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Elezioni europee alterate

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret

Elezioni europee alterate

Si ha l’impressione che le prossime elezioni europee servano a tutto fuorché a ciò per cui sono destinate. Il loro scopo è quello di eleggere un nuovo parlamento europeo e un parlamento ha lo scopo di formulare le leggi che regolano la vita dei cittadini che esso rappresenta. Nel nostro caso dei cittadini europei, appartenenti alle varie nazioni che formano l’Unione europea. Ma esiste un popolo europeo che vuole vivere insieme con leggi comuni? Esiste la consapevolezza che solo unendoci possiamo ottenere quei beni che le singole nazioni dell’Europa non sono in grado di raggiungere? È questo il presupposto per parlare di Europa unita. Votare per l’Europa ha senso solo se c’è la volontà di dare una forma comune di vita a questo insieme di nazioni che sono sempre andate per la propria strada precipitando spesso in immani tragedie. Una volontà c’è, altrimenti non avremmo fatto questo cammino che dura da sessanta anni, ma è ancora debole e spesso è sopraffatta da interessi particolaristici. Un segno della debolezza di questa volontà è appunto l’uso delle elezioni parlamentari europee per obiettivi diversi da quello di avere un parlamento ben rappresentativo ed efficiente. Scrivono i vescovi europei nell’appello lanciato in vista delle prossime elezioni: «I singoli cittadini, le comunità e perfino gli Stati nazionali devono essere capaci di mettere da parte l’interesse particolare alla ricerca del bene comune ».

La prima strumentalizzazione è operata dai nostri partiti in lizza. 

Si ha la netta sensazione che lottino non tanto per avere una buona forza per agire in ambito europeo, ma per imporsi sugli altri in ambito nazionale. Una mascherata votazione nazionale. Questo è soprattutto chiaro per i partiti che si contendono più direttamente il potere in Italia. Il partito di Renzi cerca con queste elezioni una legittimazione del governo che non è passato per il vaglio delle elezioni, ma che è stato designato perché sembrava che non ci fosse altra possibilità per far fronte alla crisi. Il partito antagonista di Grillo va proclamando apertamente che se ottiene la maggioranza alle elezioni europee si sentirà legittimato nel suo progetto di sbaraccamento radicale di tutto il sistema politico italiano. Il partito di Berlusconi mira a riabilitare il suo leader ingiustamente condannato e rimetterlo alla guida del paese. n sottoprodotto di questo uso strumentale da parte dei partiti è che le elezioni del parlamento servano spesso per liberarsi di alcuni individui che non hanno più molte possibilità di affermarsi nel Paese, ma che nemmeno si vuole estromettere totalmente dalla scena politica perché potrebbero creare qualche difficoltà. E allora ecco l’uscita laterale del parlamento europeo.

Là non possono disturbare molto. Qualcuno è anche stato messo in lista per una sistemazione onorevole (soprattutto dal punto di vista economico) per presunti meriti che non hanno niente a che vedere con la capacità di dare un contributo alla causa europea.

Non vogliamo dire che tutti i candidati siano di questa specie, ma osservando attentamente le liste si ha l’impressione che qualcuno si trova iscritto proprio perché non si sa come sistemarlo. Questo è un indecente disprezzo delle istituzioni europee.

Si sono poi i cittadini che di fronte alle oggettive difficoltà del cammino di unificazione, aggravate dalla crisi economica, pensano che sia meglio ritornare alla nostra piccola Italia e alla nostra liretta. Diventano così diffusori di scetticismo dichiarando la loro volontà di non partecipare al voto oppure di andare ad ingrossare i partiti che combattono l’Europa giudicandola come causa di tutti i nostri malanni. Che il cammino d’Europa abbia imboccato strade spesso lontane dalle idealità dei padri fondatori è un giudizio che condividiamo. È venuta meno la solidarietà tra gli stati che era il punto di partenza del cammino e hanno prevalso spesso interessi nazionalistici dei più forti (leggi Germania).

La rigidità sugli aspetti finanziari è stata pagata dalle nazioni più deboli e ha fatto soffrire le fasce più povere di esse. Amartya Sen, il grande economista indiano, ha dichiarato: «I ricchi si interessano tanto del Pil – il prodotto interno lordo, una ossessione delle politiche europee – perché la crescita economica misurata con questo indicatore concentra su di loro i massimi benefici».

La stabilità dei conti pubblici è spesso imposta da certe forze finanziarie per muoversi con più sicurezza e tranquillità in vista dei propri affari. Sono deficienze reali ma provocate, non da un eccesso di integrazione, bensì da una mancanza di coraggio di procedere sulla via dell’unità. Alle prossime elezioni scegliamo quelle persone che, da una parte, dimostrano di avere idee chiare sui limiti delle politiche seguite in questi anni, ma che, dall’altra, sono convinte che si può costruire un’Europa che assicuri a tutti i suoi popoli quei beni che da soli non possono più perseguire.

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