Editoriale
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USCIRE DA CIO' CHE E' "NELLA NORMA"

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

USCIRE DA CIO' CHE E' "NELLA NORMA"

Siamo un po’ tutti provati. Un anno e mezzo di covid ci ha sfiancato. Lo si legge nei modi in cui ci relazioniamo. Spesso emergono stanchezze che assumono i tratti dell’aggressività o di altre forme non congrue, non armoniche, di rapporto. Purtroppo le persone più deboli e fragili sono quelle che ne hanno fatto - e ne fanno maggiormente – le spese. E anche chi vive accanto a loro, insieme a loro. La speranza, molto forte, che l’estate metta la parola fine alla pandemia deve fare i conti con le varianti e con la “resistenza” del virus, il quale non sembra intenzionato a voler sparire tanto facilmente. Il timore è che nei prossimi mesi di settembre e ottobre ci si trovi nuovamente di fronte ad un’impennata di casi. Forse non più come nell’autunno del 2020, ma comunque qualcosa di temibile, che potrebbe portare con sé le conseguenti restrizioni sulla nostra mobilità, sul nostro lavoro, sul mondo della scuola... Da qui le incertezze di questi giorni, manifestate anche dalla Regione, circa la data d’inizio dell’anno scolastico, inizialmente protratta sino quasi a ottobre, poi riportata – salvo modifiche – al 13 settembre.

Siamo stanchi per quello che abbiamo trascorso e preoccupati per quello che abbiamo dinanzi. Nel frattempo ci accapigliamo tra noi. Tra colleghi, in famiglia, tra fazioni politiche, tra gruppi di sensibilità diverse all’interno delle nostre comunità cristiane… I motivi non mancano. Un’incomprensione, una parola di troppo, una visione diversa su una questione politica o sociale, letture diverse su qualche aspetto della vita della Chiesa (universale o diocesana…). Solo lo sport – in particolare il calcio, grazie alla nazionale allenata dal “Mancio” che si è guadagnata la finale degli Europei – sembra in grado di consegnarci un po’ di unità.

Complessivamente – ma posso sbagliarmi – si ricava l’impressione che non ci sia poi così grande differenza tra chi si dice cristiano e chi non lo è. Agiamo tutti allo stesso modo. Reagiamo tutti alla stessa maniera. Dov’è il “di più” evangelico? Dov’è la “differenza cristiana”? Una persona impegnata nel volontariato, non molti giorni fa, ebbe a dire - proprio in riferimento a questa mancata differenza dei cristiani rispetto agli altri - che ci comportiamo tutti allo stesso modo, dentro una logica un po’ piccolo borghese, moderatamente individualista.

Eppure il vangelo ha qualcosa da dirci per attraversare questo tempo complesso e faticoso. Se non altro può aiutarci a leggere quello che viviamo, a dargli un nome, a riconoscere ciò che non va bene… Il vangelo ci dice anche di più. Ad esempio, ci ricorda che non basta rintanarsi nel proprio nascondiglio o nella propria trincea, attendendo che passi la bufera, ma che è proprio del cristiano andare a cercare l’altro, aprire la mano, uscire allo scoperto, fare squadra. Il buon samaritano – la parabola di riferimento dell’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco – va verso l’altro: non sta sulle sue, come il sacerdote e il levita, che fanno quello che tendenzialmente farebbero tutti. Ai credenti è chiesta proprio questa capacità – oggi come sempre – di uscire da ciò che è “nella norma”. Pena che il sale perda il suo sapore e sia gettato via. In realtà, poi, trovi persone così, che prendono l’iniziativa, sorprendono, spiazzano, fanno un passo verso l’altro, aprono porte, abbattono muri. Anche solo con parole umili o con piccoli gesti sinceri di verità ed attenzione. Forse basterebbe anche solo questo. Aiuteremmo gli altri, e noi stessi, a dare un senso a questo interminabile tempo intermedio – tempo di mezzo e tempo di attesa – e contribuiremmo a renderlo più vivibile e semplicemente più umano. 

Alessio Magoga

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