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L'incontro di Bari sul Mediterraneo, per la pace

Intervista al vescovo Paolo Bizzeti, vicario apostolico in Turchia, che propone come segno un liceo internazionale

L'incontro di Bari sul Mediterraneo, per la pace

La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso a Bari, dal 19 al 23 febbraio, un incontro di riflessione e spiritualità dal titolo “Mediterraneo, frontiera di pace”. Parteciperanno poco più di cinquanta vescovi in rappresentanza delle Conferenze episcopali dei 19 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Fra gli altri, vi sarà padre Paolo Bizzeti: gesuita, 72 anni, dal 2015 vicario apostolico in Anatolia (Turchia).

L’Anatolia – incastonata tra il Mar Mediterraneo e il Mar Nero e confinante con Siria, Iraq, Iran, Armenia e Georgia – è una terra di mezzo e di passaggio dove i cristiani sono ormai pochissimi disseminati in minuscole comunità, ma ne arrivano non pochi, dai Paesi confinanti ma anche dall’Afghanistan e dalle numerose Repubbliche centro-asiatiche di cui poco si parla. Molti di loro hanno lasciato dietro di sé situazioni dolorose di persecuzione, di guerra o di stenti. Sono partiti pensando di poter raggiungere l’Europa, dove vivere con cristiani come loro la loro nuova vita. Ma hanno scoperto che questo non era possibile; l’accordo tra Europa e Turchia li ferma in un Paese dove c’è libertà di culto ma dove non si possono costruire nuove Chiese in base al Trattato di Losanna del 1923. La Chiesa latina, infatti, sconta una debolezza: non ha riconoscimento ufficiale da parte dello Stato turco.

In questa conversazione il vescovo Bizzeti (nella foto) riflette sull’incontro in terra pugliese dal suo osservatorio privilegiato ponte tra Oriente e Occidente.

 

Come giudica questa proposta della CEI?

È un’iniziativa quanto mai interessante, perché il Mediterraneo riunisce popoli, culture, religioni di primaria importanza. Con questa iniziativa la Chiesa italiana ancora una volta mostra di abitare il mondo con piena partecipazione alle vicende umane. Come Gesù Cristo.

 

Come si svolgeranno i lavori?

L’incontro è prima di tutto un’occasione di confronto tra noi vescovi per conoscerci meglio e rafforzare i legami di amicizia: sarà consolante poter condividere i problemi, poter ricevere e offrire parole di incoraggiamento. Sarà un’occasione anche per verificare se c’è la stessa sensibilità tra chiese del Medio Oriente e chiese europee. Ho l’impressione che l’Occidente cristiano abbia sposato un po’ troppo le visioni economiche e politiche del neo liberismo, del consumismo, senza slancio profetico nel denunciare quei politici ed economisti che guardano solo agli interessi ristretti dell’Europa e degli Stati Uniti.

 

Quale tema che vorrebbe portare all’attenzione dei suoi confratelli vescovi?

Anzitutto bisogna essere più coraggiosi sulla via dell’ecumenismo, ricordando che la chiesa è nata plurale come si deduce chiaramente dal Nuovo Testamento e come oggi affermano tutti gli studiosi più seri, come per esempio mons. Romano Penna. L’unità dei Cristiani, nella diversità delle tradizioni, è fondamentale se non vogliamo ripetere gli errori del passato. Sarebbe anche prezioso, per le chiese europee, marcate da un certo clericalismo, conoscere il modo con cui si sono organizzate le chiese orientali, per esempio quella siriaca (ortodossa e cattolica) e il ruolo dei laici in essa. Quando leggo di un vescovo che afferma di essere totalmente contrario all’ordinazione sacerdotale di un uomo sposato, mi domando se ha mai conosciuto le chiese cattoliche orientali dove questo avviene da sempre. Sarebbero cattolici di serie B o da guardare dall’alto in basso? Esempi come questi mostrano come una parte del clero europeo ignora di fatto la ricchezza molteplice con cui il mistero della persona del Cristo si dispiega.

Spero poi che si affronti con più coraggio l’importanza del carisma femminile nell’esercizio dell’autorità, del governo, la qual cosa non c’entra niente col tema del sacerdozio alle donne.

