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Berlusconi assolto, reazioni sconvenienti

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret

Berlusconi assolto, reazioni sconvenienti

E' come un riflesso condizionato, un movimento istintivo: di fronte alla sentenza del tribunale di Milano che ha assolto Berlusconi capovolgendo la sentenza di primo grado, c’è l’immediata esultanza dei suoi fedeli di partito e l’amarezza dei suoi oppositori. I primi: finalmente giustizia è stata fatta e a Berlusconi è stato ridato tutto il suo onore insozzato da lunghi anni di infami menzogne. I secondi: la sentenza è una vergogna perché rilancia un personaggio che doveva finire i suoi giorni in prigione per tutto il male che ha fatto al Paese. Forse è possibile mantenere un atteggiamento più ragionevole e più umano. Le reazioni viscerali sono sempre dannose alla convivenza civile.

E' irragionevole e anche inumano reagire alla sentenza di assoluzione di Berlusconi come fosse una sconfitta cocente che compromette il futuro del Paese. Si può criticare la sentenza opponendo alle ragioni dei giudici altre ragioni, ma esibirsi in manifestazioni di rabbia e di dolore perché quell’uomo non è stato schiacciato da una sentenza che lo seppelliva una volta per sempre nel fondo di una prigione, è un atteggiamento indegno. Godere della sofferenza e delle umiliazioni altrui è sempre un sentimento ignobile. In questi giorni si sono sentite troppe reazioni di questo tipo. Non è ipocrisia riuscire a dire di fronte a questa sentenza: non mi convince per niente, ma meglio per lui che ha potuto evitare anni di prigione, purché non ne approfitti per manovre indebite. Ma quanti dei suoi avversari riescono a farlo? C'è è poi la reazione dei suoi sostenitori che esultano come se la sentenza avesse reso immacolato il profilo del personaggio Berlusconi, dimostrando che tutte le accuse di questi anni sono state una infamia. Eh no. Egli innanzitutto resta un pregiudicato che sta scontando una pena per un reato di non poco conto. E poi restano alcuni fatti che mantengono al personaggio il profilo negativo dal punto di vista morale, anche se i magistrati hanno ritenuto non sanzionabili penalmente. Oltre la legge c’è la morale.

Si possono distinguere i due piani della moralità e del diritto, ma non si possono separare del tutto. Non si può eliminare il giudizio morale attraverso la sentenza giudiziale. Non è che il comportamento di una persona diventi raccomandabile per il solo fatto che non sia mandata in prigione. Questo vale soprattutto per chi ricopre cariche pubbliche il cui comportamento, volere o no, incide molto sulla condotta dei cittadini e sulla salvaguardia dei valori che stanno alla base della vita comune. La nostra Costituzione afferma all’articolo 54: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. La sentenza ha riguardato due fatti precisi: una presunta concussione e una presunta corruzione di minorenne. Le sette telefonate notturne di Berlusconi da Parigi al funzionario di polizia di Milano perché Ruby, arrestata per furto, venisse consegnata alla Minetti e non ad una comunità per minorenni, non sono state giudicate un atto di concussione.

La concussione è un reato commesso da un pubblico ufficiale che usa del suo potere per costringere qualcuno a offrirgli vantaggi non dovuti. Quella notte, secondo i giudici, non c’è stata vera costrizione, non ci sono state minacce, ma che il presidente del Consiglio intervenga con insistenza e usando la bugia della parentela con Mubarak per evitare che la ragazza fosse indirizzata, come era giusto, in una comunità, è un comportamento che non è secondo la disciplina e la dignità raccomandate dalla Costituzione. Tanto più che quella ragazza, oggetto di tanta cura, è quella stessa che non è stata oggetto di corruzione da parte di Berlusconi perché, secondo i giudici, nei rapporti sessuali lui ignorava che fosse minorenne. E qui abbiamo l’altro aspetto della vita dell’ex premier: i suoi comportamenti con le donne e le singolari abitudini notturne. Affari privati che non c’entrano con la funzione pubblica? Questa è la giustificazione spesso portata, ma comportamenti del genere, anche se non hanno rilevanza penale, non possono tuttavia non suscitare una reazione di sconvenienza. La qualità morale di una persona non ammette queste comode separazioni. Un leader politico deve rispondere in pubblico dei suoi comportamenti privati. Nemmeno si può sostenere che in ogni parte del mondo con i grandi del potere succedono queste cose. In realtà nei paesi più civili quando questi comportamenti vengono alla luce – e nel nostro caso erano addirittura sbandierati – hanno sempre conseguenze anche politiche.

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