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DIOCESI: oggi ricorre la festa di San Rocco

Patrono secondario della diocesi di Vittorio Veneto, il suo culto è particolarmente diffuso

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DIOCESI: oggi ricorre la festa di San Rocco

Oggi è san Rocco di Montpellier, patrono secondario della diocesi di Vittorio Veneto. Vi sono due chiese parrocchiali nelle quali il santo è co-patrono: si tratta della parrocchiale dei Santi Rocco e Domenico a Conegliano e quella dei Santi Felice e Rocco a Saccon. Nove sono invece gli oratori a lui intitolati: a Cordignano, a Fadalto Basso, a Gaiarine, a Ponte della Priula, a San Martino di Colle Umberto, a Sernaglia, a Zoppè, a Ceneda e a Oderzo presso Villa Berti; gli ultimi due sono privati.

Il culto di san Rocco, per la sua protezione dalla peste, conosce una diffusione davvero straordinaria anche nel territorio cenedese, soprattutto a partire dal 1485, quando il suo corpo viene definitivamente traslato a Venezia. Fioriscono di conseguenza una miriade di immagini, pittoriche e scultoree, che vedono il santo raffigurato autonomamente oppure associato a Sebastiano, venerato per lo stesso motivo. Per saperne di più, sfogliate l'inserto sui "santi agostani" pubblicato ne L'Azione del 13 agosto.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il vescovo Corrado Pizziolo ha tenuto al Pontificale nella chiesa di San Rocco a Venezia, celebrata nella mattinata di oggi, festa del santo.

Nella figura di San Rocco si realizza quanto dice San Paolo nella seconda lettura, dove egli descrive il metodo di agire da parte di Dio: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”.

Il metodo di Dio è di volgere lo sguardo non su chi si ritiene ricco, potente, glorioso, ma su chi è povero e umile, servendosi proprio di queste persone per realizzare il proprio progetto che non è un progetto di forza, di potenza, di gloria umana, ma di amore.

Nessuno meglio di Maria ha sperimentato e cantato questo modo di comportarsi di Dio: Egli ha guardato all’umiltà della sua serva: d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Non beata per le mie qualità e le mie bravure: beata perché ho guardato a me nella mia povertà, nella mia umiltà.

Ma ricordando questo atteggiamento, non può non venirci in mente la figura amata del Beato Albino Luciani, che ha guidato questa diocesi dal 1970 al 1978, dopo che per ben 11 anni aveva guidato la diocesi di Vittorio Veneto. Il 6 gennaio 1959, a Canale d’Agordo mons. Luciani, appena consacrato vescovo da Giovanni XXIII, dice queste parole nell’omelia: «Sto pensando in questi giorni che con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango della strada e li mette in alto, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, del lago e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema. Certe cose il Signore non le vuole scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura nella polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia bene chiaro che tutto è opera e tutto è merito del solo Signore».

La beata Vergine Maria, San Rocco, il beato Albino Luciani: tre persone che hanno saputo compiere cose grandi proprio per il cuore povero e umile che hanno saputo conservare. È la prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. 

Proprio questa umiltà, questa povertà interiore, fa sì che una persona diventi capace di farsi prossimo a chi si trova nel bisogno e nella sofferenza. Come ho fatto il samaritano della parabola.

Egli non era una persona importante. I Samaritani, anzi, erano disprezzati perché considerati una popolazione imbastardita e quindi non degni di essere veri figli di Abramo… popolo della promessa.

Ebbene, a differenza del sacerdote e del levita che erano delle persone importanti, il samaritano (che non contava nulla) si ferma e si prende cura di quell’uomo ferito.

Non è certo una cosa automatica che tutti coloro che sono poveri e disprezzati si rivelino anche i capaci di prendersi cura di chi è nel bisogno. Ma quando una persona è umile, questo succede molto più facilmente.

Così è certamente stato per S. Rocco, ma così è stato anche per tutti i santi della carità. Quasi a dirci: vuoi diventare capace di essere anche tu come quel samaritano? Diventa umile. E allora più facilmente ti accorgerai di chi è nel bisogno, e non ti vergognerai di prendertene cura. 

Infine, le parole che Gesù dice a quel dottore della legge: “Va’ e anche tu fa così”. Parole molto simili a quelle che Gesù disse ai suoi discepoli durante l’ultima cena, dopo aver spezzato il pane e averlo condiviso e dopo aver condiviso anche il vino, cioè il suo corpo e il suo sangue: “Fate questo in memoria di me”. Fa anche tu della tua vita un dono, come ho fatto io… perché proprio io (ci dice Gesù) sono il vero “buon samaritano”. Ma potremmo anche dire: “Come ha fatto il santo che oggi veneriamo, Rocco, che proprio per il fatto di essere povero e umile ha saputo prendersi cura e dare la sua vita ai bisognosi, fino alla morte”. 

Allora - dice la prima lettura - la tua luce sorgerà come l’aurora. Sarai nella luce… nella verità… nella gioia… Ma anche diventerai luce per gli altri… capace di illuminare la vita, le fatiche, le prove e le tribolazioni che incontrerai nella tua esistenza e nell’esistenza degli altri. Illuminerai di speranza la morte stessa, perché saprai vivere e diffondere la speranza della vita eterna.

(Foto: Battesimo di Gesù, con San Rocco a sinistra. Chiesa parrocchiale di Camino di Oderzo)

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