AGRICOLTURA: le aziende guidate da giovani sono le più competitive
Nel secondo trimestre del 2025 l’occupazione nei campi dei giovani sotto i 35 anni è aumentata del 18%
Agenzia Sir
10/11/2025
Notaresco, 6 ottobre 2012: persone al lavoro in vigneto per la vendemmia dell'uva - foto SIR/Marco Calvarese

Cresce la presenza dei giovani in agricoltura. Buona cosa. Che potrebbe essere buonissima se non fosse per gli ostacoli che si oppongono alle nuove leve agricole. Scogli importanti, che devono essere rimossi per fare in modo che l’agricoltura abbia un futuro davvero importante.

Il tema dei giovani in agricoltura è stato riproposto dalle cronache agricole in questi giorni. I numeri e le richieste che sono emerse delineano un quadro positivo seppur migliorabile. Secondo Coldiretti – che ha ragionato su dati Istat – nel secondo trimestre del 2025 l’occupazione nei campi dei giovani sotto i 35 anni è aumentata del 18% rispetto allo stesso periodo del 2024, in netta controtendenza con il calo del 2% registrato negli altri settori economici, dall’industria ai servizi. Il dato è stato diffuso nel corso dell’evento di consegna dei premi Oscar Green regionali a Bologna e indica una tendenza da coltivare per davvero. A conti fatti, secondo i coltivatori i giovani occupati in agricoltura sarebbero circa 122mila. E’ il segno “di un ritorno concreto dei giovani alla terra, dove le attività tradizionali si intrecciano con nuove competenze digitali e multifunzionali”. Già, le nuove competenze e la possibilità di rinnovare l’agricoltura: traguardo che i giovani possono raggiungere agevolmente, se solo avessero più spazio e strumenti. Con risultati evidenti. Le imprese agricole giovanili in termini di produttività (secondo la Rete Rurale Nazionale), arrivano alla soglia dei 4.500 euro per ettaro, il doppio della media europea e superiore a quella di Germania, Francia e Spagna. E sarebbero circa 50mila le aziende agricole guidate da giovani, la maggioranza nel Mezzogiorno.

Eppure si può fare di più. Dice l’Anga, l’associazione dei giovani imprenditori agricoli di Confagricoltura, che “in Italia i giovani agricoltori sono l’8%; in Europa il 12%, con l’obiettivo di raddoppiare questa percentuale entro il 2040”. Ma cosa manca? Cosa serve?

Il potenziale di crescita della presenza dei giovani agricoltori è ancora ostacolato da, come si diceva, una serie di scogli notevoli: la burocrazia, le difficoltà di accesso al credito, le carenze infrastrutturali e la limitata disponibilità di terre. Questioni che pesano su tutta l’agricoltura, ma che per i giovani che iniziano l’attività (oppure che la proseguono dagli “anziani”), hanno quasi la natura di catene ai piedi del progresso e dello sviluppo. Per far uno scatto in avanti, è l’opinione di Anga resa noto nel corso di un evento che ha raccolto tutte le componenti dell’Associazione, serve “un patto generazionale basato su investimenti tarati su un’agricoltura moderna e innovativa, capace di concretizzare l’impegno di sostenibilità, efficienza e produttività. Ciò significa politiche nazionali ed europee in questa direzione, in linea con l’evoluzione del mondo agricolo”. Più in generale, è l’opinione un po’ di tutti gli addetti ai lavori, servono risorse fresche da dedicare a quella parte dell’agricoltura che più di altre ha dimostrato capacità d’innovazione, competitività e inventiva nel cercare nuovi mercati.

Un’attenzione che dovrebbe essere anche al primo posto nelle politiche nazionali ed europee che, invece, stando proprio agli agricoltori, paiono orientate in altre direzioni. Per questo, tra l’altro, anche i giovani agricoltori criticano sia la prospettiva delineata per la nuova Politica agricola comune, sia quanto sta emergendo nell’ambito della Manovra 2026. Rimane però il dato di fondo: se l’agricoltura e l’agroalimentare vogliono guardare avanti, devono farlo con gli occhi dei giovani.

Andrea Zaghi