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GIORNALISMO: QUALE FUTURO?

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

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GIORNALISMO: QUALE FUTURO?

Da qualche tempo corre voce che il gruppo editoriale Gedi – proprietario di numerose testate, tra le quali anche Repubblica – sia intenzionato a mettere sul mercato alcuni dei suoi quotidiani, e precisamente quattro del Veneto e due del Friuli-Venezia Giulia. La notizia, che ormai circola dallo scorso mese di febbraio, ha creato forti preoccupazioni tra i giornalisti e i collaboratori delle testate coinvolte che hanno espresso le loro perplessità anche allertando l’Ordine dei giornalisti e la Regione Veneto.

Quali possono essere le ragioni di questa probabile operazione di vendita? Non è difficile immaginare che ci siano soprattutto ragioni di carattere economico, legate alla crisi che permea il mercato della carta stampata. Solo per fare un esempio, i dati relativi al periodo che va da gennaio 2022 a gennaio 2023 mostrano un calo complessivo di circa il 10 per cento delle vendite dei quotidiani nelle edicole (pur con qualche testata che fa eccezione). Sempre per stare nell’ambito delle ricerche di mercato, lo scorso dicembre, il Censis ha pubblicato un rapporto sui media italiani nel tempo della pandemia, dal titolo inequivocabile: “I media della crisi”.

Anche il Censis evidenzia come, tra i diversi mezzi di comunicazione, la carta stampata sia quella maggiormente penalizzata. Per quanto riguarda i quotidiani cartacei venduti in edicola, si evince che nel 2007 erano letti dal 67 per cento degli italiani, mentre nel 2022 i lettori si sono ridotti al 25 per cento: in quindici anni una riduzione complessiva superiore al 40 per cento! Lo stesso fenomeno, seppure in misura minore, si registra per i lettori dei settimanali e dei mensili cartacei. Nello stesso arco temporale (2007-2022), gli utenti dei quotidiani online sono aumentati ma non in un numero sufficiente da compensare la perdita dei lettori del giornale cartaceo. Con evidenti conseguenze negative sul bilancio.

Come mai per la carta stampata questa crisi così forte? I motivi sono molteplici. Il primo – e forse il più ovvio – è l’uso dello smartphone che consente ai lettori (soprattutto ai più giovani) di informarsi tramite i contenuti on line, disponibili gratuitamente sul web e sui social. Se le informazioni sono accessibili “qui e subito”, con un semplice click, perché acquistare un giornale cartaceo? Si potrebbe obiettare che “gratis” non fa rima con “attendibile”, eppure un numero non piccolo di utenti sembra fidarsi di più di quanto leggono “a spizzichi e bocconi” qua e là sul web, piuttosto che delle notizie di un giornale a pagamento.

Quello della fiducia, in realtà, si pone come una questione decisiva per il mondo dell’informazione. Altre recenti indagini, infatti, rivelano un complessivo calo della fiducia nei confronti dei canali tradizionali di informazione, ritenuti in qualche modo condizionati da “poteri forti”.

L’informazione, in Italia, è davvero libera? Qualche dubbio è lecito porselo. Sia a livello nazionale sia a livello locale, stampa, televisione e radio sono appannaggio – anche se non in modo esclusivo – di un ristretto numero di realtà. C’è da salutare quasi con un sospiro di sollievo il fatto che ci sia ancora una significativa presenza dell’informazione di matrice cattolica, perché porta un contributo importante al pluralismo e alla libertà di pensiero nel panorama italiano dell’informazione. Peccato che su di essa gravi ancora qualche pregiudizio “in entrata” sia da parte del mondo laico (o laicista) sia – ahimè – da una certa parte del mondo ecclesiale (che “dovrebbe” sostenerla)!

Ad un recente convegno degli Uffici diocesani delle comunicazioni sociali, è stato detto che una percentuale piccola ma in costante crescita di popolazione “si scollega” da web e giornali perché ritiene che veicolino contenuti troppo difficili e troppo litigiosi che generano nel lettore un senso di impotenza. Da qui un duplice suggerimento: fornire notizie complete ma anche semplici; segnalare le criticità ma suggerire anche possibili azioni da attuare.

È quello che il cosiddetto “solution journalism” sta cercando di perseguire: una volta denunciati i problemi, non si deve lasciare il lettore nel vicolo cieco dall’impotenza, ma proporgli soluzioni e quindi senso di speranza. Tornando a bomba, i giornali potranno affrontare la crisi dell’informazione su carta attrezzandosi sempre di più nel digitale. Ma non solo. È il giornalismo, nel suo insieme, che deve cambiare, mutando approccio, proponendo soluzioni e non solo problemi. E in questa prospettiva credo che l’informazione di matrice cattolica abbia ancora diverse chance da giocare, a beneficio di tutti.

Alessio Magoga

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