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Voucher, più controlli, senza demonizzarli

Intervista a Laura Vacilotto, presidente provinciale delle Acli trevigiane.

Voucher, più controlli, senza demonizzarli

Da un lato non vanno demonizzati, dall’altro occorrono maggiori controlli. La presidente provinciale delle Acli trevigiane Laura Vacilotto la pensa così sui voucher, i buoni lavoro di cui tanto si parla in questo periodo.

E su di essi gli italiani saranno presto convocati a pronunciarsi in un referendum, dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato mercoledì scorso l’ammissibilità di due dei tre quesiti referendari presentati dalla Cgil.

L’introduzione in Italia dei voucher per le prestazioni lavorative occasionali ed accessorie era stata salutata con favore da più parti, o comunque senza obiezioni o contrarietà particolari. E solo negli ultimi 2-3 anni si è assistito ad un’esplosione del loro utilizzo e ad un parallelo movimento di contrarietà.

Presidente Vacilotto, lei quale idea si è fatta su questo argomento?

«La formula dei voucher per il lavoro accessorio non va demonizzata. È vero che il loro utilizzo è “scoppiato”, anche per la loro estensione a vari settori. Ma è anche vero che le norme che li regolano sembrano essere abbastanza rigide, considerando anche le restrizioni introdotte ad ottobre. Occorre analizzare la loro efficacia, anche se forse è ancora troppo presto per avere dati al riguardo.

Secondo me il tema di fondo – anche se può sembrare un aspetto minimalista – è che non ci sono adeguati controlli. Con la possibilità che c’è di effettuare controlli incrociati, si può verificare se c’è un corretto utilizzo o se non si tratta più di un modo per aggirare le norme che disciplinano il rapporto di lavoro subordinato».

Nel Trevigiano voi che situazione riscontrate riguardo ai voucher?

«I dati raccolti da Veneto Lavoro ci riportano una realtà provinciale nella quale c’è un utilizzo significativo dei voucher lavoro: risulta essere la prima provincia nel Veneto. Direi che il nostro osservatorio è “limitato” a pochi casi di lavoratori che si rivolgono a noi per avere chiarimenti normativi. Ci capita spesso, invece, di aiutare le persone fisiche ad attivare e gestire voucher lavoro relativi a lavori domestici occasionali».

La Cgil chiede che i voucher vengano aboliti del tutto. Lei cosa ne pensa al riguardo?

«La Cgil con la sua posizione sottolinea l’importanza dell’attenzione ai diritti dei lavoratori. Ma, al tempo stesso, sarebbe utile monitorare quanto lavoro nero è stato fatto emergere e “recuperato” con l’introduzione di voucher. E con essi è stato dato anche un segnale di trasparenza, rispetto a certi rapporti di lavoro, certo a condizione che si tratti davvero di lavoro accessorio».

Per evitare abusi, quali correttivi o limitazioni potrebbero essere introdotti?

«Per i voucher vanno mantenuti dei tetti economici massimi. E vanno monitorati in particolare i rapporti tra persone giuridiche e le persone fisiche di cui si avvalgono utilizzando i voucher, perché è in questi rapporti che è più facile che venga meno il requisito dell’occasionalità».

Riguardo agli ambiti, secondo lei quali sono i più indicati per l’utilizzo dei voucher?

«Occorre considerare che i voucher sono nati per l’ambito agricolo, ma con tante restrizioni che ne hanno limitato l’accesso, anche tenendo conto che la realtà dell’agricoltura del Veneto non ha le stesse caratteristiche di altre aree dell’Italia. Ci è capitato di incontrare aziende che operavano in ambito agricolo che non potevano utilizzare questo strumento per carenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla normativa.

Un ambito importante nel quale può essere utile lo strumento dei voucher è quello assistenziale. Se utilizzato in maniera intelligente può essere efficace per far fronte alle necessità e bisogni occasionali delle famiglie, nei rapporti tra persone fisiche, cioè che non siano aziende o datori di lavoro, in senso classico. Credo che in questo ambito valga la pena di investire: i voucher possono essere efficaci strumenti di welfare, poiché sono semplici e non rischiano di appesantire situazioni già impegnative per le famiglie.

Mentre nel commercio, nel turismo e altri ambiti, come accadeva anche per i “contratti a chiamata”, c’è un rischio maggiore di abusi».

Resta il dato di un’impennata dell’uso dei voucher…

«Sono del parere che i voucher comunque non vadano demonizzati. Se guardiamo al panorama europeo, i voucher vengono utilizzati normalmente, anche per valori nominali diversi rispetto al valore unico di 10 euro (di cui 7,50 euro netti al lavoratore) che è stato loro attribuito da noi.

Certo occorre anche rendere consapevole chi usufruisce dei voucher, sia il lavoratore che chi richiede le sue prestazioni, dei limiti di questa formula. Spesso non c’è la consapevolezza o a volte c’è anche buona fede riguardo al loro utilizzo. Per evitare ciò, come associazioni e sindacati siamo chiamati a svolgere un ruolo culturale di accompagnamento nell’utilizzo di questo strumento, evitando così che esso diventi una limitazione dei diritti dei lavoratori».

Franco Pozzebon

 

VOUCHER: DA CAMBIARE O DA ABOLIRE?

La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili due dei tre referendum presentati dalla Cgil: quello che punta all’abrogazione delle disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti, e quello che chiede l’abolizione dei voucher.

Sui voucher è in corso da tempo un dibattito, sia nel mondo politico che nel mondo del lavoro, destinato ora a farsi più vivace ancora, con tanti che chiedono, se non l’abolizione, correttivi e norme più severe. E il Governo, dopo le modifiche di ottobre, si è già detto disponibile ad ulteriori cambiamenti.

In particolare viene chiesto che i voucher non consentano di mascherare situazioni di “lavoro nero” o di togliere possibilità di assunzioni a tempo pieno.

L’analisi dei dati evidenzia come le prestazioni lavorative pagate con i voucher rappresentino una porzione marginale nel mercato del lavoro: gli 88 milioni di buoni riscossi nel 2015 corrispondono in un anno a circa 47 mila posizioni lavorative a tempo pieno, vale a dire lo 0,2% dei 22 milioni di italiani che lavorano regolarmente.

Inoltre, viene fatto notare che nel 2015 l’importo medio annuo dei compensi dei lavoratori pagati con i voucher si aggirava sui 500 euro (pari a 60-70 voucher): importi limitati, insomma, che non possono essere considerati stipendi per lavori veri e propri.

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