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DISASTRO E SOLIDARIETÀ

L'editoriale di questa settimana. 

DISASTRO E SOLIDARIETÀ

Una “scena apocalittica”. Questa la definizione usata dal capo nazionale della Protezione civile, Angelo Borrelli, dopo aver sorvolato in elicottero la montagna bellunese devastata lo scorso 29 ottobre da piogge torrenziali e molto copiose e da un vento fortissimo. Una “scena apocalittica” (definizione ripresa poi da tante altre autorità che hanno visitato il Bellunese, a partire dal ministro Salvini e dal governatore veneto Zaia) costituita da 3 morti a Feltre, a Falcade e a Selva di Cadore, da quasi 100 mila ettari di bosco andati distrutti (e che ora sono da mettere in sicurezza), da molti smottamenti e da molte frane (anche importanti), da almeno 100 km di strade ammalorate o addirittura scomparse, da 160 mila utenze rimaste senza elettricità (e molte migliaia per giorni e giorni), da numerose comunità rimaste isolate, da centinaia di persone che hanno dovuto lasciare la loro casa per uno o più giorni, dalla perdita di tanti acquedotti (ora sostituiti da autocisterne e potabilizzatori), dall’interruzione spesso di tutte le comunicazioni (strade, telefono fisso e mobile, internet), da tanti danni alle abitazioni (molte delle quali scoperchiate dal vento o invase da acqua e fango) e alle proprietà dei cittadini.

Un vero disastro, vissuto spesso dalle sue vittime al freddo, al buio e anche nell’impossibilità di sapere quello che era veramente successo. Ma una devastazione che ha smosso anche tanta solidarietà e che ha messo in evidenza da parte di tanti operatori istituzionali, ma pure di moltissimi volontari (del posto, ma anche giunti da lontano) un’attenzione, una disponibilità, una generosità che vanno certamente sottolineate e prese ad esempio. 

Tante testimonianze di una grande capacità di mobilitarsi, di rimboccarsi le maniche e di prestare aiuto in modo gratuito e disinteressato. Testimonianze di cui essere grati e fieri, che si sono affiancate alla capacità di tante vittime del disastro di non piangersi addosso, di non rimanere fermi in attesa di un aiuto dall’estero (atteggiamento che ha molto colpito le varie autorità che hanno visitato il territorio), ma di cominciare subito a lavorare, a tagliare gli alberi per riaprire le strade, a riparare i tetti, a ripulire le case e i paesi.

Una capacità di mobilitarsi in prima persona e di attivarsi per risolvere i problemi che però non significa che non ci sia bisogno di un aiuto esterno, di un intervento delle Istituzioni, di un adeguato stanziamento di risorse per sanare le ferite alle quali, evidentemente, il singolo cittadino non può provvedere. Soldi necessari subito, perché la vita in montagna continua a scorrere e non può spettare (tanto più che ormai è imminente l’arrivo dell’inverno). Soldi, ma anche una nuova progettualità per la montagna, per garantirle l’indispensabile sicurezza e la possibilità di uno sviluppo sostenibile. E di sicuro serve una progettualità a largo raggio. Progettualità a livello istituzionale, per ridare alla montagna enti che la possano effettivamente governare secondo le sue necessità (a partire dal rafforzamento della Provincia). Progettualità a livello economico e sociale, per dare vita a un modello montagna che valorizzi le sue peculiarità e limiti le sue difficoltà. Progettualità, per fare un altro esempio, anche per una migliore e più sicura dotazione di servizi. È il caso delle linee elettriche e dell’opportunità (sempre più invocata, ma molto spesso ignorata) di interrarle e di metterle così al riparo dai danni provocati da vento, neve e fuoco. Naturalmente si tratta di una soluzione più costosa, ma il ministro Salvini a Belluno ha dichiarato che non sarà certo una questione di soldi a impedire di realizzare ciò che serve alla montagna e a evitarne lo spopolamento. Speriamo che sia proprio così, senza però limitarsi ad attendere ciò che verrà, ma chiedendo e richiedendo con forza e costanza ciò di cui si ha bisogno, perché si tratta di vera necessità.

Carlo Arrigoni

L’Amico del Popolo - Belluno

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