Oggi Domenica
stampa

Un padrone ingiusto?

La riflessione sul Vangelo della domenica.

Un padrone ingiusto?

Domenica 24 settembre - XXV del tempo ordinario - anno A - prima settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 55, 6-9; Sal 144; Fil 1, 20c-24. 27a; Mt 20, 1-16

Il Signore è vicino a chi lo invoca

Il Padrone di casa esce all’alba per cercare operai per la sua vigna. Alle sei del mattino arruola il primo gruppo e stabilisce la paga: un denaro, secondo quei tempi una cifra niente male. Poi esce alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque, e ogni volta arruola nuovi operai, ma senza stabilire la quota per il lavoro. Alla fine della giornata, al momento del pagamento, il padrone parte dagli operai delle cinque del pomeriggio e si crea la suspence: agli ultimi viene dato un denaro. Ai primi allora cosa darà il padrone? A quelli che hanno sopportato il peso della giornata, la fatica ed il caldo, che mai verrà dato? Le speranze dei lavoratori della prima ora vengono subito sgonfiate: anche a loro viene consegnato un denaro, il prezzo stabilito al loro ingaggio. I Questa parabola “scandalosa” cozza fortemente contro il nostro senso della giustizia e non tiene conto delle tabelle retributive sancite dagli organismi sindacali. Il rischio è proprio quello di imbarcarsi con Dio in un rapporto sindacale, dove la nostra retribuzione è stabilita in base a un merito. Mentre noi siamo preoccupati di meritarci una buona paga, Lui, il Signore, ci lascia a bocca aperta: era meritata l’accoglienza del padre verso il figlio che è scappato da casa? Era meritata la benevolenza nei confronti della prostituta in casa di Simone il fariseo? Era meritato il privilegio di un pranzo su autoinvito in casa dell’imbroglione Zaccheo? Era meritata la promessa fatta al ladrone sulla Croce di essere inquilino certo del paradiso? Lascio a voi la risposta… Decisamente la logica di Dio non è come la nostra e il grande Isaia ce lo ricorda nella prima lettura: “Perché i miei pensieri non sono come i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8). Così la partecipazione al Regno non è collegata ai meriti o ai diritti acquisiti da far valere. E non si tratta in ogni caso di una retribuzione, anche affettiva, (mi impegno in parrocchia purché mi dicano che sono bravo e non mi critichino) quanto piuttosto di una gratuita e generosa ricompensa al di là dei miei meriti. Se io penso di essere un lavoratore instancabile della prima ora, uno che ha dato a Dio fatica e impegno fin dall’inizio, e mi attendo da Lui una ricompensa adeguata, allora posso essere urtato dalla sua larghezza verso gli altri. In fondo il fariseo che è in me pensa così: “Io sono buono, io ho dato a Dio preghiere e messe, offerte, sacrifici; quegli altri non gli hanno dato quasi niente: perché li tratta come me?”. Ma agli occhi del Signore ciò che conta è la risposta positiva che si è data, la disponibilità a lasciarsi coinvolgere in una relazione nuova con Lui. Si diventa in tal modo “braccianti” che non pretendono di dettare i criteri della retribuzione e che sono pronti a riconoscere la generosità del padrone. Mentre comincia il nuovo anno pastorale, un messaggio del genere risulta più che mai attuale. Nessuno può sentirsi in diritto di far valere la sua “anzianità” o a “ritirarsi” perché sembra che non sia riconosciuto quello che ha fatto: a contare infatti è l’aver raccolto l’invito a lavorare nella vigna, mettendo a disposizione energie e risorse. Attenzione: il Regno di Dio è una grazia e se non lo si coglie come chi sa di non meritarsi nulla, si corre il rischio di aver faticato invano…

Don Piergiorgio Sanson

Un padrone ingiusto?
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento