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Educare al tempo dei social. Intervento di Paolo Crepet a Orsago

Alcune riflessioni emerse nel corso della serata. 

Educare al tempo dei social. Intervento di Paolo Crepet a Orsago

“A me sembra che la situazione oggi sia peggiorata”. Con queste parole, dette in tono sommesso e preoccupato, ha esordito il prof. Paolo Crepet, invitato da Fondazione-Ispirazione e Banca della Marca, a parlare sul tema: “Perché siamo diventati così?”. L’incontro, tenutosi il 14 giugno a Orsago, ha visto la partecipazione di un folto pubblico, venuto ad ascoltare l’illustre psicologo per riflettere su come i nuovi strumenti di comunicazione stiano modificando le persone e la società.

Crepet è entrato subito nel vivo e ha motivato le ragioni della sua preoccupazione, citando due notizie: “La prima è che noi, dopo il Giappone, ci confermiamo come il Paese più vecchio del mondo”. Ogni anno la popolazione italiana diminuisce di circa 150 mila unità, con un tasso di natalità che è tra i più bassi del mondo (1,2 bambini per donna). “Facciamo pochi figli – ha affermato – e dovremmo educarli benissimo, ma invece…”. Crepet ha citato i casi recenti di genitori che hanno picchiato gli insegnanti, dimenticando il fatto che “i bambini ci guardano e prendono appunti”. “C’è questa strana relazione – ha ribadito – tra un minor numero di bambini e la loro cattiva educazione”.

Il problema fondamentale è proprio educativo: “Abbiamo pensato che l’educazione dovesse coincidere con servire e riverire”. Su questo 1,2 figli per donna si sono concentrate tutte le aspettative dei genitori: questo figlio unico, avuto attorno ai 40 anni, diventa qualcosa di “sacro”, una sorta di “piccolo Buddha” – così lo ha definito il professore - “al quale diciamo: fa di noi quello che vuoi”. Ma così l’educazione si inceppa e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: “Ci sono dei giovanotti – ha raccontato Crepet – che si presentano con i genitori al colloquio di lavoro. Ma vi rendete conto? Dei genitori sindacalisti dei figli: un assurdo!”. I giovani devono imparare ad arrangiarsi; bisogna tornare a dire dei no, perché i no servono a sopravvivere: senza i no, si cresce molto vulnerabili.

Se in tutto questo si innesca la tecnologia digitale, il risultato è inquietante. Ecco la seconda notizia che Crepet ha registrato: il quoziente intellettivo medio dagli anni ’70 ad oggi è diminuito del 6-7 per cento. Per lui non ci sono dubbi: “Più sei servito, meno sei efficiente; più sei tutelato, meno sei in grado di cavartela”. Si sta imponendo una visione della vita intesa come supermercato, dove non devi far nulla e altri pagano al posto tuo: nulla devi e tutto pretendi.

Ma come mai si è imposta questa visione delle cose? Per Crepet è frutto della tecnologia digitale, che di fatto “è un cameriere: non devi fare niente, basta un click”. Il digitale è basato sul principio della passività totale, perché deleghi le tue capacità mentali a una macchina. Il cervello, invece, è come un muscolo e, se non lo alleni, si atrofizza: “Stiamo delegando le nostre vite a dei robot, ma in questo modo, dove finiscono la creatività, il coraggio, la passione?”.

Crepet ha parlato anche di “cross-fertilisation”, che significa incrociare e innestare per rendere più forte una specie e sta alla base dello sviluppo della botanica e della zootecnia. In sostanza significa che abbiamo bisogno dell’altro per crescere e svilupparci: “Non possiamo pensare che tutto il mondo sia un nemico di cui aver paura, perché noi abbiamo bisogno del mondo, senza del quale non faremmo nulla”. “Il proverbio donne e buoi dei paesi tuoi – ha detto ironicamente Crepet – non vale neanche per le mucche!”.

Ma se il futuro è quello dei robot, che cosa devono fare i giovani? Per Crepet bisogna puntare sul merito, sull’acquisire conoscenze reali, sull’avere una visione di futuro, sul coraggio, sulla capacità del rischio, sulla passione: tutte qualità che ebbero gli “intra-prenditori” veneti quando diedero impulso allo sviluppo della Regione.

Per quanto riguarda la scuola, Crepet sogna una minore presenza della tecnologia: “So che i bambini hanno bisogno ‘anche’ delle tecnologie, ma la tecnologia uccide i sensi e soprattutto non può essere usata come babysitter. Dopo non vi domandate come mai a quindici anni i ragazzi sviluppano forme di dipendenza!”.

E gli adulti? “Noi adulti dobbiamo dare l’esempio!”: questo l’appello accorato rivolto ai presenti. Cominciamo noi adulti a usare in maniera intelligente la tecnologia e a ritrovare la voglia e la passione per cambiare le cose. Cambiare, appunto, a partire dalla propria testimonianza. Cambiare senza cedere alla sterile lamentela, perché – sono ancora parole di Crepet -“un Paese che si fonda sulla lamentela è morto”. Cambiare con la passione e il coraggio di chi dice dentro sé: “Cadi sette volte, per rialzarti otto”.

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