Benvenuti orsi, ma senza fanatismi
L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret.
Redazione Online
16/09/2014

uccisione dell’orsa Daniza e le polemiche che l’hanno seguita mi hanno fatto venire in mente il famoso brano del profeta Isaia che proclama: “La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccoli si sdraieranno assieme e il leone mangerà il foraggio come il bue” (Is 11, 7). Non è successo così in questi giorni. Il profeta annuncia qualcosa che non appartiene alla dimensione attuale della vita, ma che Dio ha in mente di realizzare per noi e lo ha confermato in maniera decisiva facendosi uomo. Chi accoglie questa promessa non può non impegnarsi ad eliminare ogni violenza dalla vita, compresa la violenza dell’uomo sulla natura con tutto il suo carico meraviglioso di vita. Ci siamo troppo allontanati dalla natura e ogni pezzetto di natura che riusciamo a rimettere nella nostra vita è una conquista e un avanzare verso la direzione che Dio ha indicato. Bene, allora, se ritornano nel nostro territorio animali da tempo assenti, ma senza perdere il senso della realtà, valutando bene le conseguenze e senza lasciarci irretire da ideologismi che stravolgono il giusto senso della vita. I sacri furori che si sono accesi in questi giorni per il caso della povera Daniza non fanno altro che ingarbugliare le cose. Se non ti schieri totalmente dalla parte dell’orsa non sei degno di stare nel consorzio umano. I politici, tutti, dentro e fuori il governo, hanno ben capito come tira l’aria e si sono subito allineati diventando improvvisamente animalisti convinti dando ancora una volta uno spettacolo sgradevole. Noi esseri umani apparteniamo al mondo degli animali e un distacco da essi ci impoverisce. Noi siamo parte di quel mondo di viventi che si manifesta con una ricchezza sbalorditiva e non dobbiamo fare nulla che possa danneggiarlo, perché così danneggeremmo la stessa nostra vita. Però dobbiamo anche renderci conto che l’ambiente vitale non è un idilliaco regno della pace e della concordia. Nella natura vige la legge del più forte. La teoria dell’evoluzione ha chiarito che la legge fondamentale che domina la natura è la lotta per l’esistenza e vince il più forte. Poi la natura mette in atto anche certi meccanismi per cui questa lotta non si risolve nel predominio assoluto di una specie, ma si crea un equilibrio che però non elimina il dato di fondo della lotta. Da quando nel mondo della vita è entrato l’uomo, le cose si complicano ulteriormente. Con le sue capacità egli ha il potere di sconvolgere questi meccanismi di equilibrio sempre instabile. Ma l’uomo ha anche la capacità di ragionare. Se egli può sottrarsi ai ritmi naturali, deve però rendersi conto dei rischi.

Deve sempre domandarsi se ciò che fa è utile o dannoso, più profondamente, se è bene o male. Nel caso specifico deve chiedersi se il riportare certe specie nel suo ambiente è conveniente. C’è sempre stata lotta tra l’uomo e gli animali a lui più vicini che condividono le sue stesse risorse. Il confronto non poteva che concludersi con la supremazia dell’uomo, estromettendo dal suo ambiente quelli che riteneva pericolosi; ma è qui che devono essere attivate le sue incomparabili risorse, che sono l’intelligenza e la coscienza, e chiedersi se sia stato bene e fino a che punto e secondo quali modalità il ritorno sia possibile. Ci sono dei problemi. Gli allevatori delle nostre montagne subiscono danni notevoli per la presenza di animali predatori. Non si può infiammarsi al punto di non considerarli. Bisogna trovare soluzioni ragionevoli.

Un più genuino amore per gli animali fa bene e migliora la vita. Abbiamo tante cose in comune, soprattutto con quelli più evoluti e più vicini a noi. Certe cose che esigiamo per noi, come evitare la sofferenza, avere il necessario per la sopravvivenza, le dobbiamo riconoscere anche a loro. Ma in questo sano avvicinamento non dobbiamo perdere la coscienza della nostra differenza. Noi non siamo semplicemente degli animali un po’ più evoluti. C’è un assurdo e sottile accanimento contro chi difende la differenza sostanziale della persona umana rispetto a tutto il resto della vita. Tutto questo è deleterio per la nostra convivenza. Per vivere bene come uomini e donne abbiamo bisogno di qualcosa che non è possibile ricevere dagli animali e che non è dovuto a loro. L’amore come comunicazione cosciente e comunione di vita non è possibile con loro, ma senza di esso non possiamo vivere da uomini e da donne. Nessun animale può sostituire questa esigenza. Uccidere un animale senza motivo è male anche dal punto di vista etico, ma con gli altri nostri simili dobbiamo andare infinitamente oltre. Gesù ha detto che se dici al tuo fratello stupido sei degno di condanna. È infinitamente più grave un’offesa o una calunnia ad una persona che l’uccisione di un animale. Solo chi riconosce questa irriducibile differenza, può veramente amare l’animale. Può veramente fare il suo bene, disinteressatamente. E provare rimorso se lo tratta male. Un animale, checché se ne dica, non è capace di questo verso un suo simile. Può seguire solo ciecamente il suo istinto che a volte favorisce e a volte elimina inesorabilmente l’altro. Senza alcun rimorso. Noi dobbiamo tentare di vivere diversamente, anche se non sempre ce la facciamo.