
Sull’appuntamento referendario del 16 dicembre in 26 Comuni veneti si voterà per la fusione con altri Comuni, abbiamo interpellato il presidente della Giunta regionale del Veneto Luca Zaia.Presidente, qual è la sua opinione riguardo alle iniziative per la fusione dei Comuni?«Vedo di buon grado che i Comuni interpellino i propri cittadini per porre la questione della fusione. La fusione ci porta a resettare la macchina, fermo restando che i servizi non devono mai venir meno e devono rimanere vicini ai residenti. Il modello dei 581 Comuni veneti che la storia ci ha consegnato proviene dal passato, da anni in cui non esistevano né telefono, né fax, né internet. Da allora il mondo è cambiato, le comunicazioni si sono velocizzate, il territorio è sempre più connesso. Resta tuttavia inteso che il nuovo modello organizzativo non deve penalizzare i cittadini e che l’ultima parola spetta sempre a loro».Alla luce della sua esperienza politico-amministrativa, quali sono le dimensioni minime ottimali per l’efficienza di un Comune? Con effetti positivi in quali ambiti?«Premesso che sulle dimensioni ideali dei Comuni devono essere d’accordo i cittadini, sono convinto che in Veneto, con 5 milioni di abitanti, si potrebbe tranquillamente passare dagli attuali 570 a 150 Comuni, purché – e intendo sottolinearlo – ci sia il consenso degli amministrati».In Veneto sono tanti i Comuni piccoli, mentre in questi anni non sono state molte le fusioni avvenute. Oltre agli incentivi già introdotti, quali argomenti potrebbero incoraggiare altre realtà a valutare l’opportunità di mettersi insieme?«Mai come in questo momento storico il popolo è al centro della questione istituzionale e politica. I cittadini rivendicano il potere di decidere. Lo strumento del referendum pone al centro del dibattito la volontà reale e diretta dei cittadini responsabilizzandoli, come è avvenuto con la consultazione referendaria sull’autonomia regionale. I cittadini devono decidere se andare a votare o far mancare il quorum e quale posizione assumere rispetto al quesito posto loro. Quanto alle fusioni nel territorio vedo risultati eterogenei: ci sono comunità che esprimono subito la scelta di fondersi, altre poco interessate e altre ancora attraversate da grandi dibattiti sulle ragioni del “sì” e del “no”. Ma l’attore-protagonista di queste decisioni dev’essere il cittadino: non trovo corretto che le istituzioni si trovino a surrogare la volontà popolare. Decidere se fondere o meno il proprio Comune è una questione prioritaria e identitaria. Da parte nostra, come amministratori, siamo chiamati a informare correttamente sui pro e i contro. Poi, è il cittadino che deve decidere».Come si può salvaguardare l’identità, talvolta storica e molto marcata, dei piccoli borghi e paesini in un processo di fusione?«L’identità è un tema cruciale: ci sono Comuni con una dimensione identitaria legata direttamente alla storia, alla cultura, all’arte, al paesaggio, alle eccellenze del territorio. Sono temi da valorizzare, ma l’identità di un borgo o di un paese viaggia ormai sul canale della promozione turistica e della rete pubblicitaria che la sostiene. Il confine comunale è labile da questo punto di vista. Se poniamo attenzione, ci sono realtà famosissime, di grande eccellenza storica e culturale, ma i visitatori non fanno caso se siano Comuni o a quale Comune appartengano».Alessio Magoga