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Il piccolo Aylan, cinque anni fa

Il 2 settembre 2015 venne rinvenuto in una spiaggia della Turchia il corpo del piccolo Aylan Curdi. La foto fece il giro del mondo... e ancora oggi ci interpella: Perché i migranti scappano da casa loro?

Il piccolo Aylan, cinque anni fa

La povertà in Nigeria, il terrorismo in Sahel, le guerre che lacerano il Sudan, la Somalia e il Mali. E ancora, i migranti «invisibili» dalla Tunisia e la repressione in Afghanistan. Dietro alla fuga di milioni di cittadini ci sono motivi che ignoriamo. O non riusciamo ancora a capire

Veniva dall’Etiopia, aveva 3 anni, è caduto dal centro di accoglienza dell’Unhcr a Medenine, città tunisina ai margini del deserto del Sahara e a pochi chilometri dal confine con la Libia. Si chiamava Yousif una breve vita, fin dal grembo materno, passata a vagare in Nord Africa assieme ai genitori a caccia del pass per entrare in Europa. È morto il 24 agosto 2020.

Cronache di morti innocenti sulle quali i media nazionali riservano poche righe, intenti piuttosto a rincorrere la polemica politica estiva di questo o quel politico nazionale o regionale contro i migranti.

E’ che a volte abbiamo un po’ tutti la memoria corta e la commozione di un momento scivola via.

Sono passati 5 anni dalla morte di Aylan Kurdi. La sua foto ha rimbalzato per qualche giorno nei media di tutto il mondo. Veniva dalla Siria, aveva tre anni ed era di etnia curda. E’ stato trovato morto - insieme al fratello e alla madre - dopo un naufragio su una spiaggia in Turchia il 2 settembre 2015.

Ci sono migliaia di storie di bambini vittime dell’immigrazione, di cui non conosciamo il nome, il volto la nazionalità. Come quella di Zaher che veniva dall’Afghanistan e aveva sì e no 18 anni. E’ stato schiacciato sotto le ruote di un camion frigo sul quale aveva viaggiato. Morto a Mestre il 10 dicembre 2008. O come quella di Ani che veniva, invece, dalla Costa d’Avorio; aveva 14 anni ed era uno studente liceale. E’ morto nei cieli d’Africa aggrappato al carrello di un aereo e trovato a Parigi il 7 gennaio 2020.

Migliaia di chilometri alle spalle, viaggi a volte lunghi anni, familiari e compagni di viaggio perduti. Il vento, i profumi e i colori delle loro terre natie alle spalle, sogni infranti all’ultimo miglio.

Piccole storie, forse già dimenticate e domande che ci facciamo poco (o forse mai!). Ad esempio perché sui barconi che arrivano (sempre meno per la verità) non ci siano mai ragazzini (o uomini o donne) della Namibia, del Rwanda, del Botswana o anche della poverissima Sierra Leone. Ma ci sono spesso cittadini del Sudan, della Nigeria, dell'Eritrea, del Mali. Se ci facessimo queste domande scopriremmo che dai paesi in cui convivono pacificamente gruppi etnici e religiosi diversi (come in Sierra Leone o in Tanzania) dove c'è un'economia vivace e governi stabili e poco corrotti (come in Botswana) e nessuna crisi idrica o ambientale (come in Rwanda) nessuno vuole andarsene. Se avessimo uno sguardo meno ombelicale scopriremmo che negli ultimi due anni in Africa il peso dei conflitti e delle violenze in corso in Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Sud Sudan, Etiopia, Eritrea ha portato a massicci spostamenti interni negli ultimi anni.

Ecco che quelle storie che la cronaca ci ha più o meno sommessamente raccontato possano aiutarci a rispondere alla domanda: «Perché i migranti scappano da casa loro?».

Enrico Vendrame

Il piccolo Aylan, cinque anni fa
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