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TUTELA DEI PIÙ VULNERABILI O RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA?

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

TUTELA DEI PIÙ VULNERABILI O RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA?

“Omofobia: non serve una nuova legge”. Questo è il titolo del comunicato stampa della Presidenza della Conferenza episcopale italiana dello scorso 10 giugno che ha suscitato varie reazioni nel panorama ecclesiale e politico italiano: chi di vivo plauso, chi di severa critica. Come si sa, con questo breve testo – una paginetta in tutto – i vescovi sono intervenuti, con parole quanto mai ponderate, esprimendo la propria preoccupazione in riferimento ad alcune proposte di legge attualmente in discussione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.

Mentre scriviamo, tali proposte, a firma di esponenti di forze politiche di sinistra (Boldrini-Speranza, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolazzi), dovrebbero essersi tramutate in un testo unico, che attendiamo di leggere nella sua veste definitiva, anche se una bozza, considerata attendibile, è già apparsa sugli organi di stampa. Ma a che cosa mirano queste proposte di legge? Di cosa si tratta? L’intenzione – espressa già alcuni anni fa dalle forze politiche di cui sopra – è di modificare alcuni articoli della legge Mancino del ’93 (quella contro l’apologia del fascismo, per intenderci) per inserire in essa le fattispecie di “identità di genere” e “orientamento sessuale”, con l’obiettivo di combattere l’omofobia e l’omotransfobia, vale a dire l’odio nei confronti delle persone omosessuali e transessuali. Quali sono le ragioni della preoccupazione della Cei?

Se, da un lato, i vescovi italiani sono convinti che l’ordinamento giuridico attuale sia già dotato di strumenti adatti per prevenire e reprimere ogni comportamento violento e persecutorio contro queste persone, dall’altro ritengono che una nuova legge “potrebbe” aprire a “derive liberticide”, finendo per colpire l’espressione di una legittima opinione: “Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione”. Detto altrimenti, alla luce della nuova legge, affermare che la “vera” famiglia – come la Chiesa cattolica insegna – è quella costituita da un uomo e una donna si configurerebbe come reato? Si potrebbe ancora affermarlo pubblicamente, senza incappare in sanzioni? È questo l’interrogativo che sostanzialmente pongono i vescovi. Zan, uno dei relatori della proposta di legge, in una lunga intervista rilasciata ad Avvenire, non manca di dare rassicurazioni su questo punto, affermando più volte che non si vogliono colpire le legittime opinioni ma tutelare le persone più deboli e più vulnerabili, come gli omo e transessuali.

Purtroppo, alcune esperienze legislative a livello europeo – eloquente il caso di un vescovo in Spagna indagato per aver affermato che la sessualità è finalizzata alla procreazione – non sembrano andare nella direzione indicata da Zan. In attesa di leggere il testo definitivo (e unitario) delle proposte di legge, ci sembra di dover ribadire che omosessuali e transessuali sono innanzi tutto “persone” e come tali vanno rispettate. È del 1986 un importante documento della Congregazione per la dottrina della fede dal titolo “Cura pastorale delle persone omosessuali”.

Più recentemente, su questa stessa lunghezza d’onda si è espresso il card. Zuppi, arcivescovo di Bologna, che interpellato sul tema Chiesa e omosessualità ha affermato: “C’è bisogno di uno specifico sguardo sulle persone; su ogni persona prima delle categorie. Dobbiamo fare attenzione a non definire le persone a partire da una loro caratteristica – per quanto profondamente legata alla loro identità –, ma dobbiamo guardare la persona in quanto tale”. In secondo luogo, a nostro avviso, restano sul tappeto diverse domande. Ad esempio, in un momento complesso e delicato, come quello che stiamo attraversando dopo l’emergenza Covid- 19, è davvero così urgente l’istanza posta da questa legge, dal momento che i reati ascrivibili alle due fattispecie indicate sono stati, negli ultimi dieci anni in Italia, circa 200 in tutto? Non si possono percorrere altre vie? Inoltre, sarà davvero salvaguardata la libertà d’opinione, come Zan così perentoriamente assicura? E, soprattutto, si insegnerà nelle scuole, coi soldi pubblici, che un modello “familiare” vale l’altro o si privilegerà, come auspicano i vescovi, un approccio educativo mirato al rispetto della persona in quanto tale?

Forse quello che temono di più i vescovi – e noi con loro – è che la proposta di legge, in realtà, miri ad attuare una progressiva “rivoluzione antropologica” che un passo dopo l’altro demolisce o comunque modifica quelli che sono i pilastri su cui si è retta fino ad oggi la civiltà occidentale, a cominciare dalla visione dell’uomo e della donna.

Alessio Magoga

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