Infine sarei contento che si prenda atto che il problema non è quello del numero dei cattolici, ma della qualità evangelica del loro vivere. Agli inizi erano pochi, ma avevano una forte esperienza della novità di Gesù Cristo ed erano contenti di annunciare la Buona Notizia e di praticare un modo di vivere alternativo a quello pagano. Pronti a dare la vita e liberi dalla paura di morire. In Italia invece abbiamo tanti cristiani - imprenditori, politici, accademici, ecc., ma anche gente comune – che vivono da pagani e perseguono interessi egoistici e materialistici. Per non parlare poi di quelli che credono di saperla più lunga del successore di Pietro. S. Ambrogio affermava: Ubi Petrus, ibi Ecclesia. E di successori di Pietro c’è n’è uno solo, non due come scrivono certi giornalisti.

 

Forse in Italia e in Europa si è anche persa l’importanza della famiglia?

Non c’è dubbio. La famiglia è alla base della Chiesa e la Chiesa è una grande famiglia. In Medio Oriente, a causa di tante persecuzioni ed emigrazioni, si sta recuperando l’importanza della Domus ecclesiae, un edificio privato dove si radunano i discepoli di Gesù in semplicità di cuore e di liturgie. Non è un nostalgico ritorno ai tempi delle origini, ma la consapevolezza che sono i genitori i primi che devono testimoniare e raccontare la Buona Notizia che è Gesù. In Europa, e in Italia in particolare, la religione era diventata una cosa per i bambini; tuttora si assiste all’assurdità di genitori che non frequentano la Chiesa, non conoscono nulla del Vangelo e che pretendono di mandare i figli al catechismo e a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Il risultato è la perdita delle generazioni giovanili perché diventando adulti, lasciano giustamente il mondo infantile.

 

Il Mediterraneo pare non essere più oggi uno spazio di pace e di incontro tra popoli. Sembrano aggravarsi le lacerazioni tra le diverse sponde e crescere i muri: per questo è urgente che la Chiesa svolga un’opera di ricucitura?

Il Mediterraneo, da sempre, è stato luogo di pace o di guerra, quindi non dobbiamo scandalizzarci. Ma oggi la Chiesa cattolica è convinta che la pace è l’unica via, l’unica soluzione possibile.  Il rispetto reciproco tra le differenti popolazioni, culture, religioni, è la dottrina del Vaticano II, in linea con la scelta di Gesù Cristo di abbattere i muri - come si legge nella lettera agli Efesini.

Di fronte alle morti sulle carrette in mare o nei centri di detenzione, la Chiesa deve parlare in modo ancora più esplicito e deve farlo pubblicamente, a costo di essere politicamente scorretta. Non lo dico io ma il vangelo di Matteo al capitolo 25, versetti 31-46. Forse oggi molti si sono dimenticati che ci sarà un giudizio finale, presieduto dal Cristo povero, umiliato, abbandonato e risorto, re eterno. Non conterà nulla se milioni di persone oggi votano una visione della vita dove c’è il disprezzo del disperato che fugge da torture, fame o morte lenta.

 

Come vede dal suo osservatorio privilegiato la recente proposta americana di soluzione del decennale conflitto israelo-palestinese?

Il conflitto israeliano palestinese è alla base di molte situazioni conflittuali nella regione. Va risolto, ma senza favorire una parte in modo sfacciato come fa la recente proposta del presidente americano.

 

Oramai poco si parla dei quasi 3 milioni di rifugiati in Giordania e dei 2 milioni in Libano. Qual è la situazione dei profughi in Turchia?

La situazione dei profughi e in particolare quella dei cristiani, è drammatica. Il governo turco è stato molto generoso nell’accoglienza, ma bisogna risolvere il problema alla radice.

Per fare questo ci vuole un deciso passo in avanti nella linea della dichiarazione “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, sottoscritta dal Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb. Parlare ancora di minoranze che andrebbero tollerate, è discriminatorio e offensivo, limita le persone e ne condiziona pesantemente la vita. L’uguaglianza nella dignità tra uomini e donne, tra persone di differenti religioni e culture, offrendo a tutti pari opportunità è l’unica base per la pace e la risoluzione dei conflitti. Chi non accetta questo e vuol essere “il primo” a cui gli altri si dovrebbero sottomettere - in un qualsiasi campo - è complice di una visione demoniaca della vita.

L’incontro di Bari sarà fecondo?

I cattolici e gli uomini di buona volontà devono essere lievito nella pasta e la pasta deve lasciarsi lievitare. Ognuno ha le sue responsabilità. Mi auguro che il convegno non si limiti a dichiarazioni ma promuova un segno concreto, come per esempio l’apertura di un liceo internazionale aperto a tutti i giovani del Mediterraneo in cui accanto alle tradizionali materie, si insegnino buone pratiche di pace attiva affinché i giovani possano un giorno diventare leader pacifici e al servizio del bene comune che viene prima del bene del singolo.

Enrico Vendrame

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