Editoriale
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RICCHI SEMPRE PIÙ RICCHI, POVERI SEMPRE PIÙ POVERI?

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

RICCHI SEMPRE PIÙ RICCHI, POVERI SEMPRE PIÙ POVERI?

Nel mondo 26 miliardari detengono lo stesso reddito della metà della popolazione del pianeta: è solo uno dei dati resi pubblici grazie al Rapporto Oxfam per il 2018, che fa parlare di sé in questi giorni a ridosso del forum mondiale sull’economia di Davos, in Svizzera. Oxfam – come forse non tutti sanno – è una confederazione internazionale di organizzazioni non profit, che ogni anno pubblica un rapporto sullo stato della ricchezza e della povertà del mondo. A dire il vero, quanto emerge dal Rapporto 2018 non è molto dissimile da quello che già da un po’ di anni sembra essere un dato incontrovertibile e sempre più evidente: vale a dire che i poveri sono sempre più poveri, mentre i ricchi sono sempre più ricchi. Attenzione: non si tratta del solito ritornello, forse abusato, che biasima il privilegio dei Paesi occidentali nei confronti della miseria dei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. La questione è più complessa e intrigante. Da un lato, bisogna riconoscere – e questo è l’aspetto positivo – che nel mondo, preso globalmente, la ricchezza cresce e alcuni Paesi stanno conoscendo uno sviluppo mai avvenuto prima nella storia dell’umanità (soprattutto nel Continente asiatico). Dall’altro lato, questo sviluppo è disomogeneo ed è del tutto insufficiente in alcune regioni del pianeta (nell’Africa subsahariana, ad esempio, cresce la fetta di popolazione sotto la soglia di povertà). Ma c’è di più – e questo è un altro dato molto preoccupante –: una buona fetta della ricchezza mondiale fluisce in modo non uniforme e si concentra sempre di più nelle mani di pochi (siano essi singole persone o ricche famiglie o potenti multinazionali…).

L’accumulo del denaro (e quindi del potere) all’interno di ristrette élite è ormai sotto gli occhi di tutti. Solo per fare un esempio: il fondatore di Amazon, l’americano Jeff Bezos, ha un patrimonio di 112 miliardi di dollari, mentre le spese sanitarie di un Paese come l’Etiopia (più di 100 milioni di abitanti) equivale all’1 per cento del patrimonio del magnate statunitense. La stessa dinamica, che si coglie a livello globale, si attua anche all’interno dei singoli Paesi, Italia compresa, nei quali si assiste al progressivo arricchimento di chi era già ricco, a scapito della fascia più povera che tende ad impoverirsi ulteriormente. Si distinguono alcuni Paesi, come la Germania, che hanno tentato di attuare politiche virtuose in grado di garantire un flusso di ricchezza più uniforme all’interno della nazione La questione, come ci si può immaginare, è dannatamente seria: l’acuirsi della distanza tra ricchi e poveri e il progressivo arricchimento di alcune élite, a danno di strati sempre più consistenti della popolazione, creano il terreno fertile per l’aumento della tensione sociale e della contrapposizione, anche violenta, a tutti i livelli: sia tra Nord e Sud del mondo, sia all’interno dei singoli Stati.

Vi è chi coglie nelle agitazioni, che permeano attualmente le società europee (dalle tensioni in Grecia ai Gilet gialli in Francia), una rivolta esplicita contro le élite e le istituzioni dominanti, dalle quali si sono sentite tradite, perché – nonostante ci sia stata una crescita economica ed un aumento della produttività – la ricchezza generata è finita in pochissime tasche. Che fare, dunque? L’indagine Oxfam suggerisce alcune prospettive d’azione, che dovrebbero essere appannaggio dei governi nazionali: come a dire che la politica, per fortuna, ha ancora uno spazio d’intervento e che le sole regole del mercato non sono sufficienti. Si tratta sostanzialmente di tre proposte che mirano alla riduzione della disuguaglianza all’interno e tra i Paesi: innanzi tutto, puntare sul servizio sanitario e sulla scuola, perché lì dove sanità e scuola funzionano anche lo sviluppo economico progredisce e avviene in forme più equilibrate; in secondo luogo, riconoscere e sostenere l’enorme ed insostituibile lavoro di cura svolto dalle donne; infine, rivedere il sistema di tassazione, che attualmente avvantaggia i più ricchi, ed attuare forme di prelievo fiscale più equo.

In tempi non sospetti, qualcuno aveva profetizzato che il capitale si sarebbe progressivamente concentrato nelle mani di pochi e che questo processo avrebbe condotto ad una crescita della contrapposizione sociale: qualcosa di simile – facendo le debite distinzioni – a quello che avvenne in Russia con la Rivoluzione d’Ottobre. Se la politica non guadagna di nuovo il suo spazio nella gestione dei processi economici, smettendo di lasciarsi dettare l’agenda dal mercato e da chi ne trae enormi guadagni, quello che ci attende potrà sorprenderci, ma – temo – non molto positivamente.

Alessio Magoga

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