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Silenzio sulle manifestazioni “no green pass”?

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

Silenzio sulle manifestazioni “no green pass”?

Sollecitato dall’intervento di un lettore (vedi la Posta dei lettori), propongo una riflessione sulle marce “no green pass”, senza pretesa di esaustività. Le marce – che da settimane si stanno tenendo in diverse piazze d’Italia a cominciare da quella di Trieste – sono, in linea di principio, un’espressione di democrazia. Quanti vi partecipano, se lo fanno nel rispetto della legge, esprimono il proprio dissenso nei confronti di una norma – il green pass – che è stata introdotta dal governo per contrastare la pandemia. Queste manifestazioni, che continuano a tenersi da parecchio tempo e con frequenza quasi settimanale, dimostrano in sé stesse come l’espressione “dittatura sanitaria”, che spesso i manifestanti chiamano in causa, sia del tutto fuori luogo.

Anche la copertura mediatica di questi eventi è stata e continua ad essere notevole. Le notizie non sono passate solo grazie ai canali “social” creati e alimentati dagli stessi manifestanti, ma anche grazie ai mezzi di informazione “tradizionali” (stampa, radio, tv…) che hanno dato ampiamente rilievo a quanto accadeva e accade nelle piazze. Ciononostante, i giornalisti sono stati presi di mira come fossero dei "traditori": basta vedere l’accoglienza che è loro generalmente riservata a questo genere di manifestazioni. Che dire, poi, della presenza praticamente stabile di vari esponenti “no green pass” nei talk show televisivi?

Le manifestazioni contro il green pass appaiono un fenomeno “in movimento”: non se ne comprende ancora la vera natura e quale possa esserne lo sbocco. Sono davvero tante e diversificate le anime che lo compongono. Se, prese nell’insieme, molte persone vi partecipano in modo pacifico, che dire dell’episodio dell’assalto alla sede della Cgil a Roma? Oppure delle messe in scena dei manifestanti mascherati da “prigionieri dei lager”? Che dire dei contenuti – li avete ascoltati? – che vengono comunicati, su palchi improvvisati, da parte dei protagonisti di queste manifestazioni? Che dire degli insulti, scanditi dai manifestanti, rivolti ai politici e alle forze dell’ordine? Persino il Presidente Mattarella, intervenendo martedì scorso all’assemblea dei Associazione nazionale dei comuni d’Italia (Anci), ha manifestato la sua preoccupazione: «In queste ultime settimane – ha affermato – manifestazioni non sempre autorizzate hanno tentato di far passare come libera manifestazione del pensiero l’attacco recato, in alcune delle nostre città, al libero svolgersi delle attività. Accanto alle criticità per l’ordine pubblico, sovente con l’ostentata rinuncia a dispositivi di protezione personale e alle norme di cautela anticovid, hanno provocato un pericoloso incremento dei contagi». Il fatto, poi, che alcuni manifestanti rechino con sé immagini di santi e rosari non dice molto sulla qualità cristiana di tali eventi: vi sono vari gruppi di sedicenti “cattolici” che esprimono giudizi inaccettabili nei confronti del Papa e dei vescovi.

Manifestare nel rispetto della legge è, certamente, un diritto e queste manifestazioni possono contribuire a mantenere aperte altre prospettive sul modo di affrontare la pandemia. Tuttavia, insieme alla stragrande maggioranza degli italiani, resto convinto – dalle informazioni di cui si è in possesso fino ad ora – che non è quella indicata dai “no green pass” la via per vincere il covid. Insieme alla campagna vaccinale e alle altre basilari norme igienico-sanitarie, il green pass appare come uno strumento sufficientemente efficace per affrontare questa fase, delicata e tremendamente complessa, della pandemia. Ad oggi, i Paesi che hanno avviato una massiccia campagna di vaccinazione – come l’Italia e il Portogallo – sono quelli in cui i decessi e gli ingressi in terapia intensiva sono più ridotti. Al contrario, i Paesi in cui la vaccinazione non è decollata – come i Paesi dell’Europa dell’Est – la pandemia si sta diffondendo in modo preoccupante.

Il green pass è uno strumento transitorio: una volta superata la pandemia, sarà necessariamente tolto. Le grida di allarme sul rischio della perdita della libertà e l’appello ai “diritti conquistati da chi ci ha preceduto” sembrano davvero destituiti di ogni fondamento. La libertà non ce la toglie il green pass o il vaccino, ma la pandemia.

Alessio Magoga

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