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Il Papa in Colombia: fare il primo passo verso la riconciliazione... e anche il secondo!

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

Il Papa in Colombia: fare il primo passo verso la riconciliazione... e anche il secondo!

Un viaggio che lascerà un segno nella storia: così è stato definito da molti osservatori sia esterni sia interni il viaggio di papa Francesco in Colombia. Certo, lascerà un segno nella storia di questo martoriato Paese e presumibilmente nella storia dell’intera America Latina. Se ne sono accorti quanti hanno seguito con attenzione i suoi discorsi… ma anche i più distratti, semplicemente vedendo alla televisione l’enorme afflusso di persone agli appuntamenti previsti dal serrato programma papale nelle giornate colombiane dal 6 all’11 settembre. Fare il primo passo è stato il motto del viaggio che in realtà riecheggia l’invito pressante a «prendere l’iniziativa » – in spagnolo primerear – così insistito nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Ma che cosa significa fare il primo passo? Nel contesto di un Paese come la Colombia, profondamente ferito da 54 anni di guerriglia, muovere il primo passo significa «andare incontro agli altri con Gesù Cristo» che chiede sempre di fare il primo passo deciso e sicuro verso i fratelli, rinunciando alla pretesa di essere perdonati senza perdonare e di essere amati senza amare. Fare il primo passo vuol dire impegnarsi per la riconciliazione e «aprire una porta a tutte e a ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto». Vuol dire rischiare la prima mossa e il primo gesto di perdono, perché «bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione senza aspettare che lo facciano altri».

Nella consapevolezza che «basta una persona buona perché ci sia speranza e ognuno di noi può essere questa persona». In più occasioni è salito alto l’accorato appello del Papa perché tutti aprano il proprio cuore e si lascino riconciliare senza temere la verità e la giustizia: «Cari colombiani: non abbiate paura di chiedere e offrire perdono. Non fate resistenza alla riconciliazione che vi fa avvicinare, ritrovare come fratelli e superare le inimicizie». Ma il Papa è andato oltre e ha detto che non ci si deve fermare al primo passo ma che si deve continuare a camminare insieme ogni giorno per andare incontro all’altro, nella ricerca dell’armonia e della fraternità: «Non possiamo fermarci» perché dopo il primo passo ne devono seguire degli altri. «A me piacerebbe almeno che il motto fosse – ha detto ai giornalisti durante il viaggio di ritorno – “Facciamo il secondo passo”». Bisogna andare avanti perché fare il primo passo può essere facile, mentre la sfida è portare avanti il cammino passo dopo passo, con costanza e perseveranza, sino alla meta. E questo la Colombia lo sa bene: soprattutto ora che sta per attraversare una delicata fase in cui è chiamata a scegliere se consolidare il cammino di pace faticosamente avviato oppure rimettere tutto in discussione. Parole profetiche, dunque, quelle pronunciate da papa Francesco nelle giornate colombiane. E simbolico è stato l’episodio della sua caduta all’interno della papamobile: come a dire che facendo il primo passo ci si può anche far male ma ciò non deve impedire di continuare il cammino verso la riconciliazione. Non si tratta di un percorso dall’esito scontato: «Non immaginavo che fosse più facile iniziare una guerra che concluderla » ha detto il Papa, citando il premio nobel Gabriel García Màrquez. Troveranno ascolto queste parole in un mondo che a tutte le latitudini sembra privilegiare la violenza, il rancore e il disprezzo dell’altro? Penso al continente americano, alle atroci guerre che insanguinano l’Africa e il Medio Oriente, alle tensioni tra le due Coree, ma anche ai toni aspri della politica italiana… Certo, non ci si può illudere ma il Papa – alla luce del Vangelo – ci chiede da che parte vogliamo stare. Dalla parte del cinismo oppure da quella di chi prova a fare il primo passo, dando credito alla speranza in un mondo migliore? Se si desidera un futuro – per sé e per i giovani – non c’è alternativa alla logica del perdono, cominciando a svelenire i rapporti tra noi e a perdonarci a vicenda.

Don Alessio Magoga

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