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Marta ci ha insegnato che non esiste la parola amore, ma gesti di amore

Era capo scout, è mancata a soli 36 anni.

Marta ci ha insegnato che non esiste la parola amore, ma gesti di amore

Aveva solo 36 anni Marta Meneghetti, originaria di Conegliano ma residente a Padova da quando si era sposata con Alessandro nel 2010. Poco tempo dopo, esattamente quattro anni e mezzo fa, la scoperta di una malattia grave – una forma tumorale al fegato e al pancreas – che l’ha condotta alla morte nella notte del 26 dicembre, il giorno di S. Stefano. In tanti – commossi – hanno partecipato al suo funerale, che si è celebrato sabato 30 in duomo a Conegliano, nello stesso luogo in cui a febbraio era stato celebrato il funerale della madre Elvina, anche lei molto conosciuta in città e colpita dalla stessa malattia della figlia. C’erano gli amici e i parenti, i compagni di studio e di insegnamento, gli studenti: in quanto biologa, era professoressa di materie scientifiche e aveva insegnato anche al Collegio Balbi-Valier di Pieve di Soligo. C’erano gli scout – quelli della zona di Vittorio Veneto e quelli di Padova – cui Marta era molto legata. Un suo ricordo nell'Azione di domenica 7 gennaio. Qui proponiamo l'omelia della liturgia eucaristica di commiato di padre Silvano della comunità dei Dehoniani di Conegliano.

Marta, Marta... quel tuo nome ripetuto da Gesù nel vangelo chissà quante volte in questi giorni ci è venuto in mente.  Quante volte anche noi l'abbiamo ripetuto, come se volessimo risvegliarci da un sogno, da qualcosa che con fatica vogliamo ammettere. Ci avevi sempre spiazzato e sorpreso con le tue risalite, con la capacità che avevi di riprenderti, aggrappandoti alle tue energie, alle amicizie, alle preghiere. Pensavamo, speravamo,  che anche questa volta... invece eccoci qua con tanto dolore, ma soprattutto con tanto amore, perchè quello che viviamo oggi è un amore che abbiamo ricevuto. Sei nata a vita nuova all'indomani del ricordo della nascita di Gesù, ma la tua vita è stata un inno alla vita e all'amore, specialmente in questi ultimi anni.  Ora, finalmente liberata da quel male che hai affrontato con speranza e ironia, puoi raggiungere l'abbraccio di Dio Padre e di tua mamma Elvina.  Oggi siamo qui per dirti grazie per quello che ci hai dato. Per l'amore alla vita che ci hai regalato. Oggi siamo qui per dirti che ti abbiamo voluto bene, ti vogliamo bene, ti vorremmo sempre bene. Mi scriveva ieri la superiora delle clarisse del monastero di clausura di Borgo Valsugana, che tanto hanno pregato per te: “anche noi abbiamo voluto bene a Marta, tanto” … è vero... ti abbiamo volto bene, tanto!! Nel mondo siamo chiamati a diffondere questo amore che è luce, la vera Luce che è venuta nel mondo. “Dobbiamo fare luce”, dice un testo di Ligabue in una canzone cantata da Morandi, con cui  ti sei fatta fotografare qualche mese fa.

Cara Marta  in quest'ultimo periodo sono venute meno le tue forze. Sabato scorso, a quest'ora, con un filo di voce e aprendo a fatica gli occhi mi hai detto: “Silvano, non ce la faccio più”. Stranamente lo dicevi proprio tu, esperta nel tradurre il verbo amare nel verbo  fare. Perché mi hai insegnato che non esiste la parola amore, ma gesti di amore. Per questo hai scelto questo vangelo di Luca in cui si racconta di Marta  tutta presa dai servizi domestici. Ti riconoscevi in quel personaggio. Era il tuo vangelo preferito. L'avresti quasi voluto anche al tuo matrimonio, come te l'ho ricordato in quell'omelia di circa 7 anni fa. Poi, appena saputo della natura della malattia che ti avevano diagnosticato,  mi hai detto: “voglio questo vangelo al mio funerale”. Era la fine di agosto del 2013. E' lì che hai iniziato a lottare, senza indietreggiare, affrontando cure dolorose, giornate di speranza e giornate di buio. Coltivando ancor più le tue amicizie, così grandi, belle e preziose. Ha spiazzato con la tua voglia di vivere non solo i medici, ma noi tutti. Hai continuato a insegnare, a fare la capo scout, mettendoti a disposizione anche per i campi di formazione. Hai smosso mezzo mondo. Hai scritto al papa e lui puntuale, vero galantuomo, ti ha telefonato ed è iniziato un rapporto di fiducia che ti dava forza e coraggio. Hai intensificato ancor di più i tuoi giorni gustando ogni occasione di incontro, di gioia, quando la salute ti permetteva. Il pensiero della morte l'avevi ben presente, ma non ti ha frenato né ti ha tolto energie,  Hai imparato a convivere con il limite della malattia ma senza limitare quello che eri, anzi imparando un nuovo modo di stare in questo mondo, un nuovo modo di vivere le relazioni. Come se la malattia, scavandoti, ti avesse resa ancor più vera, più profonda, più libera. Tu Marta, instancabile e coraggiosa, hai imparato che bisogna avere coraggio anche nel dire sono stanca, ho paura. Tu lottatrice, caparbia e forte, hai imparato a chiedere aiuto, a manifestare apertamente le tue debolezze. Tu che hai sempre programmato tutto, che pensavi a tutto e a tutti, hai imparato a lasciarti fare, ad affidarti e a rimettere la tua vita nelle persone che amavi e nel cuore del buon Dio. Più il male ti mangiava e più si moltiplicavano le tue energie, i tuoi interessi, la tua voglia di vivere. Se la Marta del vangelo era tutta presa dalle faccende domestiche tu hai imparato pian piano cosa vuol dire l'ascolto. Cosa vuol dire stare ai piedi di Gesù, come Maria, e rimanere contemporaneamente sensibile a quello che gli altri vivevano.

