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Staremo a vedere...

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret

Staremo a vedere...

L'atteggiamento prevalente oggi nel nostro Paese è un inerte “staremo a vedere”. A parte una minoranza ferocemente contraria al governo Renzi, la maggioranza degli italiani, anche tra quelli che lo hanno votato, ha nei suoi confronti questa posizione di attesa. Più tendente alla sfiducia che alla fiducia. Staremo a vedere se le promesse che il premier sta lanciando a getto continuo si realizzeranno. Staremo a vedere se ha la forza di superare tutti gli ostacoli interni ed esterni che incontra. Staremo a vedere se saprà trovare le risorse sufficienti a realizzare tutti i progetti. Atteggiamento pericoloso perché lascia il Paese in uno stato di indolenza, scaricando tutto sull’azione del governo. Non è questo di cui ha bisogno il nostro Paese in questo momento di difficoltà generale. Non “staremo a vedere” cosa farà il governo, ma che cosa posso fare io, che cosa può fare la categoria a cui appartengo, in questo momento di difficoltà. altro giorno il presidente di Confindustria Squinzi ha tuonato contro il governo dicendo che deve avere il coraggio di fare uno scatto straordinario.

Ma dovrebbe domandarsi anche se la categoria che rappresenta sia disposta ad un simile scatto. Soprattutto quegli imprenditori che in questi anni, di fronte alle innegabili difficoltà, non hanno avuto il coraggio di reagire e spesso si sono rifugiati nei giochi della finanza piuttosto che affrontare la sfida di intraprendere strade nuove. di tutto il paese per la mancanza crescente di lavoro, ma dovrebbero chiedersi se in questi anni non siano rimasti fermi a difendere baluardi che forse non rappresentavano più le linee strategiche di difesa del lavoro (vedi art. 18), se abbiano fatto abbastanza per presidiare fronti più pericolosi, come quello dell’occupazione giovanile oppure se non avrebbero dovuto battersi con più coraggio per scuotere categorie che si opponevano ad ogni cambiamento. La scuola è il grembo che porta in sé il futuro, ma gli insegnanti devono domandarsi se stiano prestando con amore e passione tutte le cure necessarie perché nasca robusto e sano oppure se non siano più preoccupati a difendere privilegi ed evitare controlli sul loro operato. Il governo ha deciso sulla responsabilità civile dei giudici, ma con forti resistenze da parte loro.

L’accanimento con cui difendono la loro autonomia è giusto, ma dovrebbero chiedersi se abbiano lo stesso rigore nel preservarla da sconfinamenti in altri campi, da usi ingiusti della giustizia e nell’impedire che i segreti che custodiscono siano violati. nche la Chiesa deve chiedersi se stia dando il suo contributo per la rinascita del paese. La sua preoccupazione non deve essere quella di appoggiare questo o quel governo con la speranza di essere trattata con riguardo, ma di contribuire al bene comune nei suoi risvolti più essenziali, come la salvaguardia dei valori che stanno alla base della convivenza, l’attenzione ai più deboli, la qualità etica della vita degli italiani.

La Chiesa deve intraprendere azioni di sostegno anche materiale soprattutto nelle emergenze o per situazio- A ni che sfuggono all’impegno pubblico, ma il suo contributo più efficace è far sì che la sua azione spirituale nelle persone faccia anche scattare in esse l’impegno per il rinnovamento della vita comune. ultima doccia fredda è l’allarme lanciato dall’Istat: siamo entrati in deflazione. Da quattro mesi consecutivi i prezzi calano. È una brutta notizia perché significa che siamo entrati in quel vortice mortale che può portare un paese alla rovina completa.

I prezzi calano perché non c’è domanda. La gente non compera perché non ha soldi, non ha soldi perché non lavora, non lavora perché le aziende chiudono o riducono la produzione, le aziende chiudono perché la L’ gente non compera. Si dice che l’ultima volta in cui l’Italia è entrata in deflazione è stato nel 1959, ma allora era in atto la ricostruzione del paese che usciva massacrato dalla guerra. C’era volontà di rinascere. L’economia cresceva e per questo i prezzi diminuivano. I beni che prima scarseggiavano, ora aumentavano e diventavano più accessibili per tutti. In questo momento, invece, stiamo andando nella direzione opposta. I prezzi calano perché l’economia ha rallentato. Siamo in recessione. E la cosa più brutta e preoccupante è che stiamo tutti a guardare, rassegnati e indolenti. Senza mordente. Sciapi, diceva uno degli ultimi rapporti del Censis, cioè senza sale. Abbiamo perso il gusto delle sfide della vita.

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Loris Balliana 04/09/2014 16:28
è vero, solo noi possiamo cambiare il paese
Di tanti articoli che ho letto in questi mesi da parte di esperti ed editorialisti vari questo è il primo che con lucidità e grevità fotografa l’animo della “ggente”, di più va aggiunto che tutte le categorie che l’autore ha descritto e che a parole dichiarano e spiegano cosa il governo dovrebbe fare, sono quelle che hanno portato il paese in questa condizione, accondiscendendo sempre ad una politica inetta e corrotta per portarsi a casa qualche privilegio da mettere a carico della collettività.
Un articolo che è un esame di coscienza. Grazie per la chiarezza.

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