: «È una goccia nel mare! Ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso». Quello del Papa è “un piccolo gesto”: «Ma questi piccoli gesti – ha ribadito – che dobbiamo fare tutti, gli uomini e le donne, per tendere la mano a chi ha bisogno». La logica dei piccoli segni e dei gesti profetici – così cara a papa Bergoglio – è espressa con molta lucidità nella Evangelii Gaudium, dove si chiede ai cristiani di «iniziare processi più che di possedere spazi », cioè «privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici» (EG 223). Il Papa è costantemente rivolto a propiziare processi di solidarietà, di comunione, di verità… nella fiducia che in un futuro – ci auguriamo prossimo – possano portare frutti abbondanti. Infine, ci sembra che la visita di Bergoglio vada nella direzione del “guardare negli occhi” l’umanità che soffre. Lo aveva ricordato, domenica scorsa, a tutti noi pellegrini in piazza San Pietro per i 50 anni della Federazione italiana dei settimanali cattolici: è andato a Lesbo per mostrarci come si fa e per ricordarci che «il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore». In effetti, la crisi umanitaria alla quale stiamo assistendo è una «crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità...». Nel celebre finale del monologo “I dieci comandamenti”, anche Roberto Benigni così ci ha esortati: «Il problema fondamentale dell’umanità è rimasto lo stesso: amarsi… Solo che non ci rimane molto tempo. Affrettiamoci ad amare. Noi amiamo sempre troppo poco e troppo tardi… Al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore… Non esiste amore sprecato».

Alessio Magoga

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