In tutto questo c'è un miracolo che hai compiuto: hai fatto risvegliare in noi la parte migliore, come dice Gesù nel vangelo, la parte cioè che che conta,  che rimane,  che non si arrugginisce. Tu ci hai portato da Lui. Ci hai detto che è lì il centro, l'inizio, non la fine ma il fine. Almeno io, non so voi, sento che la tua presenza e il tuo passaggio tra noi ha messo in luce quello che spesso neppure in questo periodo natalizio riusciamo a cogliere: la bellezza del dono della vita che abbiamo ricevuto e la meraviglia del dono della vita di Dio dentro di noi. Hai risvegliato in noi l'amore vero, quello che viene dall'alto.  Una delle tante cose che mi ha colpito di questi anni è la catena di affetti e di amicizie che hai messo in piedi e oggi voi ne siete segno. Ho trovato e conosciuto, anche attraverso il racconto che mi facevi, persone  straordinarie, fantastiche che si sono affiancate a te, che ti hanno dato una mano, mandate da Colui che mai ci lascia soli.  Il vero amore esce e si manifesta in questi frangenti fatti di prove, di buio, di lotta, come oro passato al crogiolo. La tua presenza, come una fornace, ha messo in luce la natura dell'amore e la sua verità più profonda. Ne ha svelato la sua vera anima e il suo vero volto.

Siccome tu programmavi tutto, hai voluto che oggi leggessi un brano di un canonico inglese che Sara mi ha consegnato e che tu avevi postato. Hai fatto tue queste parole che ora sentirete per dirci come tu ora stai, dove  sei, con chi sei: La morte non è niente. Sono solamente passata dall'altra parte: è come se fossi nascosta nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi ha sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce,non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il suo significato che ha sempre avuto:  la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontana, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

Tu sei qui, non sei distante. Sei con il Dio di Gesù Cristo  che celebriamo vivo, presente qui, ora,  in mezzo a noi. Ora tutto ti è chiaro perché sei nella luce di Dio, ora sai cos'è l'amore perché sei nell'abbraccio del Padre. Ora i tuoi occhi vedono quello che noi non vediamo. Ora conosci. Ora hai la risposta a quelle domande che mi ponevi: perché tutto questo a me? Perchè tanta sofferenza?

Infine, cara Marta, ho aggiunto un altro pezzo di vangelo  che parla di te. É il vangelo di Giovanni nell'episodio della morte e risurrezione dell'amico Lazzaro. Marta, sorella di Maria, è colei che va incontro a Gesù. Ancora una volta è lei che si muove, è lei che fa il primo passo, anche in amore si fa sempre il primo passo, perchè Dio ama così e ci dà la capacità di amare così. Lui ama sempre per primo. Marta nel vangelo protesta (su questo ti rassomiglia): se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. È il coraggio di dire le cose in faccia, chiare, senza timori, con libertà. Perché nell'amore vero c'è libertà. Ma poi la Marta del vangelo esprime la sua fede, fede in Gesù, l'amico Gesù. Anche per te Gesù è sempre stato un amico! In uno dei tanti messaggi che mi hai mandato e che conservo mi scrivevi: “Dio mi aiuta a stare meglio, mi dona la forza di vivere, io lo prego tanto e ho imparato a pregare nella malattia”. Ma proprio a Marta, e non a sua sorella Maria, viene rivelato il punto più alto del vangelo, la verità più profonda del nostro credere: io sono la risurrezione e la vita. Lei crede: si o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Siamo qui per questo, per credere in Gesù che è risurrezione e vita. Ce lo chiede la nostra cara Marta che non ha più bisogno di credere perché è in Lui.

Usciamo allora da questa chiesa non con un cuore mesto e triste, come se si fosse conclusa una bella storia. Torniamo  nelle nostre case con questa forza di amare e di portare l'amore di Dio proprio là dove Lui ci ha collocati su questa terra. Oggi qui non abbiamo pronunciato la parola fine. Tu o Signore ci fai pronunciare la parola vita, vita per sempre, vita di Dio, che noi già su questa terra possiamo assaporarla quando ci amiamo. Questa vita l'avremmo voluta gustare ancora con te Marta, come l'avremmo voluta! Ora dici, non solo a tua sorella Sara, a papa Antonio e al marito Alessandro, ma a tutti noi, di credere, di amare, di portare la Sua luce in questo mondo. Tu ci darai una mano in questo compito. Rimarremo sempre uniti, nulla ci potrà separare dall'amore di Cristo, nulla ci potrà separare da te cara Marta. Te lo diciamo noi tutti qui, in questo giorno, in questa tua nuova nascita: ti abbiamo voluto bene e te ne vorremmo sempre!!

Marta ci ha insegnato che non esiste la parola amore, ma gesti di amore
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