Editoriale
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“PARTIRE PER RIMANERE, CAMBIARE PER ESSERE FEDELI”

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

“PARTIRE PER RIMANERE, CAMBIARE PER ESSERE FEDELI”

“La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”. Sono le parole del card. Martini, nell’ultima intervista a pochi giorni dalla morte, che papa Francesco ha citato in chiusura del suo discorso alla Curia romana in occasione degli auguri natalizi. Il Pontefice si è rivolto alla Curia, certo, ma in realtà ha disegnato il quadro di quella che è la Chiesa di oggi e ha fatto intravedere alcune piste per il futuro. Nella sua analisi sull’oggi, il Papa invita a superare la distinzione tra “un mondo cristiano da una parte e un mondo ancora da evangelizzare dall’altra”, perché “adesso questa situazione non esiste più”. Le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono più nei Continenti lontani, in Africa o in Asia, ma dimorano nelle nostre città: pensiamo ai movimenti migratori che hanno portato nelle nostre terre uomini e donne di altre religioni, ma anche ai tanti locali che, per vari motivi, si sono allontanati dalla pratica religiosa e, talvolta, anche dalla fede cristiana: “Fratelli e sorelle – ha ribadito Francesco – non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati”. La consapevolezza che i cristiani non sono più maggioranza nei Paesi Occidentali non è affatto nuova: lo avevano ribadito precedentemente, ad esempio, sia Benedetto XVI sia Giovanni Paolo II, che parlava dell’urgenza di una “nuova evangelizzazione”.

Nuova, forse, è l’insistenza sulla categoria “cambiamento” cui papa Francesco dedica praticamente l’intero discorso. Lo fa con molta ponderatezza, citando in apertura un autore da lui canonizzato nell’ottobre scorso e che ha riflettuto molto sulla “riforma” nella Chiesa: il card. John Henry Newman, presbitero anglicano convertitosi al Cattolicesimo anche in virtù dei suoi approfondimenti sui Padri e sulla storia della Chiesa. Una delle sue opere più celebri – citata da Francesco nel discorso – è “Lo sviluppo della dottrina cristiana”, nella quale dimostra come la dottrina della Chiesa cattolica si sia evoluta attraverso i secoli, assumendo caratteristiche e contenuti che, sebbene non esplicitati nel Nuovo Testamento, vi erano già presenti in modo implicito e potenziale. Sappiamo bene che il tema del “cambiamento” nella Chiesa è estremamente delicato. Basti pensare alle lacerazioni di inizio Novecento al tempo del “modernismo” o al dibattito conciliare sulla categoria “aggiornamento” o alle divisioni nella Chiesa di oggi: basti guardare al triste spettacolo innescato in questi giorni dalla pubblicazione, fortemente voluta dal card. Sarah, su celibato e sacerdozio! Parlare di cambiamento nella Chiesa non è mai stato facile, perché si è visto in esso – e a volte giustamente – il rischio di un “tradimento” di quello che è il messaggio del suo fondatore, Gesù Cristo. L’alternativa, allora, è lasciare tutto immutato sino alla fine dei secoli? La risposta di papa Francesco, appoggiandosi all’autorità di Newman, è un’altra: “Qui sulla terra vivere è cambiare e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni”. Per il Papa non si tratta di cercare il cambiamento per il cambiamento o di seguire le mode, ma di essere consapevoli che lo sviluppo e la crescita sono caratteristiche della vita, e dunque anche della Chiesa, mentre al centro di tutto resta la stabilità di Dio. La vita cristiana è un cammino, un pellegrinaggio, una conversione continua, perché la storia della Chiesa è fatta di partenze, spostamenti, cambiamenti. Tutto ciò – ribadisce Francesco – invita “a scoprire il moto del cuore che, paradossalmente, ha bisogno di partire per poter rimanere, di cambiare per poter essere fedele”. Nel “cambiamento d’epoca” che stiamo attraversando, l’errore più grande sarebbe quello di restare immobili, accumulando ulteriormente distanza dall’uomo di oggi, ma soprattutto dal vangelo e dal suo urgente appello alla conversione.

Alessio Magoga

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