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“LA VITA È COME CE LA FACCIAMO NOI”

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

“LA VITA È COME CE LA FACCIAMO NOI”

"Ragazzi e ragazze, l’amore non è morto, ci chiama e ci invia”. Sono queste le parole con cui papa Francesco, a conclusione del suo discorso, si è rivolto ai giovani riuniti per l’incontro ecumenico nella chiesa luterana di Tallinn in Estonia, tenutosi il 25 settembre scorso. “La vita cristiana è vita – ha ribadito con forza –, è futuro, è speranza! Non è un museo. Il Signore ci sorprende perché la vita ci sorprende sempre. Andiamo avanti, incontro a queste sorprese”. Colpisce il fatto che sia proprio un ultraottantenne – in un momento non certo facile né per la Chiesa né per il mondo – ad avere questa lucida visione, così aperta e così fiduciosa verso il futuro. Certo, è il Papa che parla, quindi un uomo di fede. La sua, in ogni caso, è un’impostazione di vita, che si trova agli antipodi di quella che al contrario guarda con sospetto e con paura il domani. Insistentemente, ad ogni passo, papa Francesco sta invitandoci tutti – giovani e non – a guardare con speranza il futuro: quello della Chiesa, certo, ma anche quello del mondo, della storia, dell’umanità... E continua ad esortare in modo particolare proprio i giovani – direi in maniera pressante – ad accogliere questo sguardo sulle cose e sulla vita. Senza nascondere le fatiche, le difficoltà e gli scandali che scuotono in modo drammatico la barca di Pietro, il Papa invita tutti a custodire e rafforzare questa visione lungimirante e fiduciosa nei confronti del mondo e della vita.

Pur con tutti i “distinguo” che possiamo obiettare, è profondamente vera la frase di una suora nostrana, secondo la quale “la vita è come ce la facciamo noi”. Vale a dire, quanto più guardi il mondo come ad un campo di battaglia di cui aver paura, tanto più esso si rivelerà popolato di nemici da cui difendersi. Grazie al cielo, vale anche il contrario: quanto più sai cogliere il positivo e consideri la terra come un luogo degno di vita e di incontri favorevoli, tanto più fioriranno le occasioni propizie. Si tratta di due visioni della realtà e di due impostazioni di vita diverse, appunto, agli antipodi l’una dall’altra. E paradossalmente sta proprio a noi la scelta: un po’ come l’atto di fede. Il Papa non ha dubbi su quale scelta operare e nella messa al Santuario della Madre di Dio in Lettonia, il 24 settembre ha detto: “In tempi nei quali sembrano ritornare mentalità che ci invitano a diffidare degli altri, che con statistiche ci vogliono dimostrare che staremmo meglio, avremmo più prosperità, ci sarebbe più sicurezza se fossimo soli, Maria e i discepoli di queste terre ci invitano ad accogliere, a scommettere di nuovo sul fratello, sulla fraternità universale”. Si tratta, sì, di una scommessa, molto simile a quella di Pascal sull’esistenza di Dio. E, come in quel caso, a favore della scommessa e del rischio che il Papa ci chiede di correre, c’è una prospettiva allettante: la costruzione di una società più fraterna. In verità – come il nostro giornale spesso ha opportunità di raccontare – non mancano le belle testimonianze di giovani che si donano al prossimo: penso a quanti fanno esperienza in missione, agli animatori parrocchiali o dell’AC, ai capi Scout, a quanti si impegnano in varie forme di volontariato... Non sono solo una speranza futura, ma sono già una realtà. Forse sono solo una minoranza, ma ci sono e la loro testimonianza rende più bella questa nostra terra. Si apre il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato dalla Chiesa alla sensibilizzazione missionaria, mentre dal 3 al 28 si terrà a Roma il sinodo dei vescovi: entrambi gli eventi sono accomunati dalla volontà di mettere al centro dell’attenzione il mondo giovanile. Sono certamente due occasioni preziose per la Chiesa per innescare un dialogo efficace con i giovani. Ma sono due occasioni preziose anche per i giovani e per la società tutta, perché impariamo di nuovo a guardare con fiducia il futuro e a credere che “l’amore non è morto, ma ci chiama e ci invia”.

Alessio Magoga

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