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Il servo-agnello di Dio

La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.

Il servo-agnello di Dio

Domenica 15 gennaio - II del tempo ordinario - anno A - seconda settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 49, 3. 5-6; Salmo 39; 1Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà ncora Giovanni Battista! Nel giro di poche settimane questa è la quarta volta che la liturgia ci mette davanti agli occhi Giovanni il battezzatore. Giovanni, vedendo Gesù venirgli incontro, dice: “Ecco l’agnello di Dio”. Parole diventate così consuete nelle nostre liturgie che quasi non avvertiamo più il loro significato. Chiaramente non si tratta semplicemente dell’immagine naturale dell’agnello come animale mite e mansueto; all’interno della cultura biblica invece riconosciamo l’agnello come il simbolo della Pasqua, la vittima sacrificale connessa all’evento della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. L’agnello pasquale infatti è il segno dell’intervento di Dio che libera il suo popolo e gli fa A compiere il passaggio verso una libera e amichevole relazione. Ma l’immagine dell’agnello era stata usata dai profeti anche per indicare un uomo mansueto, mentre viene condotto al macello. Proprio la figura del servo sofferente che libera il popolo dai peccati con la sua morte è stata determinante per attribuire a Gesù il titolo di Agnello. Gesù quindi è il liberatore che muore, cioè colui che libera dai peccati attraverso il sacrificio della propria vita, come l’autentico Servo di Dio.

Un agnello non può fare paura, non ha nessun potere, è inerme, rappresenta il Dio mite e umile (se ti incute paura, stai sicuro che non è il Dio vero). Ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo, che rende più vera la vita di tutti attraverso lo scandalo della mitezza. “Ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo”. Non “i peccati”, al plurale, ma “il peccato” al singolare; non i singoli atti sbagliati che continueranno a ferirci, ma una condizione, una struttura profonda della cultura umana, fatta di violenza e di accecamento, una logica distruttiva, di morte. In una parola, il disamore. In che modo toglie il peccato del mondo? Con il castigo? No, con il bene. Per vincere la notte comincia a soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile, semina milioni di semi, per disarmare la vendetta porge l’altra guancia, per vincere la zizzania si prende cura del buon grano nel campo. Le immagini di agnello e di servo applicate a Gesù dicono lo stile della vita del cristiano, chiamano all’offerta generosa della propria esistenza. Dobbiamo però stare molto attenti a non leggere questa liberazione dal peccato come un evento magico o come un’azione divina e inarrestabile che sorpassa la libertà dell’uomo!

Nel cammino della fede e della conversione del cuore non ci sono bacchette magiche, né anestesie mistiche. Nessuno più di Gesù desidera la mia gioia, ma io devo scegliere di essere un suo collaboratore! Devo scegliere di lasciarmi salvare! All’inizio di questo tratto di cammino siamo messi in guardia: non basta stare con le braccia conserte sulla poltrona scrutando l’orizzonte in attesa della salvezza. Coraggio, fratelli! Dobbiamo scegliere Gesù, Agnello di Dio che si dona a noi! Scegliere di farci raggiungere nel cuore e mettere tutto nelle sue mani, questa è l’unica scelta che non delude. Mai! Siamo pronti?

Don Piergiorgio Sanson

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