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L'eredità morale della Resistenza

L'intervento di Pier Paolo Brescacin, direttore dell'ISREV di Vittorio Veneto.

L'eredità morale della Resistenza

Venticinque aprile settant’anni dopo. Anche quest’anno si festeggia la Liberazione, l’evento che segnò per il nostro Paese la fine della guerra, la fine di una dittatura e il ripristino delle libertà e delle regole democratiche, anche per tutti coloro che negli anni 1943-1945 contro quella libertà e democrazia sparavano, rastrellavano e impiccavano. Questo 70º anniversario della Liberazione arriva per la verità un po’ in sordina, data la coincidenza con un altro momento importante della nostra storia nazionale, cioè il centenario della fine della prima guerra mondiale e la vittoria dell’Italia sugli austro-ungarici, centenario che ha un po’ monopolizzato la scena mediatica e la pubblicistica, provocando disattenzione – o meglio – distrazione da parte di molti.

Ed è un peccato, perché il 25 aprile rappresenta un momento importante nella nostra storia nazionale, una ricorrenza ricca di significati e implicazioni. E non tanto per la sua valenza militare che, pur importante ai fini della risoluzione del conflitto – i resistenti concorsero a ostacolare i rifornimenti e a tenere impegnate ingenti forze tedesche nelle retrovie che altrimenti potevano essere impiegate al fronte –, non fu mai decisiva per la vittoria finale, esclusivamente opera degli Alleati; quanto per l’immagine complessiva che seppe dare della nostra Nazione al mondo intero: esso dimostrò che una parte di italiani si era battuta, aveva saputo opporsi al fascismo, non si era rassegnata all’occupazione nazista. Circostanza che ben contò alla fine della guerra, quando l’Italia ebbe appunto un trattamento diverso rispetto agli altri Paesi sconfitti: poté avere un governo sovrano sul proprio territorio, scegliere la propria forma istituzionale (la repubblica) e darsi in piena autonomia una costituzione democratica.

Ma vi è un altro motivo per cui la Resistenza è un momento fondamentale nella storia del nostro Paese. Ed è per l’eredità che essa lascia all’indomani della fine della guerra. Eredità anzitutto politica, e cioè la nuova Costituzione repubblicana del 1948, la tavola dei valori di convivenza della comunità italiana, punto di riferimento di tutte quelle forze politiche, anche di estrazione ideologica diversa. Tale Carta costituzionale ha permesso nel dopoguerra e nel contesto della Guerra Fredda di evitare la guerra civile tra quegli schieramenti che sì avevano combattuto insieme il comune nemico nazifascista, ma che pur erano divisi nelle prospettive da dare al futuro del Paese.

La Resistenza ci lascia anche un’eredità morale, che si può riassumere tutta nell’atteggiamento di insofferenza per tutto quanto di ingiusto accade intorno a noi, unitamente al dovere di assumere una qualche iniziativa per cambiare le cose senza attendere che ci siano altri a farlo. Certo, la società odierna è molto diversa da quella dell’occupazione tedesca e del rinato fascismo; nondimeno vi sono anche oggi storture e iniquità che richiedono il nostro impegno e la nostra partecipazione attiva per migliorare la vita democratica del Paese. Solo tenendo conto di questi lasciti che ci hanno consegnato i resistenti, la ricorrenza del 25 aprile assume il suo significato più autentico, di importante e concreto riferimento per la nostra attuale vita democratica. Pier Paolo Brescacin Direttore scientifico Isrev, Istituto storico della Resistenza di Vittorio Veneto

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