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Viticoltura, lettera a Zaia

Riportiamo integralmente la lettera della Commissione per la Pastorale Lavoro e Ambiente del Quartier del Piave. Il presidente della Regione invitato a un dibattito pubblico su futuro esostenibilità ambientale della viticoltura.

Viticoltura, lettera a Zaia

Egregio Presidente,

in seguito alla delibera della Giunta regionale che ha autorizzato l’ampliamento della superficie viticola del Veneto di 2440 ettari, la Commissione pastorale per il lavoro e la salvaguardia del creato della forania Quartier del Piave, zona ormai destinata alla viticoltura, intende sottoporle alcune osservazioni e alcuni interrogativi, con l’obiettivo di giungere ad un proficuo confronto, nell’interesse del bene di tutti. Da un lato, ciò che motiva il nostro intervento è la perplessità per scelte politiche poco attente alla salvaguardia del territorio, ma soprattutto ciò che ci allarma è la preoccupazione per la salute dei cittadini. Abbiamo già assistito nei vent’anni appena trascorsi ad un abuso vorace del territorio con una cementificazione “selvaggia” e la costruzione di aree industriali, ora in parte svuotate dalla crisi e in parte mai utilizzate.

Ci chiediamo se ci sia mai stata una seria e ponderata pianificazione circa le varie realtà produttive, agricole o industriali, come ad esempio dei progetti di sviluppo guidati da logiche più ampie rispetto a quelle del mero profitto. Se vi sia stata una progettualità per governare la crescita delle aziende e favorire la loro capitalizzazione e innovazione. Questi elementi, infatti, si sono dimostrati fondamentali per affrontare la crisi che ha coinvolto l’economia italiana, e che continua a mietere vittime nel nostro Veneto e specialmente nel “Quartier del Piave”.

Dunque, ora che lo sviluppo della viticoltura è così esteso e con un peso tanto forte nell’economia dei nostri paesi, è forse possibile far tesoro degli errori del passato. A fronte di tante concessioni, ma soprattutto a fronte dello sfruttamento intensivo di beni comuni e vitali come l’aria, la terra e l’acqua, è forse possibile chiedere qualche passo eticamente più avanzato alla viticoltura veneta, in particolare nella produzione del Prosecco delle nostre zone, prodotto di eccellenza di queste colline? Ciò che ci preme evidenziare è il contestuale rischio ambientale che una semplice logica del profitto rischia di trascurare: inquinamento dei terreni, irrespirabilità dell’aria, preoccupazione per i crescenti casi di tumore, ecc..

Anche Papa Francesco, nella sua recente enciclica Laudato Si’, individua nella “cura della casa comune” una delle priorità dell’impegno pastorale e civile di oggi. Pur parlando di altri contesti, egli evidenzia con chiarezza un limite che, con le dovute differenziazioni, troviamo presente anche nella nostra realtà: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo” (LS 26). Il Papa si riferisce ai cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento mondiale. Ma forse la logica non è così differente rispetto all’inquinamento dell’aria, frutto di una viticoltura più attenta al reddito di pochi che alla salute di tutti.

Mentre sosteniamo la necessità di una maggiore attenzione all’ambiente, non siamo certo così ingenui da non comprendere la positività di quanto il Consorzio del Prosecco DOCG possa rappresentare per il nostro territorio e per l’intera Regione, sia in termini economici che culturali. Come pure siamo consapevoli dei passi in avanti fatti sul tema dell’attenzione ambientale da parte degli agricoltori. Non è nostro scopo, del resto, fare battaglie ideologiche, disincarnate e sterili. Il nostro impegno, piuttosto, è di carattere pastorale e motivato da quei valori evangelici che ci chiedono con forza maggiore rispetto per il creato e per il “grido dei poveri” che subiscono le scelte di chi ha interessi economicamente più rilevanti.

