
In un tempo in cui la Chiesa è chiamata a riscoprirsi comunità in cammino, il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo, intervistato dal Sir offre una lettura lucida e appassionata dell’esperienza sinodale vissuta recentemente in Italia. Con parole che intrecciano vissuto personale, visione ecclesiale e discernimento spirituale, il porporato maltese invita a superare letture superficiali o scoraggiate del processo sinodale, evidenziandone invece la ricchezza e la forza generativa. La sua riflessione sulla sinodalità come stile permanente della Chiesa, sull’importanza dell’ascolto autentico e sul ruolo decisivo dello Spirito Santo, ponte tra l’esperienza del Sinodo e quella, altrettanto intensa, del conclave che ha eletto Papa Leone XIV.
“Per me l’ultima assemblea del Sinodo della Conferenza episcopale italiana, meglio ancora, della Chiesa in Italia, è stata un’esperienza molto positiva. Mi dispiace che alcuni non l’hanno letta bene. Non è un fallimento. Anzi, è una prova di come deve funzionare una Chiesa sinodale. I vescovi sono arrivati con un documento, hanno di nuovo ascoltato il popolo di Dio e hanno detto, allora, ritorniamo per riscrivere il documento. Frutto dell’ascolto. Questo è il cammino sinodale per me. L’esperienza ultima del Sinodo della Chiesa italiana può essere anche un esempio di come andrà avanti una Chiesa sinodale”. Queste le parole del cardinale nel commentare quanto vissuto durante la seconda Assemblea sinodale, svoltasi in Vaticano dal 31 marzo al 3 aprile scorso, con i numerosi emendamenti proposti dai 28 gruppi al documento finale, in particolare su sofferenza delle persone a causa di relazioni affettive, orientamento sessuale o identità di genere, e la responsabilità ecclesiale delle donne. Una situazione che ha portato alla decisione di rimandare i lavori all’Assemblea del 25 ottobre prossimo.
“Il Sinodo è concluso, ma la riflessione e l’impegno per tradurre la sinodalità nella vita della Chiesa, questo è un processo che richiederà del tempo, per non dire anni. Ma è stato Francesco che ha cambiato il Sinodo da un evento a un processo. Lui che era così attento ad iniziare processi. Lui non c’è, ma il processo che ha inaugurato prosegue. E ci auguriamo che in questa fase attuativa i risultati, i frutti del cammino sinodale, vengano tradotti in un’esperienza ecclesiale. Questa è la prima volta che dopo un Sinodo abbiamo tre anni non per prepararci a un altro Sinodo, ma per fare questo”.
Il card. Mario Grech precisa alcuni passaggi relativi all’ascolto, elemento fondamentale del cammino sinodale. “Una Chiesa sinodale è una Chiesa che ascolta e che ascolta tutti. Ma ascolta non le opinioni, ma gli impulsi dello Spirito. E non dimentichiamo che nel Battesimo, che è fondamentale, tutti abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. È una presenza attiva. E lo Spirito Santo ha le sue sorprese. Ora, sta a chi è messo a capo della comunità ecclesiale, intendo dire il vescovo diocesano, che è principio di unità e che è quello che può garantirci che il discernimento ecclesiale è corretto. Ma per fare il discernimento, il vescovo ha bisogno di ascoltare tutti”.
L’azione dello Spirito Santo richiama immediatamente all’ultima esperienza vissuta dal cardinale in ordine di tempo, il conclave. “Racconto l’esperienza del Sinodo, che poi abbiamo vissuto anche nel conclave. Papa Francesco usava dire che lo Spirito prima crea una confusione, ma poi crea l’armonia. Il nome dello Spirito Santo è armonia e io questo posso attestarlo. Nel Sinodo abbiamo vissuto questo momento ma, non so come spiegarlo, la presenza dello Spirito ci ha aiutato proprio ad arrivare alle conclusioni condivise. Anche l’esperienza del conclave, non soltanto i due giorni ma anche degli incontri pre-conclave, le congregazioni, era un’esperienza sinodale. Un’esperienza dell’ascolto, magari con dei contrasti, ma poi, stranamente, contrariamente alle previsioni mediatiche, quello che doveva essere un conclave lungo, l’abbiamo concluso in poche ore”.
Un punto di congiunzione che si può notare tra Papa Francesco e Papa Leone XIV è l’appartenenza di entrambi ad ordini religiosi, definita dal cardinale “un bagaglio sinodale di cui possiamo beneficiare tutti”, ribadito nella sua descrizione del nuovo pontefice: “Il cardinale Prevost, ora Papa Leone, è un vescovo sinodale. Cioè, è un vescovo che ascolta. Poi, alla fine, è lui che porta anche il peso delle decisioni finali. Ma è un uomo che ascolta”.
Le parole del cardinale Grech restituiscono un’immagine viva della Chiesa sinodale: una Chiesa che ascolta, che accoglie l’armonia generata dallo Spirito dopo momenti di apparente confusione, che si lascia trasformare da processi più che da eventi. Il riferimento all’elezione di Papa Leone XIV, vescovo proveniente da un ordine religioso e già riconosciuto per la sua attitudine all’ascolto, è un segno di continuità spirituale con l’eredità di Francesco. È proprio in questo intreccio tra memoria, cammino e discernimento che il futuro della Chiesa prende forma: non nei documenti conclusivi, ma nella conversione quotidiana al metodo sinodale.
Marco Calvarese