Domenica 12 ottobre - XXVIII del tempo ordinario - anno AIs 25, 6-10; Sal 22; Fil 4, 12-14. 19-20; Mt 22, 1-14Abiterò per sempre nella casa del SignoreQuarta settimana del Salterio
Mi ha sempre incuriosito l’ordine degli invitati alle nozze messianiche del Figlio del Padre: prima i cattivi e poi i buoni. In qualche traduzione (per distrazione o buonismo?) sono messi prima i buoni, come del resto ci aspettiamo un po’ tutti nel nostro moralismo. Mi sono anche preso la briga di cercare se veramente è così nel testo greco di critica testuale, ed ho avuto la conferma. Dopo il sorpasso delle prostitute e dei pubblicani già avviato con la predicazione di Giovanni Battista (cfr Mt 21, 31), Gesù continua ed estende a tutti le strade della salvezza. Non si tratta nemmeno di dare per cortesia la precedenza ai cattivi, perché di fatto siamo tutti peccatori.
La strategia di Dio è diversa dalla nostra e forse non c’è modo migliore per esprimere l’universalità dell’invito a far parte di quello splendido banchetto presentato dalla prima lettura odierna di Isaia. Personalmente sono sempre più convinto che tutti gli esseri umani sono sfiorati dall’annuncio del Regno, che un pizzico di idealismo passa per la mente e per il cuore di ciascuno, perché ci viene dato di vedere e cogliere esempi, testimonianze e modelli di vita alternativi al sistema dominante. Anche nelle situazioni più degradate può brillare un raggio d’amore. Spesso dove, come e quando meno ci si aspetta! Nella connessione delle due parabole evangeliche appaiono due avvertimenti. Uno riguarda gli invitati della prima ora, che al tempo di Gesù erano gli israeliti e oggi siamo noi, i popoli di antica evangelizzazione. Il nostro rischio è grande e micidiale: dare per scontata o supposta la novità del Regno, che perciò può essere rinviata a tempo indeterminato o ritenuta un retaggio del passato e una specie di diritto da gestire quando e come si vuole.
Noi, operai del Regno e servi di Dio, riusciamo a rendere noiosa perfino la freschezza del Vangelo, trasformando in dose soporifera l’amore sconvolgente di Cristo, che assomiglia piuttosto alla dinamite. Quante volte, con mia grande vergogna, ho visto giovani e neoconvertiti passarmi avanti nel Regno di Dio. L’individualismo esasperato ed altri interessi affondano il Regno dimenticando o addirittura calpestando le radici cristiane, che hanno favorito il nostro progresso, come ci richiamava san Giovanni Paolo II. Al grande papa fa eco la frase cinica attribuita all’ecclesiastico Marcinkus: gli affari non si fanno con le avemaria. Il secondo avvertimento è per tutti i commensali che hanno accolto l’invito, ma il re scorge un uomo che non indossava l’abito nuziale. L’abito rappresenta la coerenza con il dono ricevuto per esprimere nel comportamento un nuovo stile di vita. Nessuno infatti è confermato automaticamente in grazia. Paolo in Galati 5, 13 ci ammonisce: Dio vi ha chiamati alla libertà! Ma non servitevi della libertà per i vostri comodi. Anzi, lasciatevi guidare dall’amore di Dio e fatevi servi gli uni degli altri.
La riflessione verrà commentata con “Gli amici della Parola” su Radio Palazzo Carli venerdì alle 9.30 e in replica lunedì alle 18.40.