Editoriale
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PER UNA CITTA' PIU' UMANA E SOLIDALE

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

PER UNA CITTA' PIU' UMANA E SOLIDALE

Qualche giorno fa, in centro a Conegliano, in uno stabile vuoto e chiuso da tempo, di proprietà della parrocchia di San Rocco, è stata trovata una persona morta. Se n’è accorto per primo il parroco, don Alberto Basso, in uno dei suoi periodici controlli alla palazzina, che da otto anni non è più abitata e necessita di importanti lavori di ristrutturazione. Insospettito dall’aver visto aperta una delle imposte, il parroco ha voluto verificare e, una volta entrato nell’abitazione, ha scorto la sagoma di un uomo disteso sul letto. La morte – così hanno poi rilevato gli operatori sanitari – dovrebbe risalire ad una decina di giorni dal ritrovamento. Nel momento in cui scriviamo (mercoledì 21 luglio, ndr), gli inquirenti non hanno ancora dato un nome alla persona morta: dalle fattezze, dovrebbe trattarsi di un nordafricano. Il medico che ha fatto i primi accertamenti ha escluso segni di violenza sul corpo, ma è troppo presto per concludere che “sia morto di morte naturale”. Don Alberto, domenica scorsa, al termine della celebrazione eucaristica, ha comunicato la dolorosa notizia alla comunità parrocchiale, esprimendo personali sentimenti di pietà ed invitando tutti a pregare per la persona deceduta.

Una morte del genere pone delle domande serie che è bene non eludere. Purtroppo, non può essere considerata una situazione limite od un’eccezione per quanto riguarda il nostro territorio. Non è così inusuale che qualcuno muoia in totale solitudine e che il suo cadavere venga scoperto solo diversi giorni dopo. Nel 2016 fu ritrovato un altro morto, in quel caso ammazzato, nella zona del Ponte della Madonna. E ciò non accade soltanto in situazioni che noi etichettiamo come “di marginalità”. Questo ci interroga sulla qualità e sulla tenuta delle relazioni all’interno delle nostre comunità, civili o religiose che siano. L’impressione è che l’individualismo di questi ultimi decenni abbia prodotto ampi arcipelaghi di isolamento in cui la solitudine impera, persino nel momento della morte. Un’altra serie di considerazioni riguarda il contesto di disagio che attanaglia fasce non piccole della comunità coneglianese. Non è mistero, infatti, che anche in città siano attive delle gang di bulli più o meno aggressive (è solo di qualche mese fa la spedizione “punitiva” in piazza Cima). Ed è noto che l’uso della droga e l’eccesso di alcool (lo sa bene chi vive in centro) mettano a repentaglio l’esistenza e il futuro di diversi giovani. “Come mai – si chiedeva qualche giorno fa un coneglianese – dinanzi ad un movimento così importante di sostanze stupefacenti in città sembra che nessuno faccia nulla?”.

Anche Conegliano quindi, come altre città d’Italia, appare come una comunità con tante incertezze. Il processo di integrazione tra le sue diverse componenti è lungi dall’essere un dato di fatto, una realtà concreta. Un problema sociale, quindi, si pone anche per Conegliano. Vi è, certamente, chi si impegna per offrire sicurezza, per ricucire e tessere relazioni, per dare aiuto… E in questo ambito assumono un ruolo di grande rilievo le diverse associazioni di volontariato presenti sul territorio: tra queste meritano un cenno particolare la Croce Rossa, la Caritas, la San Vincenzo, la comunità di Sant’Egidio, i padri Cappuccini, la Casa Murialdo della parrocchia di San Martino, che dà ospitalità proprio a chi si trovi in stato di necessità. Tuttavia fanno quel che possono. Molto è necessariamente affidato alle istituzioni: i candidati per le prossime elezioni comunali dovranno prendere sul serio e affrontare questi problemi. Tuttavia molto è anche affidato alla coscienza e alla responsabilità di ogni cittadino, perché dipende dall’impegno di tutti gettare le basi per una città più umana e più solidale.

Alessio Magoga

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