Servono scuole della fede
Don Giorgio Maschio ha terminato il commento ai Vangeli nel nostro settimanale
Federico Citron
29/11/2024
Don Giorgio Maschio predica gli esercizi ai vescovi del Triveneto

Con il commento al vangelo di domenica 24 novembre, festa di Cristo Re, don Giorgio Maschio ha concluso il suo impegno di spezzare la Parola di Dio con i lettori dell’Azione, iniziato tre anni fa. Don Giorgio, che è parroco di Portobuffolè e professore della Scuola diocesana di formazione teologica, ci ha accompagnati per un ciclo triennale: ha iniziato con il vangelo di Luca (anno liturgico C), quindi Matteo (anno A), e quest’anno Marco (anno B). Ora, i commenti del nuovo anno liturgico (vangelo di Luca), saranno curati da don Andrea Dal Cin.

Don Giorgio già aveva prestato questo servizio nel 1991, per un solo anno liturgico. «Allora ero responsabile della comunità vocazionale di Premaor - racconta - e dopo un anno non me la sentii più di proseguire perché l’impegno era notevole. Tre anni fa è arrivata, all’improvviso, la proposta di spiegare il vangelo della domenica, ho accettato e devo dire che per me questo servizio è stato una grazia perché mi ha stimolato a dedicarmi in modo ancor più approfondito e prolungato alla Parola di Dio. E la Parola si merita tutto questo! Per tre anni, ogni domenica pomeriggio mi sono dedicato alla lettura e alla riflessione di vangelo e letture della domenica successiva per capire cosa sta veramente dicendo Gesù. In questo mi hanno aiutato validi testi esegetici e di padri della Chiesa. Questi ultimi sono miei compagni di viaggio da quarant’anni, avendo insegnato a lungo patrologia».

Rispetto ai contenuti dei commenti di trent’anni fa, cos’è cambiato?

«Allora ero più ottimista e più... spavaldo. Rileggendo i testi di quel tempo, trovo delle ingenuità. Diciamo che oggi sono più attento a tutto, perché ho ancor più maturato la consapevolezza che quanto io scrivo non è il “quinto” vangelo. I credenti vanno in chiesa per ascolta la Parola di Dio, non quella del prete. Per questo è necessario uno studio approfondito, prima di scrivere e parlare. Ho pensato i miei contributi come uno stimolo al pensiero sul vangelo, anche inquietando il lettore».

Nei tuoi commenti c’erano pochi riferimenti all’attualità. Come mai?

«È stata una mia scelta. La mia era una spiegazione della Parola, l’attualizzazione spetta poi a ciascun sacerdote nell’omelia e a chi conduce incontri di lectio. Anche a me serviva da “base” per l’omelia fatta su misura per la mia comunità, quindi con riferimenti agli eventi più importanti che, nella settimana trascorsa, hanno riguardato la comunità stessa, la chiesa e il mondo intero». Nelle tue riflessioni dai sempre grande rilievo alla Chiesa «È quanto mi ha insegnato la patristica. La natura della Chiesa è di essere sposa di Cristo, sacramento di salvezza, completamento di Gesù. Oggi, purtroppo, non si riesce più a vedere la bellezza della Chiesa perché essa subisce attacchi subdoli e critiche continue».

Cosa non deve esserci in un’omelia?

«Il sostegno a un’opzione politica piuttosto che a un’altra. La gente lo rifiuta. Questo non vuol dire non occuparsi dei valori morali e dei comportamenti retti: questo è il campo dell’omelia». E cosa deve esserci? «Dobbiamo rifarci ai padri della Chiesa, che erano vescovi e non predicavano in astratto, ma tenevano insieme dottrina, applicazione e liturgia».

Hai avuto reazioni da parte dei lettori?

Sì, e sempre positive. So che le mie riflessioni vengono utilizzate in alcune comunità. Per chi lo desidera, continuerò a pubblicarle nel sito della parrocchia www.parrocchiaportobuffole.it».

La sensazione è che, dopo anni di grande interesse per la Parola, ora vi sia una sorta di reflusso. È così?

«Se la Parola viene presentata in modo serio, le persone iniziano ad amarla. Ne ho esperienza concreta alla Scuola di formazione teologica promossa dalla nostra diocesi, dove insegno da molti anni: chi la frequenta rimane stupito da quanto scopre e confessa di non aver mai sentito certe cose». La Scuola richiede un certo impegno di tempo (due pomeriggi alla settimana a Vittorio).

C’è qualcosa di più snello che si può pensare per avvicinare i battezzati alla Parola?

«Da tempo ho maturato la convinzione che a livello zonale - penso alle foranie - si debbano avviare scuole della fede, anche con una sola sera la settimana, per uno o due anni, in cui presentare l’intero disegno della salvezza, basandosi sul catechismo della Chiesa Cattolica come libro di testo. Il catechismo è costruito molto bene e conoscerlo è fondamentale per un credente perché gli apre vasti orizzonti».

Federico Citron