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Don Oreste Nespolo: il ricordo del vescovo

Il testo integrale dell'omelia del vescovo Corrado Pizziolo alle esequie di don Oreste.

Don Oreste Nespolo: il ricordo del vescovo

Io sono la vite, voi i tralci. Riascoltiamo in questo mercoledì della V settimana di Pasqua il Vangelo che abbiamo già ascoltato domenica scorsa. Un brano fra i più belli e ricchi del quarto vangelo: Io sono la vite voi i tralci.

Già con l'immagine del pastore che abbiamo ascoltato due domeniche fa Gesù indicava che tra lui e noi c'è un rapporto profondissimo. Ma l'immagine della vite e dei tralci risulta ancora più illuminante per dire il rapporto di Gesù, risorto e vivo, con noi. Se, infatti, il pastore conduce con la sua voce e la sua guida, la vite sostiene, addirittura trasmette l'esistenza, comunicando ai tralci la sua stessa vita. Se ci pensiamo, si tratta di una immagine fortissima che indica un rapporto di comunione vitale tra Gesù e noi: una comunione per la vita. Una comunione che ci fa vivere.

Proprio per questo Gesù insiste nel dirci: Rimanete in me. Fate in modo che io rimanga in voi. Che le mie parole rimangano nel vostro cuore.

Nel breve brano che abbiamo ascoltato Gesù ripete per ben sette volte questo invito. Questo deve farci davvero pensare. Significa che se non rimaniamo in lui e se lui, con la sua parola, con il suo corpo e il suo sangue, con il suo amore non rimane in noi, non possiamo fare nulla: Senza di me non potete far nulla.

Sono parole che mi venivano ripetutamente alla memoria pensando alla figura di don Oreste. Non l'ho conosciuto nella sua età giovanile e matura. L'ho conosciuto soltanto in questi ultimi sette anni, ma ciò che mi ha colpito è stata proprio la convinzione e l'esperienza di una unione profondissima, vitale con Gesù. Credo si possa dire senza timore di sbagliare che d. Oreste avuto vissuto pienamente la consapevolezza e la realtà di essere un tralcio unito alla vite vera che è Gesù. Credo si possa dire che egli si sia sempre impegnato a rimanere in Gesù e a lasciare che Gesù e la sua parola rimanessero in lui.

Nato a Mansuè nel 1927, fu ordinato sacerdote da mons. Zaffonato nel 1951. Svolse il ministero di cappellano a Sernaglia, Piavon, Gorgo al Monticano e Vazzola. Nel 1966 fu nominato parroco a S. Maria del Piave e nel 1973 parroco a S. Lucia, dove rivestì questo ufficio per quasi trent’anni. Dal 2002, dopo la sua rinuncia, svolse puntualmente e diligentemente il servizio apprezzato di vicario parrocchiale a S. Rocco a Conegliano, fino a che le situazioni di salute glielo permisero. Trascorse gli ultimi anni ospite della Casa di riposo di questa parrocchia, i cui responsabili e operatori ringrazio vivamente per la cura con cui l’anno assistito.

Chiedevo in questi giorni a diversi sacerdoti: “Avete conosciuto bene d. Oreste?”.

Sia da quanti l'avevano conosciuto più da vicino, sia da quanti lo avevano conosciuto più superficialmente, mi veniva riferita l'immagine di un prete veramente uomo di Dio e insieme vero pastore; un prete profondamente legato al suo Signore e, insieme (o, meglio, proprio per questo) totalmente dedito al suo ministero pastorale; un prete caratterizzato da una dedizione spiritualmente molto devota e insieme molto pratica.

Mi veniva da pensare all'altra frase di questo brano: Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto. E questi frutti sono frutti di carità; di dedizione evangelica. Per un prete sono frutti di un ministero pastorale totalmente riempito da quella virtù che viene definita la carità pastorale. Quella carità che ha Dio come sorgente e alimento e ha nella dedizione senza risparmio e pienamente gratuita il suo frutto più vero.

E mi venivano ancora in mente due tra gli affetti spirituali a cui d. Oreste era più attaccato: il sacramento della confessione, che continuò ad esercitare lungamente anche a Conegliano, dopo il suo ritiro da parroco di Santa Lucia, e la sua devozione al sacramento dell’eucaristia. Possiamo dire che si tratta di due sacramenti nei quali noi realizziamo quell'unità profonda con Cristo di cui parla il Vangelo della vite e dei tralci. Nell'eucaristia noi realizziamo e approfondiamo sempre più quel rimanere in lui e quel lasciare che lui rimanga in noi di cui parla Gesù. Nella confessione abbiamo il dono di ricucire gli strappi e di ritessere l'unità e la comunione con Gesù e con il Padre, logorate o lacerate dal peccato, cioè da quei comportamenti che ci allontanano dal signore Gesù e del suo amore.

Tutti voi avete potuto conoscere questi due affetti spirituali di don Oreste. Mi pare giusto ricordare che non si tratta di hobby spirituali, ma del cuore stesso del ministero pastorale di un prete. Ogni prete infatti, sia per la sua vita personale sia riguardo suo ministero ha in quei due sacramenti - eucaristia e confessione - due momenti assolutamente fondamentali del suo servizio pastorale.

Certamente di don Oreste si potrebbero ricordare tante altre cose: l'amore alla preghiera, la vicinanza paterna e fraterna alle persone, specialmente ai bisognosi e ai sofferenti, l'intelligenza e il coraggio di vedere e attuare scelte pratiche importanti, penso ad esempio alle due case di riposo che – sotto la sua guida - la parrocchia di Santa Lucia realizzò, ma, penso anche all'intelligenza di fidarsi delle persone. Mi viene in mente in modo particolare, in questo momento, al signor Maurilio Canzian di cui abbiamo celebrato le esequie proprio poche settimane fa nella chiesa di Mareno, presente d. Oreste. Pensando al legame fortissimo che lo legava il signor Maurilio mi è venuto in mente di chiedermi: e d. Oreste quanto resisterà? Lo ha seguito a pochi giorni di distanza. Quasi un ricongiungimento di un'amicizia profonda e di una collaborazione che ha dato alla parrocchia di Santa Lucia frutti davvero buoni.

Ringraziamo il Signore per i frutti abbondanti che don Oreste - tralcio profondamente unito alla vera vite che è Gesù - ha saputo portare a beneficio di tante persone.

Vorrei aggiungere l'ultimo pensiero che mi è suggerito da quella frase in cui Gesù dice Ogni tralcio che porta frutto il Padre mio, lo pota perché porti più frutto. E davvero il tralcio fruttuoso che è stato d. Oreste ha subito, specialmente in questi ultimi anni, la potatura legata all'età anziana e alla malattia che progressivamente l’ha debilitato portandolo alla morte. Egli in realtà ha vissute queste prove proprio come una potatura. Anche nei momenti di ricovero ospedaliero o di sofferenza più acuta non l’ho mai sentito lamentarsi, ma sempre affidarsi con serenità e speranza alla volontà del Signore.

Noi crediamo e preghiamo che le potature subite e affrontate con fede da don Oreste lo abbiano purificato dalle debolezze legate alla nostra umana condizione e possano farlo entrare libero e gioioso nel Paradiso promessogli dal suo Signore.

Affidiamolo, con speranza e carità, alla misericordia di Dio chiedendo che gli sia riservato il premio promesso ai servitori fedeli.

+ Corrado Pizziolo

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