
Si celebra oggi - 29 settembre - la sesta edizione della Giornata Internazionale della Consapevolezza delle Perdite e degli Sprechi Alimentari, istituita dalle Nazioni Unite con la risoluzione 74/209 del 19 dicembre 2019, per sensibilizzare sull’importanza di ridurre lo spreco di cibo lungo la catena di produzione e consumo, come previsto al punto 12.3 degli Obiettivi di Sostenibilità dell’Agenda 2030 che chiede di “dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo e ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento”, entro il 2030.
E' un traguardo che appare tuttora lontanissimo: secondo la FAO, ogni anno vengono sprecate nel mondo oltre 1,5 miliardi di tonnellate di cibo – un terzo del cibo prodotto nel mondo – per un valore economico che arriva a 1.200 miliardi di dollari. Le famiglie rappresentano il 60% dello spreco alimentare globale (UNEP, 2024). E solo in Europa, ogni anno vengono gettate 59 milioni di tonnellate di cibo, per un valore di 132 miliardi di euro. In media, ogni cittadino europeo spreca circa 70 chili di cibo in ambito domestico e 12 chili nei ristoranti. Intanto, nel 2023, una persona su 11 nel mondo soffriva la fame (FAO et al., 2024) e circa il 28,9% della popolazione mondiale, ovvero 2,33 miliardi di persone, soffriva di insicurezza alimentare moderata o grave nel 2023 (FAO et al., 2024).
E quella 2025 è un’edizione speciale della Giornata Internazionale della Consapevolezza delle Perdite e degli Sprechi Alimentari, perché si celebra nel decennale dall’adozione dell’Agenda ONU 2030 con i 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile. E in Italia siamo a quasi 10 anni dall’approvazione della Legge Gadda, in vigore dal 2026.
Secondo il nuovo rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International, presentato nei giorni scorsi, lo spreco alimentare in Italia è sceso di 95 grammi settimanali, passando da 650 a 555,8 grammi.
Ciò dimostra che è aumentata la consapevolezza del legame fra spreco e ambiente, ma è lontano il traguardo fissato per il 2030 di 369,7 grammi settimanali.
Si spreca meno al centro (dato record: 490,6 g) e al nord (515,2 g) e più al sud (628,6 g), sprecano meno le famiglie con figli (-17%) e i grandi Comuni (-9%). Nella hit dei cibi sprecati la frutta fresca (22,9 g), la verdura fresca (21,5 g) e il pane (19,5 g), segue l’insalata (18,4 g) e cipolle/tuberi (16,9 g).
Nel 2025 delle guerre in ucraina e medio oriente, e dell’emergenza climatica, Waste Watcher evidenzia il legame fra le guerre, i dazi e la crisi climatica.
Più di 1 italiano su 3 (il 37%) sceglie prodotti Made in Italy in un contesto di guerre e crisi dei dazi. E 2 italiani su 3 (66%) hanno aumentato o tenuto alta l’attenzione all’ambiente. Un italiano su due presta più attenzione all’impatto ambientale dei prodotti alimentari che acquista nel tempo della crisi climatica.
E la generazione Z diventa motore di cambiamento in Italia: i “nativi digitali” mostrano comportamenti virtuosi: riutilizzano gli avanzi (+10% rispetto alla media), condividono il cibo (+5%), acquistano frutta e verdura di stagione (+2%) e prestano più attenzione all’impatto ambientale (+2%). La forza delle giovani generazioni sta nella creatività digitale e nella capacità di attivare reti e relazioni: un modello positivo che può ispirare le generazioni future e coinvolgere quelle meno digitali.
L’Italia risulta essere mediamente più “sprecona” di Germania, Francia, Spagna e Olanda.
E l’Europa, con la Direttiva del 9 settembre scorso, ha abbassato l’asticella dei suoi obiettivi di riduzione, scendendo al 30% e “tagliando” il concetto di perdite alimentari per focalizzarsi sui consumi (retail-ristorazione-sprechi domestici). Mentre l’Obiettivo 12.3 dell’Agenda ONU 2030 chiede di dimezzare (−50%) le perdite e gli sprechi alimentari entro il 2030, in tutti i segmenti della filiera.