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UCRAINA: quadrante est, cresce la tensione

L’annessione alla Russia di un sesto del territorio ucraino potrebbe rappresentare un punto di non ritorno. L'appello del Papa per la pace

UCRAINA: quadrante est, cresce la tensione

Sono giornate estremamente complesse per la crisi energetica con i sabotaggi dei gasdotti nel mar Baltico e per le conseguenze del conflitto con l’annessione russa delle regioni ucraine orientali e le coste del Mar Nero. La guerra in Ucraina sta diventando sempre più una minaccia per il mondo intero.

Risposte a corrente alternata. Compatta la risposta occidentale alla sfida politico-militare di Putin. I paesi del G7 e della Ue hanno detto chiaramente che non riconosceranno mai l’annessione dei territori ucraini occupati, mentre Zelensky chiede nuovamente l’adesione dell’Ucraina alla Nato. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu incontra però il veto scontato della Russia e quattro astensioni pesanti come, Cina, India, Brasile e Gabon alla proposta di risoluzione di condanna sui referendum voluti dal Cremlino per le zone est dell’Ucraina.

Divisi, invece, i paesi europei nel fissare un tetto comune al prezzo del gas. Tra i contrari in testa abbiamo Germania e Olanda: la prima perché legata da radicati interessi economici con Mosca, la seconda perché da questa guerra si sta arricchendo con la borsa sui futures del gas e le tasse che aziende come le nostre Eni e Enel versano al fisco olandese.

Appello alla pace. Papa Francesco preoccupato per la minaccia nucleare e l'escalation militare del conflitto in Ucraina ha dedica l'intero Angelus di domenica scorsa a un forte appello per chiedere il cessate il fuoco, rivolgendo un appello diretto al presidente russo Vladimir Putin affinché fermi questa spirale di violenza e morte, e al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, perché sia aperto a "serie proposte di pace". Il Papa ha anche deplorato gli ultimi sviluppi, vale a dire l’annessione delle quattro regioni ucraine – Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson – parzialmente occupate dopo l’invasione del 24 febbraio, chiedendo ad ambo le parti il rispetto dei diritti delle minoranze.

Punto di non ritorno? L’annessione del 29 settembre è l’ultimo atto di una contesa che va avanti almeno dal 2014 quando la Russia cominciò a sostenere i movimenti separatisti delle regioni di Luhansk e Donetsk. La situazione è degenerata a partire da febbraio in poi, quando prima Putin accolse la dichiarazione di indipendenza di queste regioni e poi inizio l’invasione in Ucraina.

Ora il conflitto sembra aver imboccato una strada più imprevedibile e pericolosa: da un lato ci sono le mosse di Putin che seguono un canovaccio (occupazione delle aree minerarie e dei porti, referendum e annessione) ma di fatto alzano la posta, dall’altro lato l’Ucraina non vorrà cedere di un metro, sostenuta dall’Europa e dagli Stati Uniti. Putin paradossalmente propone ora un tavolo negoziale ma con delle premesse irricevibili per Kiev. Si aprono così settimane molto complesse e difficili con il gelo invernale alle porte e la povertà che cresce tra la popolazione di ambedue gli schieramenti.

Le conseguenze nucleari. L’ultimo aspetto dell’annessione è anche il più inquietante poiché apre alla concreta possibilità dell’impiego di armi nucleari nel conflitto. Si tratta al momento di una possibilità ancora molto remota, ma che adesso gli esperti iniziano a prendere più seriamente.

L’annessione dell’Ucraina farà sì che, almeno formalmente, gran parte dei combattimenti si svolgerà su territorio “russo”. La dottrina nucleare ufficiale e le parole del presidente Putin, hanno sempre indicato che la soglia per giustificare l’utilizzo di armi atomiche è un rischio esistenziale per la Federazione russa, oppure una minaccia alla sua integrità territoriale.

Enrico Vendrame

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