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Farra: vicenda espropri, la ricostruzione del giornalino parrocchiale “Insieme”

Ecco l'articolo, pubblicato dal giornalino parrocchiale “Insieme” di Farra di Soligo, che ricostruisce la lunga storia della vicenda delle zone industriali Pip di Col San Martino e Soligo.

Farra: vicenda espropri, la ricostruzione del giornalino parrocchiale “Insieme”

La storia dei Pip di Col San Martino e Soligo è una storia che meriterebbe di essere raccontata in un libro. Tuttavia, dato il poco spazio a disposizione, è possibile ripercorrere solo in sintesi e con qualche approssimazione le tappe di questa vicenda che è ben lontana dall’essere terminata.Il Piano degli insediamenti produttivi (Pip) non è altro che uno strumento urbanistico mediante il quale il Comune, nel rispetto del Piano regolatore generale (Prg), espropria delle aree e le cede a sua volta in diritto di proprietà agli operatori (imprese, industrie...) che si obbligano a rispettare determinati requisiti stabiliti dal Comune stesso nel Regolamento per l’assegnazione e l’utilizzo delle aree.

L’approvazione dei Pip

I Pip di Col San Martino e Soligo hanno le proprie origini nel Prg, approvato dal consiglio comunale di Farra nel marzo 1990 e divenuto operativo nel luglio 1992, che ha previsto la possibilità di realizzare degli insediamenti produttivi in quelle aree. La scelta di realizzare gli insediamenti tramite lo strumento urbanistico pubblico dei Pip si deve all’amministrazione guidata dal sindaco Francesco Arman, che ha governato ininterrottamente il Comune di Farra di Soligo dal 1987 a giugno 2004. Proprio l’amministrazione Arman respingeva i progetti di lottizzazione industriale privata presentati per Col San Martino nell’agosto 1992, e approvava nel consiglio comunale del 17 ottobre 1994 gli atti di indirizzo per la realizzazione delle due aree Pip. I Pip diventavano poi operativi con una serie di deliberazioni della giunta e del consiglio culminate con la loro approvazione definitiva in consiglio comunale il 29 luglio 1996 per Col San Martino e il 19 settembre 1996 per Soligo.A nulla servirono gli interventi di opposizione alla realizzazione dei Pip fatti dai consiglieri di minoranza Luigi Gallon, Federico Citron, Dante Romanello, Franco Pederiva e Salvatore Cauchi che, sulla base di presunte irregolarità del Prg, chiesero in una seduta straordinaria del consiglio comunale del febbraio 1997 l’annullamento della delibera sul Pip di Col San Martino. Anche il parere dell’allora segretario comunale Livio Paladin sull’irregolarità del Prg rimase inascoltato e l’amministrazione procedette con gli espropri nel giugno 1999.

I ricorsi degli espropriati

Gran parte dei proprietari dei terreni fecero ricorso al Tar del Veneto contro gli espropri e la relativa determinazione delle indennità di esproprio fatta dalla commissione provinciale di Treviso il 5 ottobre 1999.La commissione provinciale valutò i terreni in lire 60 mila al metro quadro. Troppo per il Comune (che li stimava tra le 30 mila e le 45 mila lire al metro quadro) e troppo poco per gli espropriati (che li valutavano almeno 85 mila lire al metro quadro). Così, oltre ai giudizi pendenti nel Tribunale amministrativo, si instaurarono altri tre giudizi avanti alla Corte d’appello di Venezia (deputata a pronunciarsi in grado unico) perché decidesse sulla giusta indennità da attribuire agli espropriati.

