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Papa Francesco, Davos, Electrolux

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret

Papa Francesco, Davos, Electrolux

Si è tenuto a Davos in Svizzera, dal 22 al 25 gennaio, il tradizionale incontro dell'alta economia. Il famoso Word economic forum, il forum mondiale dell'economia, che aveva quest'anno come tema "Rimodellare il mondo: conseguenze per la società, la politica e gli affari". Un tema consono allo spirito che aleggiava quest'anno tra i grandi dell'economia mondiale: siamo ormai fuori dalla crisi, avanti a tutto gas verso il nuovo mondo che si presenta ormai a portata di mano. In questo ambiente, un tantino euforico, è echeggiata anche la parola di papa Francesco con un messaggio che non intendeva spegnere l'entusiasmo, bensì ricordare alcuni tratti che la nuova fisionomia del mondo deve avere per non risultare una caricatura mostruosa. 

Papa Francesco va dritto al cuore del problema: «Occorre riconoscere il ruolo fondamentale che l'imprenditoria moderna ha avuto in tali cambiamenti epocali, stimolando e sviluppando le immense risorse dell'intelligenza umana. Tuttavia, i successi raggiunti, pur avendo ridotto la povertà per un grande numero di persone, non di rado hanno portato anche ad una diffusa esclusione sociale. Infatti la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continua a vivere ancora una quotidiana precarietà, con conseguenze spesso drammatiche». Dove sta l'inghippo per cui nonostante una crescita spettacolare, un po' rallentata dalla crisi, ma ora in fase di ripresa, la maggioranza delle persone resta ancora esclusa dal tavolo del benessere? 

Infatti è questa la realtà del mondo: benché grandi popoli abbiano fatto enormi passi avanti, la povertà permane in misura spaventosa sia in questi sia nei popoli che da tempo godono del benessere. Il Papa individua subito il guasto: è la mancanza di «un approccio inclusivo, che tenga in considerazione la dignità di ogni persona umana e il bene comune. Si tratta di una preoccupazione che dovrebbe improntare ogni scelta politica ed economica, ma a volte sembra solo un'aggiunta per completare il discorso». Esattamente così: il valore della giustizia e dell'equità, l'obiettivo del bene comune non rappresentano un elemento fondamentale che guida tutta l'attività economica, ma un'aggiunta posteriore per coprire l'esclusivo impulso dell'interesse che la muove e conferirle un aspetto più umano.
È la conseguenza dell'ideologia che ancora informa parte dell'attività imprenditoriale per cui la prima e unica preoccupazione per una efficace attività economica è l'avere il più possibile le mani libere per perseguire il proprio successo. Il resto viene da sé, non occorre cercarlo, compreso il benessere per tutti e quindi anche la giustizia sociale e il bene comune. Ridotto a slogan: quando la torta è grande ce n'è per tutti. E per fare la torta grande non c'è niente di meglio che il proprio interesse. Invece la storia dice che per questa strada si può, sì, aumentare la ricchezza che però tende ad accumularsi solamente in settori ristretti lasciando nella povertà gli altri. È così evidente questo effetto perverso che da tempo la politica più aperta ha messo in atto tutta una serie di provvedimenti che costringono l'attività economica ad assumere gli obiettivi del bene comune.

Una riprova della fatica che si fa ad accettare la prospettiva suggerita da papa Francesco di una economia che includa e non escluda, si ha nella vicenda dell'Electrolux che sta creando tensioni e sofferenza in questi giorni nelle terre venete e friulane. La grande multinazionale vuole andarsene dal nostro Paese perché in altre parti del mondo, come in Polonia, il costo del lavoro è molto più basso e quindi il margine di profitto più alto che permette di far fronte alla concorrenza molto forte nel settore degli elettrodomestici. Una logica ineccepibile e inesorabile per quanto riguarda la gestione dell'impresa dal punto di vista della efficienza economica. Ma l'impresa deve guardare solo a questo obiettivo? No, dice papa Francesco insieme a tutta la tradizione della dottrina sociale cristiana e del pensiero sociale più responsabile. È necessario trovare l'equilibrio tra efficienza economica e responsabilità sociale affinché l'impresa sia un fattore di vero progresso umano. Sacrosanta, quindi, la resistenza dei lavoratori ai piani dell'azienda e doveroso l'intervento dei politici perché questi delicati processi avvengano nell'assoluto rispetto della giustizia e della dignità dei lavoratori e nello stesso tempo si preparino le condizioni per assicurare lavoro a tutti anche in futuro.

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