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Vazzola: professione perpetua per Nicoletta Falzoni

Sabato scorso nell’abbazia benedettina dell’Isola di San Giulio.

Vazzola: professione perpetua per Nicoletta Falzoni

Sabato 6 maggio nell’abbazia benedettina dell’Isola di San Giulio (Novara) retta dalla badessa Anna Maria Cànopi, ha fatto la professione religiosa Nicoletta Falzoni, ora suor Maria Fides, di Vazzola. A condividere questa tappa fondamentale della sua vita, dal suo paese natale, con un pullman e altre auto, giungeranno sul lago d’Orta i familiari, il parroco don Massimo Bazzichetto e amici e conoscenti.

Suor Maria Fides, come è arrivata a riconoscere la sua vocazione? Quale il cammino compiuto in questi anni?«Credo di poter definire la mia chiamata come una “vocazione lampo”. Dal mio primo pellegrinaggio a Medjugorje nell’agosto del 2011 alla domanda di ingresso in monastero è trascorso soltanto un anno, tutto costellato dal desiderio sempre più crescente di preghiera, di comunione con Maria e Gesù... fino a giungere a riconoscere che il fatto che io avessi conosciuto l’Isola non si era assolutamente verificato per caso e che proprio qui mi sentivo veramente a casa.Di fronte alla chiamata di Dio si percepisce un timore dato dal senso di inadeguatezza: come possiamo con tutti i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre infedeltà, essere all’altezza della vocazione e “giocarci tutto”? Questo “santo timore di Dio”, questo riconoscersi creature di fronte all’Autore della nostra vita, questo sentirsi piccoli, è stato il sentimento che ha provato Maria ed è proprio a partire da questa umiltà che sentiamo il bisogno di chiedere aiuto al Signore come un bambino chiede soccorso al proprio padre. In questi anni ho capito anche che il Signore non chiama a fare o non fare qualcosa, ma a “lasciarci fare”, ad aderire in tutto alla sua volontà, proprio come intendeva santa Teresa di Calcutta quando si definiva una semplice matita nelle mani dell’artista Divino. È Lui che fa, attraverso di noi».

Come spiega ai familiari, amici e conoscenti questa sua scelta di consacrazione a Dio?«La spiegazione più semplice ed essenziale che riesco a dare è che mi fido di Gesù. Ho riconosciuto che attraverso questa chiamata il Signore mi ha offerto il tesoro nascosto per cui vale la pena di lasciare tutto il resto, la perla preziosa davanti alla quale ogni altro bene perde valore. Siamo abituati a pianificare, ad organizzare e vogliamo avere tutto sotto controllo, invece il Signore ci chiede di cedergli la guida di tutta la nostra vita senza possibilità di avere nessun salvagente né paracadute. Il mondo ci offre tanto: carriera, successo, ricchezza, realizzazione, autoaffermazione, e tutto questo è sicuramente molto attraente. La chiamata di Dio invece va nella direzione opposta, ma Colui che ci ha scelti fin dal grembo materno, ci invita e ci rassicura: “non temere!” e la sua fedeltà dura per sempre».

Secondo lei, di cosa ha bisogno in particolare questa nostra società?«Credo che ci sia tanto bisogno di vita interiore e di silenzio. Mi sembra importante anche recuperare la preghiera e la recita del rosario soprattutto in famiglia. Niente unisce di più del pregare insieme, e questo può rivelarsi anche un valido aiuto per contrastare l’alienazione dovuta anche all’uso sempre più frequente dei telefonini, che si tengono sempre in mano, anche a tavola. La nostra società tecnologica consente di trasmettere in tempo reale le notizie che rimbalzano da un capo all’altro della terra, ma lascia sempre più spazio a una realtà drammatica: quanto più le distanze a livello mondiale si accorciano e i tempi si abbreviano, tanto più si scava un abisso di solitudini insondabili. Se è facile venire a conoscenza di ciò che accade al polo opposto del globo terrestre, diventa però paradossalmente sempre più difficile instaurare un vero dialogo con il vicino di casa, anzi tra i membri di una stessa famiglia.Questa è la vicinanza e l’aiuto che con la nostra scelta possiamo trasmettere, secondo quanto affermano queste parole di Jan Leclercq: “I monaci hanno questo privilegio di continuare a guardare il cielo. Essi sanno che non vedranno il Signore: vivranno nella fede e tuttavia rimarranno là. La loro croce sarà di amare senza vedere, e tuttavia di guardare sempre, di fissare lo sguardo esclusivamente in Dio, invisibile e presente. La loro testimonianza di fronte al mondo, sarà quella di mostrare, con la loro stessa esistenza, la direzione in cui bisogna guardare. Il loro compito sarà di affrettare con la preghiera e il desiderio, il compimento del Regno di Dio”».

Quale augurio si sente di fare?«Il mio augurio è quello di non temere di dire “sì” a Gesù, e prendo a prestito le bellissime parole di san Giovanni Paolo II: “Non temete, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”».

Franco Pozzebon

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