Le sentenze di indennizzo

Ben presto la Corte d’appello sospese i soprammenzionati giudizi (uno per il Pip di Col San Martino e due per il Pip di Soligo) in attesa che il Tribunale amministrativo si pronunciasse sulla legittimità degli espropri. Intanto il Comune procedeva con l’assegnazione dei lotti alle imprese e con il consorzio delle imprese realizzava strade e sottoservizi per le aree industriali.Nel frattempo una sentenza della Corte costituzionale, la n. 348 del 2007, rivoluzionava la legislazione italiana in materia di esproprio riconoscendo l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis del decreto legge 333 dell’11.7.1992. I terreni espropriati, che nella pratica venivano indennizzati con un importo anche molto inferiore al valore di mercato, tornavano ad essere valutati pari al valore venale del bene.Nel 2011 i ricorrenti, non avendo più interesse ai ricorsi presso il Tribunale amministrativo, nefacevano dichiarare l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse e riprendevano i giudizi innanzi alla Corte d’appello di Venezia sulle indennità di esproprio.La Corte d’appello si pronunciava quindi con tre sentenze: quella sul Pip di Col San Martino (la n. 2189 depositata il 26 settembre 2013) e le due sul Pip di Soligo (la n. 498 depositata il 27 febbraio 2014 e la n. 2023 depositata il 27 agosto 2014). In queste sentenze, fatte le dovute differenze, i giudici, incaricato il consulente tecnico d’ufficio di fare una perizia per determinare con metodo sintetico comparativo (ovvero raccogliendo atti di compravendita di terreni simili con data prossima al periodo di esproprio) il valore venale delle aree espropriate. Il tecnico ha quindi valutato i terreni tra 100 mila e 110 mila lire al metro quadro a seconda dei casi. Al costo dell’indennità espropriativa si sono inoltre sommate altre indennità, come quella di occupazione, le spese legali e tutti gli interessi legali delle somme dal 1999 ad oggi. Il totale da pagare ha quindi raggiunto una cifra che sfiora gli 11 milioni di euro. Una somma elevatissima per un Comune come Farra di Soligo.

Gli assegnatari dei lotti

A complicare il quadro finora descritto c’è il ruolo degli assegnatari dei lotti espropriati. Essi si sono obbligati, nell’entrare in possesso dei terreni, a coprire eventuali maggiori oneri derivanti dalle vicende legali. In questo senso hanno anche stipulato delle polizze fidejussorie, che tuttavia non coprono l’ammontare delle somme stabilite per gli espropriati. Il Comune potrebbe quindi rivalersi sulle imprese che occupano i lotti per pagare gli espropriati. E forse è proprio per questo motivo che più volte, nel corso di questi venti anni, si sono intavolate trattative tra assegnatari dei lotti, Comune ed espropriati nella consapevolezza che trovare un giusto accordo sul valore dei terreni avrebbe potuto risolvere la questione che andava ingigantendosi. Purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto e, anche se non è noto il motivo, è evidente che le trattative non hanno mai portato all’esito sperato.

Il futuro incerto

Nel 2014 il Comune, attraverso i propri legali, ha deciso quindi di impugnare tutte le sentenze presso la Corte di cassazione e contestualmente di richiedere la sospensiva dell’esecuzione delle stesse. La Corte d’appello ha però respinto la sospensiva dell’esecuzione e gli espropriati hanno quindi potuto procedere all’esecuzione forzata. Al Comune è stato notificato un primo precetto il 2 maggio 2016, a cui è seguito il primo pignoramento dei conti del Comune il 3 giugno 2016; inoltre sono stati notificati gli altri due atti di precetto il 30 maggio e il 2 giugno 2016 a cui potrebbero seguire altrettanti pignoramenti. Al momento attuale il Comune è in attesa dell’udienza sul pignoramento che si terrà a Treviso il 4 luglio, nella quale si cercherà di capire su quali somme potrà contare per portare avanti i servizi per i cittadini.Difficile prevedere come andrà a finire questa intricata vicenda. La Cassazione si pronuncerà probabilmente ad ottobre, ma intanto il Comune è paralizzato nei servizi non indispensabili.Si legge di nuove trattative o di soluzioni politiche dalle istituzioni sovraordinate. C’è da augurarselo.

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