In definitiva, accogliendo la sfida del “dialogo” che papa Francesco ci suggerisce nella Laudato Si’, avremmo piacere di interloquire con Lei su questi temi, anche in sede di dibattito pubblico, se vorrà accettare questo invito. Una traccia sintetica potrebbe riassumere le nostre perplessità in queste domande.

  1. Qual è la politica agricola veneta?
  2. Come si inseriscono la aziende vitivinicole in questa politica? Sono aiutate a comprendere i rischi ambientali, sanitari, paesaggistici ed economici di una monocoltura come quella che sta diventando la vite?
  3. In un’ottica aziendale razionale ed integrata in un contesto economico di necessità globale, per poter essere economicamente sostenibile l’azienda deve rispondere solo dell’immediato profitto in termini di denaro prodotto o anche in termini di progresso raggiunto?  Le aziende sono tenute far fronte di tasca propria ai dissesti idrogeologici dovuti alla realizzazione dei nuovi impianti? O per far fronte ad una eventuale riconversione dell’attività? O la miopia imprenditoriale che abbiamo già conosciuto produrrà danni che la società civile dovrà poi assumersi?
  4. Verrà loro chiesto di accollarsi l’onere di eventuali bonifiche e ripristino dei terreni? O i cittadini, oltre ad ammalarsi, dovranno accollarsi i costi delle bonifiche e dei danni dell’inquinamento?
  5. La regione sta prendendo in seria considerazione di far applicare in tutte le zone viticole un Regolamento di polizia rurale accompagnando i Comuni in questo processo garantendone anche l’osservanza?
  6. Alle aziende è chiesto nei loro impianti di rispettare le distanze intelligenti da fiumi e falde, la salvaguardia delle zone boschive e delle siepi, come alleate della produzione non come ostacoli?

Quale controllo è garantito del rispetto delle aree sensibili e delle zone abitative nei trattamenti fitosanitari?

  1. Quale attenzione c’è nell’aiutare le aziende a pensare e realizzare la propria attività in modo sostenibile per l’ambiente e la salute, ricercando e sperimentando forme di allevamento e controllo delle patologie meno inquinanti?
  2. Si può chiedere alle aziende di riflettere su una propria presenza solidale con l’ambiente e con i propri concittadini, e non lasciare spazio all’indifferenza per quelle famiglie, “vere profughe ambientali”, che lasciano le loro case nelle colline del prosecco perché l’aria è irrespirabile? O vogliamo parlare dell’aumento di patologie dovute all’inquinamento dell’aria? Si potrebbe chiedere anche un occhio di riguardo nell’assunzione di personale tra i disoccupati locali, visto che ce ne sono sempre di nuovi.

 

  1. La Responsabilità Sociale d’Impresa certificata dalla norma SA8000:2008 è tra traguardi a cui la politica regionale veneta tende? Vogliamo ricordare che la Regione Toscana si è fatta attore primario per porre le aziende su questo percorso, riportandone benefici in termini economici e di qualità della vita (Legge Regionale 8 maggio 2006 n. 17, 'Disposizioni in materia di responsabilità sociale delle imprese').

 

  1. Davvero dobbiamo credere alla candidabilità di queste zone a patrimonio dell’umanità? Sulla base di quali parametri? Unicamente quello dell’aumento del profitto per un nucleo ristretto di famiglie? E il tanto invocato turismo enogastronomico a che punto è? Quanti posti di lavoro ha creato questo tipo di turismo in questi anni?

Ci fermiamo qui: 10 ci sembra un buon numero, sicuramente sufficiente per una serata pubblica, alla quale saremo lieti di averla presente insieme ai rappresentanti del mondo vitivinicolo del Prosecco, per confrontarci su queste questioni

Ringraziandola per la Sua attenzione, in attesa di una Sua risposta, La salutiamo con viva cordialità.

La Commissione foraniale del Quartier del Piave

per la Pastorale del lavoro e la salvaguardia del creato

 

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