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SU VITA, MORTE E PACE

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

SU VITA, MORTE E PACE

«Tu che passi, pensa ai tuoi passi, e dei tuoi passi pensa all’ultimo passo»: è iniziata così la breve omelia di papa Francesco, alla messa per la commemorazione di tutti i fedeli defunti presso il Cimitero militare francese di Roma. Un’omelia a braccio, quella del Pontefice, detta sottovoce, tanto da rischiare di scivolare via quasi inosservata. In realtà, papa Francesco ha espresso dei contenuti forti e quanto mai opportuni in questi giorni, dedicati al ricordo dei defunti e dei caduti in guerra.

Il Papa – ed è il primo pensiero della sua omelia – ha ricordato che la vita “non è una passeggiata, neppure un labirinto”: non è un vagare senza meta, quasi per diporto, né un percorso tortuoso senza fine, dentro al quale ci si perde. La vita è piuttosto “un cammino”: un muoversi verso un obiettivo, un andare verso un traguardo. Si tratta di visioni tra loro molto diverse che fanno affrontare anche la vita di ogni giorno (e la morte) in maniere altrettanto diverse. Per il credente la vita non può che essere un cammino, a volte faticoso, in ogni caso una sorta di pellegrinaggio verso l’incontro definitivo con il Signore. Per questo è necessario – come ha raccomandato il Papa – fermare il passo e pensare “all’ultimo passo”, perché «l’importante è che quell’ultimo passo ci trovi in cammino». Se l’ultimo passo ci trova “camminando”, significa che abbiamo mantenuto sino alla fine la vita come cammino, abbiamo tenuto fisso lo sguardo sulla meta, abbiamo conservato la fiducia e la pace con Dio e con tutti.

Prendendo spunto dalle tombe che aveva dinanzi sé – ed è il secondo pensiero –, il Papa ha detto: «Gente che è morta in guerra, perché è stata chiamata a difendere la patria, a difendere valori, a difendere ideali e, tante altre volte, a difendere situazioni politiche tristi e lamentabili (…) le vittime della guerra, che mangia i figli della patria». Tra queste tombe, ha scorto quella di un soldato senza nome: “Inconnu. Mort pour la France. 1944”. «Neppure il nome – ha commentato – ma nel cuore di Dio c’è il nome di tutti noi». La scorsa settimana è transitato anche sul territorio diocesano il Treno del Milite ignoto, che tante persone hanno voluto omaggiare al momento del passaggio. La morte è ancora più dolorosa quando non c’è neppure un luogo dove piangere i propri defunti: il Milite ignoto, che riposa all’Altare della Patria, rappresenta e al tempo stesso intende lenire quel dolore che lacerò, all’indomani della Prima guerra mondiale, tante famiglie. Tuttavia chi crede, come ha suggerito il Papa, ha la certezza che davanti a Dio non c’è alcun ignoto, alcuno sconosciuto. Davanti al Signore, tutti hanno un nome e un volto. Questa fede è un grande dono ed offre una grande speranza.

L’intervento di Papa Francesco, ancora una volta stimolato dalle tombe dei soldati, si è concluso con un accorato appello alla pace: «Noi, che stiamo in cammino, lottiamo sufficientemente perché non ci siano le guerre? Perché non ci siano le economie dei Paesi fortificate dall’industria delle armi? (…) Ma queste tombe sono un messaggio di pace: “Fermatevi, fratelli e sorelle, fermatevi! Fermatevi, fabbricatori di armi, fermatevi!”». Questi pensieri sulla vita, sulla morte, sulla pace, ci accompagnino in questi giorni e possano fiorire attraverso le nostre scelte e le nostre azioni.

Alessio Magoga

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