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RESPONSABILITA' E CURA DEL TERRITORIO

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

RESPONSABILITA' E CURA DEL TERRITORIO

I fatti di Casamicciola nell’isola di Ischia chiedono, in prima istanza e senza dubbio alcuno, la vicinanza e la solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime e di quanti ora si trovano sfollati e senza una casa. Le istituzioni e il mondo del volontariato – anche la Chiesa attraverso la Caritas e le parrocchie – stanno intervenendo in modo importante per portare soccorso a chi si trova nel bisogno.

Al tempo stesso, questo ennesimo tragico episodio dimostra quanto fragile sia il territorio del nostro Paese e quanto, purtroppo, ce ne accorgiamo soltanto nelle situazioni di emergenza. Abbiamo davvero una memoria corta. Di emergenza in emergenza, apriamo gli occhi sulla precarietà delle nostre infrastrutture (pensiamo al ponte Morandi, venuto giù per mancanza di adeguati controlli) oppure ci rendiamo conto dolorosamente della fragilità del territorio (pensiamo ad Ischia, certo, ma la lista di episodi simili si potrebbe allungare senza difficoltà). «Non si può continuare a parlare di prevenzione e cura – ha detto in questi giorni don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana – solo quando ci sono le emergenze. È tempo di responsabilità e consapevolezza: azioni concrete e costanti di studio, difesa e cura del territorio possono prevenire o comunque ridurre progressivamente i rischi per le popolazioni più vulnerabili».

Già, responsabilità e consapevolezza che a volte mancano diffusamente. Anche per lo spirito – tipicamente italiano – del sapersi arrangiare. A volte una virtù, certo, altre volte un vizio capitale, se va a scapito del bene della collettività e dell’osservanza della legge. Solo per fare un esempio, il ricorso al condono edilizio (o la sua ventilata possibilità) favorisce, di fatto, la proliferazione di costruzioni in zone a rischio (non solo al sud), che pongono in serio pericolo gli abitanti, quando si verificano eventi calamitosi straordinari: dai terremoti alle precipitazioni straordinarie, al di fuori della media stagionale, sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici.

C’è poi da aggiungere una strutturale carenza di controllo e di monitoraggio delle infrastrutture e del territorio. Certo, il nostro Paese – per la sua conformazione – è difficilissimo da mantenere sotto costante osservazione: si pensi ai vasti territori collinari e montani, più esposti a crolli e smottamenti, ma anche ai fiumi e ai rispettivi alvei e golene... Ciò, tuttavia, non deve giustificare alcun atteggiamento rinunciatario o fatalista: se, da un lato, vanno riconosciuti gli sforzi lì dove le istituzioni preposte riescono ad effettuarli, molto resta da fare. Ma si può e si deve fare. Tornando al triste caso di Casamicciola, la frana si è verificata per uno smottamento da un costone di montagna che da decenni – dagli anni ’30 per la precisione – era lasciato in balia di sé stesso.

Ora, è vero che spetta alle istituzioni vigilare, ma spetta anche ai cittadini sia segnalare le situazioni di pericolo sia prendersi cura di quella parte di territorio che gli appartiene. A volte si ha come l’impressione – anche nel nostro Veneto – che la cura del territorio, soprattutto lì dove tale cura non è redditizia, non stia in cima alle priorità né dell’agenda politica né degli interessi dei privati. Con tristi conseguenze, non solo sull’estetica del paesaggio ma anche sulla sicurezza. C’è ancora molto da fare, quindi, sia in termini di investimenti economici sia di radicamento di una cultura della legalità e della cura dell’ambiente. Pertanto, se il progetto della costruzione del ponte di Messina può apparire formalmente come un’idea sensata, alla luce della necessaria ed urgente messa in sicurezza del territorio (e delle sue infrastrutture) si rivela, in questo momento, alquanto inopportuno.

Alessio Magoga

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