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PASQUA 2020: Il rito "familiare" della cena ebraica

Quest'anno il "seder" di Pasqua si è celebrato il giorno prima del Venerdì Santo 

PASQUA 2020: Il rito "familiare" della cena ebraica

Parlare di Pasqua ebraica, in Italia, può forse generare aspettative sbagliate nei cristiani che leggono: non c’è Gesù risorto da festeggiare né una celebrazione in sinagoga da seguire, bensì una cena che si chiama Seder (ordine), celebrata in famiglia. Per la cena del Seder le famiglie ebraiche si riuniscono intorno a un tavolo apparecchiato in modo particolare, secondo quanto viene riportato nel racconto (Haggadah) dell’uscita degli ebrei dall’Egitto, arricchito di parabole e commenti dei Maestri, che viene letto durante la serata.

Un ruolo importante è riservato al bambino più piccolo, che prima dice: “come è diversa questa serata da tutte le altre sere!”. Poi pone quattro domande: “Perché tutte le altre sere mangiamo pane, e questa sera azzima? Perché tutte le altre sere mangiamo qualsiasi tipo di verdure, e questa sera erba amara? Perché tutte le altre sere non intingiamo [il sedano] neppure una volta, e questa sera due volte? Perché tutte le altre sere mangiamo seduti, e questa sera sdraiati?”. Le domande danno il via alle risposte date attraverso la lettura del racconto. Ci si siede intorno al tavolo senza ordine gerarchico e sul tavolo si mettono il bicchiere (kiddush) per le quattro benedizioni della festa attraverso il vino e un altro bicchiere d’argento pieno di vino destinato al profeta Elia. La tradizione vuole infatti che il profeta, durante la prima sera di Pesach, si aggiri fra le case degli ebrei per portare i suoi voti augurali alle famiglie che celebrano il Seder, e ognuno spera di far parte dei privilegiati che riceveranno la sua visita. La visita è tanto più attesa in quanto la tradizione afferma che sarà proprio il profeta Elia ad annunciare al mondo il giungere dell’Epoca messianica.

Al centro del tavolo vi è un piatto contenente tre pani azzimi (matzoth), in ricordo del pane non lievitato mangiato nel deserto, una zampa d’agnello per il sacrificio pasquale compiuto dal popolo che si accingeva a uscire dalla schiavitù e le erbe amare (maror), in memoria dell’amarezza patita dagli ebrei in schiavitù. Vi è poi del sedano (carpas), che deve essere intinto in acqua e sale, o in acqua e aceto a simboleggiare le lacrime per la schiavitù. Nel piatto vi è anche un uovo sodo e un impasto di datteri, noci e mandorle (charoseth) che simboleggia la fine della schiavitù ricordando la malta che gli ebrei schiavi erano costretti a preparare in Egitto per fabbricare i mattoni con cui avrebbero edificato la città del Faraone. E l’uovo? Per l’ebraismo è il primo cibo che si offre a coloro che sono in lutto per la perdita di un parente stretto, è privo di spigoli e la sua rotondità rappresenta la pienezza della vita in opposizione alla morte.

La Pesach ebraica e la Pasqua cristiana hanno in comune, però, il periodo in cui si festeggiano nei rispettivi anni liturgici, e quest’anno sono vicinissime: la sera del 14 del mese ebraico di Nissan, la sera della cena del Seder, quest’anno cade l’8 di Aprile, solo un giorno prima del Venerdì Santo. Quest’anno per i tempi tragici che stiamo vivendo queste due importanti feste liturgiche per le due Comunità religiose si svolgeranno senza lunghe tavolate né concorso di popolo per i cristiani, ma con tanti telefoni o computer accesi. Che questi nuovi modi di pregare siano per tutti un nuovo inizio: chiediamo insieme all’Altissimo di liberarci da questa pandemia e di ricordarci quanto la vita sia fondamento e dono.

Natascia Danieli - docente di dialogo ebraico-cristiano all'Istituto Studi Ecumenici "San Bernardino" (Venezia)

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