Oggi Domenica
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Malattia per la gloria

Oggi Domenica: la riflessione sulla Parola di Dio domenicale.

Malattia per la gloria

V DI QUARESIMA/A

Ezechiele 37, 12-14; Salmo 130; Romani 8, 8-11; Giovanni 11, 1-45              

Quante volte, durante la lunga esperienza missionaria in Brasile, mi sono vergognato delle mie lamentele mentre visitavo e assistevo malati e persone in condizioni disastrose, eppure sereni e speranzosi! L’abbandono alla volontà di Dio è come spontaneo, specialmente tra la gente semplice, perché hanno maggior consapevolezza della precarietà del nostro pellegrinaggio su questa terra. Raramente ho avvertito lamenti e reazioni, ma mai ribellioni. Pensando a una certa mentalità diffusa nel popolo italiano (che pare quasi avanzare pretese o diritti nei confronti di Dio o, addirittura, si ribella), vorrei cercare di capire il perché di comportamenti così diversi, per non dire opposti. Per esempio, la bestemmia - purtroppo ancora così frequente nella bocca di troppi cattolici (o presunti tali) - è un sintomo che dovrebbe farci inorridire. Nel linguaggio e gergo brasiliano, invece, non esiste niente di equivalente alla “nostra” bestemmia.         

Mi pare di cogliere una divergenza fondamentale nel modo di considerare la parabola dell’esistenza umana. L’atteggiamento religioso, grazie al quale facciamo costante riferimento a Dio nelle nostre vicissitudini quotidiane, scioglie le nostre difficoltà e tensioni per collocarci in una prospettiva più ampia, poiché ci sentiamo amati e sostenuti da quel Padre dal quale veniamo e al quale stiamo ritornando. È quell’abbandono fiducioso del bambino nelle braccia della mamma che lenisce le sofferenze, asciuga le lacrime, consola e calma ogni ansietà e preoccupazione.

Nel vangelo odierno percepiamo lo stile di Gesù nel seguire la malattia e la morte di Lazzaro, come manifestazione della cura e del carinho del Padre per ciascuno di noi. Con le sorelle Marta e Maria, Lazzaro faceva parte di una famiglia prediletta che ospitava cordialmente Gesù e i dodici. Alla morte di Lazzaro, Gesù scoppiò in pianto al punto da far dire ai Giudei: “Guarda come lo amava!”. La rivivificazione di Lazzaro è l’ultimo dei sette segni della messianicità di Gesù, secondo il vangelo di Giovanni, e la preparazione alla risurrezione di Gesù stesso. Ma nei piani dei Giudei quell’amore che ridona la vita si trasformava nella causa immediata della morte di Gesù. È terrificante questa reazione negativa che coinvolgeva pure Lazzaro (Gv 12, 10). Ma Dio sa ricavare il bene anche dal male, perché manifesta la sua onnipotenza soprattutto in questa trasformazione: un’alchimia divina. Sullo sfondo del “Lazzaro, vieni fuori!”, intravediamo la gloria assoluta del Crocifisso risorto.

Il cristiano, battezzato-immerso nel dinamismo esistenziale della fede, riesce a vivere la malattia e ogni forma di fragilità con la serenità e la speranza che “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio” (Rm 8, 28). La nostra testimonianza diventa veramente credibile quando manifestiamo la luce di Dio nelle situazioni più dolorose e intricate. È il vertice del Maestro.

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