Editoriale
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Una comunità viva

L'editoriale del direttore de L'Azione don Alessio Magoga.

Una comunità viva

"Il nostro Paese è una comunità viva ed è necessario che lo divenga sempre più”. Ci sembra questa la chiave di lettura per comprendere il discorso di fine d’anno del presidente Sergio Mattarella. Il suo è stato un accorato appello perché riscopriamo sempre più l’importanza delle relazioni che ci legano gli uni agli altri e ci costituiscono un’unica comunità. L’Italia come una comunità, dunque, ma una comunità viva, cioè capace di realizzare cose belle e originali con un profondo senso di umanità. Per il presidente della Repubblica questo essere “comunità viva” è già esperienza e nel 2016 l’abbiamo più volte dimostrato. “Questo senso diffuso di comunità – ha detto Mattarella – costituisce la forza principale dell’Italia, anche rispetto alle tante difficoltà che abbiamo di fronte”. Sembra di sentire in sottofondo le parole di papa Francesco quando invita i cristiani a riscoprire la gioia e il gusto di essere popolo. Il Pontefice lo ha ribadito in modo molto forte anche nell’omelia del primo gennaio, quando ha detto ai cristiani di liberarsi dell’orfanezza spirituale (sì, proprio “orfanezza”!), che ci rende indifferenti gli uni agli altri poiché “nessuno ci appartiene e noi non apparteniamo a nessuno”. La comunità va costruita, giorno per giorno, nella realtà: non è un dato di fatto, qualcosa di assodato una volta per tutte. E il Presidente ha elencato alcuni problemi che devono essere affrontati per poter custodire il senso di comunità. Il primo ad essere indicato è “combattere la disoccupazione”.

Difficile non condividere questa diagnosi: è un dato sotto gli occhi di tutti che la crescita della disoccupazione e conseguentemente l’impoverimento dei cittadini fanno crescere le tensioni e l’instabilità. Il Presidente ha poi detto che ci sono “difficoltà e sofferenze di tante persone che vanno ascoltate” e che non vanno sottovalutate le “ansie diffuse nella società”, provocate in modo significativo dalla minaccia del terrorismo. Tra gli insidiosi nemici della convivenza comune Mattarella ha riservato un posto del tutto particolare al fenomeno – in preoccupante ascesa – costituito dall’odio come strumento di lotta politica: “L’odio e la violenza verbale, quando vi penetrano, si propagano nella società, intossicandola. Una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvivenza. Tutti, particolarmente chi ha più responsabilità, devono opporsi a questa deriva”. Anche in questo caso, sembra di sentire riecheggiare le parole di papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, che reca il significativo titolo: “La non violenza: stile di una politica per la pace”. La non violenza deve diventare stile anche nel linguaggio politico (ma non solo: anche in quello familiare, in quello del mondo del lavoro…). Purtroppo, penso ad alcuni striscioni comparsi recentemente con delle parole che – come ha scritto con indignazione un confratello della diocesi di Treviso – “massacrano come bombe” e sono una “bestemmia contro l’uomo e contro Dio: tutto il contrario della volontà di voler risolvere”. Davvero stiamo attenti all’uso delle parole e non sottovalutiamone l’efficacia nel bene ma purtroppo anche nel male. Mattarella si è rivolto anche ai giovani, soprattutto a quanti vivono come precari o devono lasciare l’Italia per cercare il lavoro. Con preoccupazione ha affermato: “Se si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni si è di fronte ad una patologia a cui bisogna porre rimedio”. Anche papa Francesco nell’omelia tenuta il 31 dicembre ha parlato – ampiamente – dei giovani e dell’impegno che spetta agli adulti per “aiutare i nostri giovani a ritrovare qui, nella loro terra, nella loro patria, orizzonti concreti di un futuro da costruire”. All’inizio del nuovo anno auguriamoci di essere sempre più “comunità viva”, nell’ambito civile come in quello ecclesiale, perché solo unendo le forze si può realizzare “un sogno comune”.

Alessio Magoga

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