L'arte di educare
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L'arte di educare. Grest, ma non solo

La rubrica di Matteo Pasqual

L'arte di educare. Grest, ma non solo

Si chiamano in tanti modi diversi Gr.est, Centri estivi, Estate Insieme, ma tutti riconducono ad un’esperienza comune. Ciascuno di noi ha nella propria storia di vita un ricordo, o più d’uno, legato al mondo dell’animazione estiva e ciascuno di noi lo conserva in uno spazio emotivo diverso; le esperienze sono tali perché al ricordo associano un’emozione e questa le imprime indelebilmente nella nostra storia. Ecco perché l’animazione è una cosa maledettamente seria, perché ha a che fare con le emozioni e con il tempo che queste tendono a conservare in ricordi e quindi come dice la Volpe al Piccolo Principe: “tu sei responsabile per sempre di ciò che hai addomesticato”.

Questa realtà è spesso dimenticata, si pensa che l’animazione abbia un carattere effimero, legata più al divertimento imminente che a una dimensione temporale più ampia, si crede che basti buttare una palla e tutto finisca lì, ma la faccenda è ben più ampia ed articolata perché l’animazione è una forma privilegiata di educazione e l’educazione è l’arte di diventare uomini e donne.

Nelle diverse occasioni da formatore di gruppi di giovani che si occupano di animazione estiva, il primo pensiero che spingo a fare è in merito alla parola: anima-azione, è l’azione dell’anima! Si parte subito dalle cose difficili perché l’animazione non è per tutti perché non posso dare ciò che non ho. E quindi devo prima riconoscermi voluto, amato, donato di quell’aspetto straordinario, l’anima, che mi rende ad immagine e somiglianza di quel Buon Dio che me l’ha donata. Questo è il centro di tutto, per meno di questo non illudiamo i nostri giovani, l’entusiasmo è passeggero se non entra nella gioia, l’emozione è ingannevole se non lascia spazio all’amore, il tempo rimane vuoto se non è speso per gli altri. Dobbiamo essere veri, noi educatori, consacrati o laici, quando ci rivolgiamo ai giovani che si approcciano a questo meraviglioso mondo e dire, e testimoniare con le nostre azioni, la realtà nella quale vogliamo farli entrare.

L’animazione ha a che fare con tutta la persona, con le sue relazioni, con il suo tempo, con la sua vita. Non è un tempo limitato, non è uno spazio limitato, non è una parte del tutto ma è il tutto in una parte. È una palestra che serve a scoprire sempre più la propria personalità, il proprio posto nel mondo con semplicità ma con verità.

Siccome i giovani animatori, quando si parla di amore, di scoperta di sé alzano le antenne con attenzione è facile che questo offra uno spazio di dialogo che apparentemente ci allontana dal nostro punto di partenza per cadere su altre situazioni concrete della loro esistenza come le droghe, la sessualità, la violenza. Ad una lettura trasversale di questa riflessione qualcuno potrebbe rimanere sconcertato nell’analisi che sto facendo affiancando temi così apparentemente diversi e perciò provo a chiarirmi con questi altri due suggerimenti. Il primo è che dobbiamo smetterla di separare le cose: la scuola forma cittadini e la famiglia le persone, la parrocchia è detentrice solo delle questioni spirituali e lo sport solo del benessere fisico, ecc…

Dobbiamo per primi noi adulti mostrare un modello educativo organico, noi per primi abbiamo perso la capacità di fidarsi degli altri e pensiamo egoisticamente che il nostro modo di vivere sia indiscutibilmente migliore, ricominciamo a costruire alleanze.

Il secondo riguarda la nostra paura di affrontare i temi caldi della vita; se a tavola, in famiglia, in parrocchia a scuola non tocco l’amore e la morte non sarò in grado di insegnare - segnare dentro - la vita di questi giovani. Ancor di più, se non vivo con interesse, passione la mia vita tanto da mostrare con i fatti la bellezza e l’entusiasmo, pur nelle fatiche quotidiane, dell’essere un uomo, una donna, amati come fanno loro a sentirsi parte di una realtà straordinaria?

Ecco che un buon Gr.est. diventa un tempo pensato per costruire l’adultità dei giovani attraverso la meravigliosa esperienza del donarsi per ritrovarsi nell’altro, spendersi per arricchirsi, incontrarsi per conoscersi nel profondo e magari coltivare per il resto della vita la nostalgia di quelle emozioni che poco a poco si trasformeranno in un desiderio di bene per sé e per gli altri.

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